Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
Yaroslav Trofimov. Non c’è posto per l’amore, qui Recensione di Giorgia Greco
Testata: Informazione Corretta Data: 05 giugno 2025 Pagina: 1 Autore: Giorgia Greco Titolo: «Yaroslav Trofimov. Non c’è posto per l’amore, qui»
Non c’è posto per l’amore, qui Yaroslav Trofimov
Traduzione dall’inglese di Stefano Travagli
La nave di Teseo euro 22,00
“Siamo noi di fronte alla storia, e la storia è una bestia selvatica assetata di sangue. Si è scatenata di nuovo contro questo Paese, per spezzarlo e rifarlo nuovo. Non puoi ostacolarla e non puoi fermarla. L’unica speranza è che ti ignori...”
Ci sono romanzi che sanno raccontare la Storia meglio di un saggio o di analisi di specialisti perché attraverso il fluire della narrazione con i dialoghi, la caratterizzazione dei personaggi, la descrizione dei luoghi si coglie perfettamente la realtà storica nel suo insieme, i fermenti sociali e la complessità politica di un Paese.
In questo solco si colloca il romanzo “Non c’è posto per l’amore, qui” di Yaroslav Trofimov, nato a Kiev, giornalista del “The Wall Street Journal” e dal 2018 capo corrispondente per gli affari esteri del giornale: un romanzo storico di ampio respiro che dipinge un affresco spietato dell’Ucraina dagli anni Trenta ai Cinquanta nel ventennio più buio della nazione sotto il dominio sovietico.
La scintilla per scrivere il romanzo, ispirato alla storia della nonna Debora, - spiega l’autore presentando il libro alla XXXVII edizione del Salone di Torino - è arrivata nel 2014 quando la Russia ha occupato la penisola di Crimea e scatenato una guerra nelle regioni dell’Ucraina orientale ma è solo nel 2022 che si conclude il libro, poco prima che la Russia lanci una nuova guerra su larga scala.
“Qualche settimana dopo – scrive Yaroslav Trofimov – mentre la mia città natale era sotto i bombardamenti, le descrizioni di Kyiv in tempo di guerra che avevo immaginato nel libro si materializzarono nella vita vera”.
In questo spaccato della storia dell’Ucraina, della Russia e del mondo ebraico che in quelle zone del continente est europeo affrontò la fame, le deportazioni, lo sterminio, le purghe staliniane, si colloca la vicenda della protagonista Debora Rosenbaum, figlia di ebrei, una giovane donna piena di interessi, colta e determinata ad essere artefice del proprio destino. Sognando un futuro di donna moderna accantona le tradizioni, la religione e la mentalità superata del piccolo centro di Uman dove è nata per andare a lavorare in una fabbrica di trattori nella città di Kharkiv convinta dalla propaganda di Stalin che prometteva un radioso futuro socialista. La realtà è però molto diversa: abituata allo studio e a una vita di benessere si trova catapultata in un mondo ostile fatto di lavoro massacrante, di promiscuità e solo grazie all’amica Olena trova un impiego più adatto alle sue attitudini: dipingere slogan su cartelli che inneggiano alla Rivoluzione del compagno Stalin.
Nel frattempo conosce un giovane pilota ebreo, Samuel, si sposano ma a causa della delazione di un vicino di casa che intercetta discorsi “proibiti” il giovane viene accusato di tradimento e deportato con una condanna a dieci anni di lavori forzati in Siberia. Debora cresce Pasha, il bimbo nato dalla loro unione, fra mille ristrettezze e difficoltà con l’aiuto della mamma Rebecca fino a quando con la guerra ormai prossima accetta di sposare un militare sovietico, Maslov, appartenente all’ NKVD per offrire una vita migliore al figlio, convinta peraltro che Samuel sia ormai morto.
Nel suo cammino di resistenza di cui non sveliamo i dettagli e i molti intrecci, Debora attraversa la Storia con i suoi drammi. Nell’arco temporale che racchiude il regime repressivo di Stalin c’è l’Holodomor, la terribile carestia che fece milioni di morti tra il 1932 e il 1933 causata dalle politiche sovietiche che imponevano la confisca dei raccolti ai contadini ucraini lasciati a morire di fame. Un evento che l’autore descrive senza fare sconti con un linguaggio crudo ricordando anche gli episodi di cannibalismo che si verificarono in quel periodo. Nel romanzo si narrano anche le purghe staliniane del 1937, l’inferno della Seconda Guerra mondiale con l’invasione tedesca, il massacro degli ebrei di Kyiv a Babi Yar nel 1941, l’assedio di Stalingrado, la vittoria russa, la dura repressione negli ultimi anni di Stalin, l’orrore dei gulag, la persecuzione antisemita che non risparmia nemmeno il padre di Debora “che non credeva nel roseo futuro comunista ma nel non lamentarsi”.
Debora che dopo il matrimonio con il colonnello della Sicurezza di Stato Maslov è dovuta diventare Darya Maslova, cittadina russa e non ebrea, attraversa questi anni in un clima di costante paura. Sarà costretta a compiere azioni inique, a tradire e uccidere pur di sopravvivere in un mondo violento in cui l’amore, ostacolato dalla realtà, viene messo a dura prova e da cui nessuno esce indenne.
Fra i punti di forza del romanzo che intreccia in modo magistrale finzione narrativa e ricordi familiari c’è il racconto degli intellettuali nella Kharkiv dei primi anni Trenta che guardavano all’Europa piuttosto che a Mosca e che poi vennero eliminati uno alla volta dal regime sovietico. Senza dimenticare il richiamo al reporter americano – ispirato alla discussa figura del giornalista del “New York Times” , Walter Duranty, che riportando la realtà “fabbricata” da Mosca negava l’esistenza dei morti di fame impedendo al mondo di conoscere ciò che stava accadendo in Ucraina.
Ampio spazio nel romanzo è riservato alla questione ebraica: se Debora è cosciente che il mondo esterno la rifiuterebbe se sapesse che è ebrea e, come il padre Gersh, vuole andare oltre le proprie origini e aprirsi al nuovo credo socialista, la madre Rebecca, cresciuta nella cultura yiddish e custode delle tradizioni religiose del suo popolo resta consapevole per tutta la vita di come l’antisemitismo non sia solo di provenienza nazista ma permei nel profondo anche la società in cui vive.
E’ un romanzo storico potente, un’avvincente epopea “Non c’è posto per l’amore, qui” in cui Yaroslav Trofimov racconta la storia tragica dell’Ucraina di cui in Occidente si sa molto poco attraverso gli occhi e le vicende di una protagonista indimenticabile.
E ci mostra come “in un’epoca di atrocità totalitarie sia molto difficile rimanere integri, non accettare compromessi morali”.
Ora che l’invasione russa dell’Ucraina nel febbraio 2022 ha portato alla ribalta i nomi di città come Odessa, Kyiv, Kharkiv rendendoli familiari, grazie a questo bellissimo romanzo possiamo comprendere meglio cosa sia stata l’oppressione sovietica, le deportazioni nei gulag, gli orrori della guerra, della fame e del freddo.
Un popolo, quello ucraino, che si trova a fare i conti con le ambizioni imperialiste russe ma che non intende rinunciare alla propria identità e libertà. E’ difficile capire la ragione della resistenza ucraina di oggi senza conoscere la Storia raccontata nel libro di Trofimov.
“Tutti gli ucraini di oggi – spiega l’autore in un’intervista – sono i discendenti di quelli che sono sopravvissuti ai milioni morti per la carestia o durante la Seconda Guerra mondiale. Questo spiega perché lottino così fortemente contro la Russia. Sanno che, nonostante le perdite, nonostante le distruzioni, arrendersi a Mosca è l’alternativa peggiore. Gli ucraini vogliono ricordare, il governo russo vuole cancellare”.
La lettura di questo libro dove Storia e letteratura si alimentano a vicenda, ci aiuta a capire le ragioni di un Paese aggredito, vessato e costretto ancora oggi a lottare strenuamente per la propria autonomia, alla ricerca di una pace giusta che al momento sembra così lontana.