Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
Dalla protesta al terrorismo: un percorso che conosciamo bene Commento di Ben Cohen
Testata: Informazione Corretta Data: 09 giugno 2025 Pagina: 1 Autore: Ben Cohen Titolo: «Dalla protesta al terrorismo: un percorso che conosciamo bene»
L'attacco terroristico a Boulder, Colorado, è la dimostrazione che dalle proteste antisioniste al terrorismo il passo è breve. Dopo aver continuato ad aizzare l'opinione pubblica per un anno contro Israele e gli ebrei, il matto che spara o quello che lancia molotov si trova sempre. E non è mai un caso isolato.
Gli storici conosceranno sicuramente i passi biblici contenuti nell'Ecclesiaste, o “Kohelet” in ebraico, sui cicli ripetitivi del passato e del presente: “Ciò che è stato ci sarà di nuovo; ciò che è stato fatto sarà fatto di nuovo; non c'è niente di nuovo sotto il sole.” Questo passaggio è particolarmente significativo quando si parla di antisemitismo. Le diffamazioni di fondo – l'omicidio rituale, l’inganno ed il tradimento, il furto da parte dei coloni ai danni di una popolazione indigena – possono variare di generazione in generazione, ma il modo in cui vengono espresse rimane essenzialmente lo stesso. È improbabile che un singolo manifestante pro-Hamas sia a conoscenza delle rivolte antisemite “Hep Hep” avvenute in Germania 200 anni fa, in cui gli studenti avevano avuto un ruolo di primo piano. Ma quelle erano state scatenate dal rifiuto dell'emancipazione civile ebraica, proprio come le molestie contro gli studenti ebrei nei campus universitari di oggi sono scatenate dall'indignazione contro l'autodeterminazione nazionale ebraica. “Hep Hep” era il grido di battaglia allora; “Non vogliamo sionisti qui” è il grido di battaglia oggi. Forse la caratteristica più costante di tutte è la violenza. La violenza contro gli ebrei è il culmine che i messaggeri dell'antisemitismo, stanchi di litigi retorici e di richieste di “azione”, ricercano. Alcuni lo dicono apertamente. Ce ne sono molti altri, troppo codardi e disonesti per farlo, che giustificano peròla violenza come una risposta inevitabile e legittima ai presunti crimini dello Stato ebraico e della massa di ebrei della diaspora, che identificano con esso. La questione non è mai stata se il movimento pro-Hamas che ha deturpato il nostro Paese avrebbe fatto ricorso alla violenza, ma quando ... Solo negli ultimi due mesi, abbiamo assistito al tentato omicidio a colpi d'arma da fuoco del governatore della Pennsylvania Josh Shapiro e della sua famiglia, all'uccisione a sangue freddo di una giovane coppia ebraica che lavorava per l'ambasciata israeliana a Washington, DC, e al lancio incendiario contro i partecipanti alla manifestazione in sostegno degli ostaggi detenuti da Hamas a Boulder, in Colorado, tutte atrocità compiute in nome della “Palestina.” Poichè gli americani cercano di capire come e perché questo continui ad accadere, ma anche per dare una risposta più efficace, c’è questa storia relativamente recente che potrebbe essere una guida utile. Entra in scena Wilfried Bose.
Ripeto, la maggior parte delle persone, compresi coloro che si travestono da musulmani indossando la kefiah, non avrà idea di chi fosse Bose, ma lui è profondamente rilevante per ciò che sta accadendo oggi. Soprannominato in codice dai suoi compagni rivoluzionari “il Piccolo Ciccione”, Bose era nato in Germania poco dopo la sconfitta dei nazisti. Come molti europei della sua generazione, partecipò con entusiasmo alle proteste studentesche del 1968. Mentre le fantasie di presa del potere della Nuova Sinistra svanivano all'inizio degli anni '70, lui si unì ad altri radicali tedeschi nel movimento terroristico clandestino di sinistra. Bose seguì un corso di addestramento alla guerriglia in Yemen, non fornito dai ribelli Houthi di oggi, bensì dall'ormai defunta repubblica marxista dello Yemen del Sud. Nel 1976, guidò il dirottamento, orchestrato dal Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina, di un aereo Air France in volo da Tel Aviv a Parigi via Atene, dove i terroristi salirono a bordo. L'aereo finì infine all'aeroporto di Entebbe, in Uganda, all'epoca governato dal mostruoso dittatore Idi Amin Dada. Una volta arrivati, Bose e la sua squadra separarono i passeggeri israeliani dai non israeliani, in una scena che ricordò a molti di coloro che ne furono testimoni, il processo di “selezione” per i nuovi arrivati nei campi di concentramento nazisti di solo tre decenni prima. Se Israele non avesse eseguito il suo famoso “Raid su Entebbe”, liberando gli ostaggi dell'Air France, questi sarebbero stati probabilmente giustiziati dai loro rapitori, diretti dagli stessi gruppi terroristici palestinesi responsabili del massacro degli atleti israeliani alle Olimpiadi di Monaco del 1972. Alla fine, fu Bose a essere ucciso, insieme agli altri terroristi, dai liberatori israeliani. Quando guardo Elias Rodriguez, l'uomo armato di Washington, vedo lo spirito di Wilfried Bose. Come Bose, Rodriguez, stando ai suoi scritti diffusi, è dotato di un intelletto mediocre, diligente nello studiare e ripetere a pappagallo le dottrine del movimento pro-Hamas, ma totalmente incapace di metterle in discussione. Come Bose, Rodriguez non si sottrae alla violenza estrema e all'omicidio; anzi, il fatto che abbia ricaricato la pistola per sparare altri colpi alla ventiseienne Sarah Milgrim mentre si allontanava strisciando da lui, suggerisce che entrambe le cose lo divertano. Come Bose, anche Rodriguez ha un ego smisurato, e il suo omicidio lo ha trasformato in un eroe popolare in alcuni ambienti della sinistra. Quest'ultimo punto è in qualche modo ironico perché nella teoria sociale marxista il ruolo dell'individuo nel processo storico non ha molta importanza.
Il flusso e il riflusso della storia sono il prodotto della lotta di classe, il risultato di forze sociali in competizione impegnate in una battaglia dialettica. La vittoria o la sconfitta sono determinate dal tipo di formazione sociale che emerge da quello scontro, non dalle esperienze personali dei partecipanti. Ma nonostante il suo dichiarato radicalismo, l'estrema sinistra si identifica emotivamente con una visione aristocratica e romantica della storia, in cui un individuo dotato di sufficiente grinta e determinazione può accendere la proverbiale scintilla che cambierà il mondo. Aggiungete a questo alcuni valori morali profondamente distorti che vi permettono di celebrare l'omicidio di una coppia ventenne, e capirete perché Elias Rodriguez eserciti un tale fascino. (Chi non è in grado impugnare una pistola può sempre seguire l'esempio del suo compagno ideologico Mohamed Soliman, l'incendiario di Boulder, e usare invece un'arma artigianale).
Esiste una connessione evidente che incoraggia altri a seguire le orme di Rodriguez e Soliman. Include una fazione maoista all'interno dei Democratic Socialists of America – la casa di politici tra cui la deputata Rashida Tlaib (Democratica del Michigan) e il candidato sindaco di New York, Zohran Mamdani – e dell’ "Unity of Fields", un gruppo di attivisti violentemente antisionista. Quest'ultimo ha persino creato un sito web che rende omaggio a Rodriguez con una versione radical chic del suo ritratto accompagnata dalla scritta “Per Gaza da Elias.” “Ciò che affermiamo è più di un semplice riconoscimento che la violenza e l'oppressione inflitta dal movimento sionista (sic) daranno inevitabilmente origine a una contro-violenza, un'ovvietà indiscutibile,” dichiara. “Stiamo dicendo che tale contro-violenza è legittima. È giustizia.” Questi gruppi e fazioni abbracciano e promuovono il terrorismo. I loro tentacoli si estendono probabilmente ad altre organizzazioni che hanno molestato e provocato gli ebrei dopo il massacro eseguito da Hamas nel sud di Israele il 7 ottobre 2023, come Students for Justice in Palestine, Within Our Lifetime e il Palestinian Youth Movement.
Molti di questi attivisti hanno capito che la protesta ha i suoi limiti e che l'obiettivo che perseguono – la distruzione di Israele – non può essere raggiunto attraverso l'impegno politico. Come Bose, si nasconderanno, ispirandosi a vicenda con uccisioni e atrocità.
Non può esserci dialogo con questi gruppi né tentativi di comprensione. Anche se non possiamo impedire che gli schemi della storia si ripetano, possiamo comunque esercitare la nostra capacità di agire attraverso le decisioni che prendiamo quando situazioni del passato che conosciamo bene si ripercuotono sul presente. Ciò significa essere vigili nelle nostre comunità, riconoscere e agire sulla base della consapevolezza di avere il diritto all'autodifesa, fare pressione affinché vengano inflitte le pene più severe per i trasgressori, inclusa la pena di morte ove pertinente, e soprattutto fare pressione sulle autorità statali e federali affinché interrompano qualsiasi flusso di ossigeno che sostenga questi gruppi. Il movimento pro-Hamas, come Hamas stessa, ha dichiarato guerra agli ebrei fuori da Israele. Di tutti i fronti di questa guerra, questo è probabilmente l'anello più debole. Per ora, la maggior parte delle nostre battaglie continuerà a essere combattuta nell'ambito dei media. Allo stesso tempo, abbiamo imparato che ci sono cose molto più letali dei tweet su X o dei post su Instagram.
Il nostro sangue può anche scorrere, ma non possiamo lasciarli vincere.