Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
Ma i terroristi continuano a dire di no Cronaca di Fausto Carioti
Testata: Libero Data: 30 maggio 2025 Pagina: 7 Autore: Fausto Carioti Titolo: «I terroristi però continuano a dire di no (come anche i duri Ben Gvir e Smotrich)»
Riprendiamo da LIBERO di oggi, 30/05/2025, a pag. 7 l'analisi di Fausto Carioti dal titolo “I terroristi però continuano a dire di no (come anche i duri Ben Gvir e Smotrich)”
Fausto Carioti
Anche se Israele, adesso, si dice disponibile a una tregua, è Hamas che rifiuta, come sempre. Hamas è un movimento terrorista islamico e come tale vuole combattere a oltranza. Ed è, ancora una volta, la dimostrazione che la guerra continua perché c'è Hamas.
Due giorni fa a dire di no era stato il governo israeliano.
Ieri a respingere la proposta per una tregua nelle ostilità a Gaza è stata Hamas. Segno che il mediatore in chief, l’inviato speciale degli Stati Uniti Steve Witkoff, sta lavorando con il bilancino nel tentativo di accontentare le due parti.
Il nuovo schema prevede il rilascio di dieci ostaggi vivi (dei 58 fra vivi e deceduti ancora nelle mani di Hamas) e una tregua di 60 giorni fatta salva la possibilità di riprendere la guerra.
Possibilità alla quale pensa il governo israeliano da giorni impegnato nella nuova offensiva “Carri di Gedeone” per dare l’ultima spallata al movimento terrorista palestinese.
Hamas dice no anche perché il piano Witkoff non delinea dove le Israel Defense Forces (Idf) debbano redistribuirsi una volta entrata in vigore la tregua, osserva il Times of Israel citando un alto funzionario israeliano. E ancora, i nuovi termini di Witkoff non spiegano «il modo in cui gli aiuti sarebbero distribuiti nel quadro di un cessate il fuoco».
OPPOSIZIONE INTERNA Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha intanto annunciato il sì del suo governo al piano Witkoff parlando a un gruppo di famigliari degli ostaggi. Ma gli ultranazionalisti nella maggioranza non sono d’accordo. Se mercoledì il titolare delle Finanze Bezalel Smotrich ha definito il piano «pura follia» imposta al governo dagli americani, ieri il titolare della Sicurezza pubblica, Itamar Ben-Gvir, ha minacciato di lasciare la maggioranza. Al canale 103FM, Ben-Gvir ha ricordato di non essere un politico che minaccia e non agisce: «Esistono delle linee rosse. Se vengono oltrepassate io me ne vado come ho già fatto in passato», ha affermato ricordando di aver lasciato l’esecutivo lo scorso gennaio per la durata della prima tregua. «Io rivoglio gli ostaggi tanto quanto voi. Ma con lo schema di Witkoff, ne liberiamo metà e posticipiamo il rilascio dell'altra metà ancora più nel futuro. Sarebbe alzare bandiera bianca. Sarebbe un errore storico», ha aggiunto il ministro contrario anche agli aiuti umanitari a Gaza «che rafforzano Hamas».
INSEDIAMENTI Ma Netanyahu è un alchimista attento agli equilibri della coalizione che lo sostiene. Così, ore prima del suo sì a Witkoff ha lasciato che i ministri Smotrich e Israel Katz (Difesa) annunciassero 22 insediamenti nella Cisgiordania; alcuni ex novo, altri nati legalizzando vecchi avamposti israeliani che erano stati ritenuti illegali in precedenza.
«I nuovi insediamenti sono tutti collocati all'interno di una visione strategica a lungo termine, il cui obiettivo», ha spiegato il ministero della Difesa, «è rafforzare la presa israeliana sul territorio, evitare la creazione di uno stato palestinese e creare la base per il futuro sviluppo dell'insediamento nei prossimi decenni».
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