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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Shalom Rassegna Stampa
08.06.2025 Prosegue la conquista di Gaza
Analisi di Ugo Volli

Testata: Shalom
Data: 08 giugno 2025
Pagina: 1
Autore: Ugo Volli
Titolo: «Prosegue la conquista di Gaza»

Riprendiamo da SHALOM del 08/06/2025, l'analisi di Ugo Volli dal titolo "Prosegue la conquista di Gaza".

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Ugo Volli

C'è una guerra a Gaza immaginaria e una reale. Nella guerra immaginaria, creata dalla propaganda palestinese e della sinistra occidentale, Israele sta conducendo un "genocidio" a Gaza. La guerra reale, però, è un conflitto su più fronti scatenato dall'Iran contro Israele. E finora Israele lo sta vincendo.

La guerra immaginaria e quella reale
Ci sono due guerre in corso in Medio Oriente, una reale e una virtuale o piuttosto propagandistica. La guerra reale è un’aggressione decisa dall’Iran, provocata da Hamas con la strage, gli stupri, i rapimenti e i missili del 7 ottobre 2023, si svolge su sette fronti, è una guerra difficile e dolorosa per tutti, per gli abitanti di Gaza e del Libano ma anche per Israele che venerdì ha perso di nuovo quattro ragazzi che facevano il servizio militare di riserva, uccisi da una casa imbottita di esplosivi. Nella guerra propagandistica un movimento reazionario, clericale, omofobo, antifemminista come Hamas è diventato la bandiera di tutti i progressisti, Israele fa la guerra solo per realizzare il genocidio di Gaza, dato che è “crudele” (così La Stampa) ma alla fine la Palestina sarà “libera dal fiume al mare” e i milioni di ebrei che vi abitano si dissolveranno, perché non potranno restare lì, né Hamas che è così buono si potrà macchiare della colpa di sterminarli.

Il numero dei morti
Della guerra propagandistica la parte del leone la fa il numero di morti a Gaza: “più di 50.000 morti, tra cui 15.000 bambini” secondo Elly Schlein (15 maggio); “quasi 54 mila persone fino al 21 maggio 2025, tra cui oltre 15 mila sono bambini, più di 8 mila donne, quasi 4 mila anziani e oltre 22 mila uomini” [il totale fa 49.000, non 54.000, o anche perché gli anziani saranno uomini o donne; ma l’aritmetica in queste cose è un opinione] secondo l’Ufficio delle Nazioni Unite per gli affari umanitari (OCHA); per Lancet a giugno del 2024 “il numero di morti a Gaza, contando anche le “morti indirette” [???], poteva aver raggiunto almeno le 186mila” persone; “oltre 48.000 vittime palestinesi” (dati aggiornati a marzo 2025) (Oxfam); “più di 50.000 bambini sono stati uccisi o feriti dall’ottobre” 2023 (Unicef); da ottobre 2023 sono quasi 60 mila i morti (Emergency). Anche se i numeri non tornano e compongono una sordida tombola, la fonte è sempre quella, il “Ministero della salute di Gaza”, che è semplicemente un organo della propaganda di Hamas. Peccato che a un’analisi più ravvicinata, come quella che ha svolto il ricercatore israeliano Ido Halbany tutti questi numeri non reggano affatto. L’elenco comunicato da Hamas fino a marzo 2025 contiene 50.021 deceduti, ma fra essi molti sono doppi o con dati errati o contraddittori. Dei 42.431 nomi di morti elencati in maniera formalmente valida, 28.424 sono uomini di cui 24.249 fra i 18 e i 55 anni, cioè in età militare; i minorenni (sotto i 18 anni, fra cui è probabile che ci siano comunque combattenti) sono 13.633 e 14.007 le femmine. Questi numeri comprendono anche i morti per malattia, incidente o per i razzi terroristi ricaduti su Gaza. Mostrano comunque che nel mondo reale naturalmente Israele cerca di eliminare non i bambini che sono innocui, bensì i terroristi combattenti e lo fa con notevole precisione, perché i maschi in età militare di cui si denuncia la morte sono 24 mila e donne e minori insieme totalizzano poco di più, 27 mila con gli anziani poco più di 30 mila. E un rapporto fra presunti combattenti e presunti civili di 1 a 1,2 : un dato da tener presente, soprattutto considerando che Hamas dichiara che gli abitanti di Gaza sono circa 2 milioni. Le vittime civili sarebbero dunque circa l’1,5 per cento.

La situazione a Gaza
L’Operazione “Carri di Gedeone” sta lentamente privando Hamas di sempre più risorse: nelle ultime settimane scorse, un rapito vivo (Edan Alexander) e i corpi di altri quattro sono stati riportati in Israele, senza pagare riscatti. L’ultimo è la salma del tailandese Nattapong Pint, sequestrato il 7 ottobre e ucciso nei primi mesi di prigionia. Ora nelle mani dei terroristi restano 55 rapiti, di cui fra i 20 e i 23 sono ancora vivi. Inoltre il nuovo meccanismo di distribuzione del cibo sta erodendo il controllo di Hamas sugli abitanti della Striscia di Gaza, anche quello esercitato con la mediazione delle organizzazioni internazionali. Sono nate milizie per difendere il cibo dalle ruberie di Hamas e Israele giustamente fornisce loro armi leggere, anche se naturalmente il loro curriculum è tutt’altro che specchiato. Infine, dall’inizio dell’operazione, Hamas ha perso il controllo su vaste aree della Striscia di Gaza che ora sono sotto il pieno controllo di Israele (Rafah, dove sembra che le forze israeliane abbiano recuperato ieri il cadavere del capo terrorista Muhammad Sinwar, parti di Khan Yunis, la Striscia di Gaza settentrionale, la parte orientale di Gaza City e la parte orientale della Striscia di Gaza centrale). In queste zone molti edifici, sospetti di essere usati dai terroristi come rifugio o sbocco di fortificazioni sotterranee, sono stati distrutti.

Gli altri fronti
Israele continua a sorvegliare attentamente il confine settentrionale e a reagire alle minacce. In particolare ha colpito una fabbrica di droni allestita da Hezbollah alla periferia meridionale di Beirut, segno del fatto che questo gruppo terroristico non vuole smettere le sue minacce terroristiche. Anche dalla Siria dono arrivati di nuovo due missili, cui le forze armate israeliane hanno risposto con bombardamenti sui lanciatori e su altre minacce potenziali. Sono arrivati di nuovo dei missili balistici dallo Yemen e anche in questo caso Israele ha reagito e lo farà di nuovo. Ma il punto nevralgico è sempre l’Iran, da cui queste minacce dipendono. Si è saputo in questi giorni di un ordine iraniano alla Cina per una quantità molto ingente di materiali chimici che miscelati producono combustibili per missili. L’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA) ha rivelato che l’Iran non solo non collabora in maniera adeguata, ma ha messo in moto le sue centrifughe più avanzate per produrre l’esplosivo atomico. Alti funzionari iraniani hanno rivelato di averne accumulato già per dieci bombe. Israele è pronto per le azioni necessarie a distruggere questo programma; ma deve attendere il consenso e magari la partecipazione degli americani. Insomma la decisione è in mano a Trump, che mostra crescente impazienza per l’arroganza degli ayatollah, ma ancora non si è deciso. Speriamo che non lo faccia troppo tardi.

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redazione@shalom.it

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