domenica 01 giugno 2025
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



Clicca qui






La Repubblica Rassegna Stampa
29.05.2025 Se Berlino sfida Mosca
Commento di Maurizio Molinari

Testata: La Repubblica
Data: 29 maggio 2025
Pagina: 17
Autore: Maurizio Molinari
Titolo: «Se Berlino sfida Mosca»

Riprendiamo dalla REPUBBLICA del 28/05/2025, a pag. 17, con il titolo "Se Berlino sfida Mosca", il commento di Maurizio Molinari.

Molinari: “Le sorti dell'Italia sono decisive per quelle dell'Europa” -  Mosaico
Maurizio Molinari

Il cancelliere tedesco Friedrich Merz è un incrollabile alleato dell'Ucraina e promette nuovi aiuti militari, suscitando le ire del regime di Putin. La Germania sta difendando il centro della nuova difesa europea.

Le scintille tra Berlino e Mosca sull’Ucraina descrivono un’accelerazione della sfida di Putin all’Europa in coincidenza con l’impasse negoziale con l’America di Trump.

Dal momento dell’insediamento, il cancelliere tedesco Friedrich Merz non ha esitato a far conoscere il proprio sostegno all’Ucraina aggredita: il viaggio a Kiev per sostenere Zelensky, l’impegno ad accelerare il riarmo nazionale, il fermo appoggio al piano Ue per la difesa comune e il consenso all’uso da parte ucraina dei missili Taurus contro la Russia nascono dalla consapevolezza che dal conflitto lungo il Dnepr dipende la sicurezza europea.

Mosca ha reagito attaccando frontalmente Merz.

Prima accusando Berlino di aver già consentito, da tempo e “in segreto”, a Zelensky di usare i missili a lungo raggio e poi avvertendo Merz che i suoi Taurus finiranno “bruciati come i carri armati Leopard” distrutti dai militari russi in combattimento, catturati ed esposti come trofei nemici sulle piazze russe.

Dall’inizio della guer ra in Ucraina, il presidente Putin e i suoi più stretti collaboratori hanno adoperato un linguaggio sempre più aggressivo nei confronti dell’Europa — arrivando fino a sostituire la Nato con l’Ue nel ruolo di maggiore rivale strategico — ma quanto sta avvenendo fra Mosca e Berlino va ben oltre, descrivendo una doppia accelerazione.

La prima ha a che vedere con la fase di impasse nel negoziato fra Putin e Trump. Le due ore passate al “telefono rosso” hanno fatto comprendere al presidente Usa che Mosca non vuole la tregua, mira a ridurre l’Ucraina a uno Stato vassallo e punta soprattutto a guadagnare tempo per aumentare la pressione militare su Kiev. Da qui l’ipotesi che Washington approvi nuove sanzioni contro il petrolio russo — per punire chiunque lo acquista illegalmente — causando danni seri all’economia di guerra. Nel tentativo di scongiurare l’escalation, il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, rilancia l’ipotesi di “colloqui in Turchia” ma soprattutto il Cremlino accelera la crisi con l’Europa al fine di allontanare l’Ue dagli Usa. Il duello al vetriolo con Berlino serve dunque a contrapporre lo scontro frontale con l’Ue con il timido negoziato con Trump, al fine di spingere Washington sempre più lontano da Bruxelles. La separazione fra le due coste dell’Atlantico è da sempre un obiettivo strategico del Cremlino — come dimostrano anche le ingerenze digitali russe a favore della Brexit in Gran Bretagna — e ora Putin sente di poter trasformare il dialogo personale con Trump in una pedina di questo abile gioco.

Ma non è tutto perché ieri Merz era in visita a Helsinki per testimoniare sostegno al Paese Nato con il più lungo confine con la Russia — 1.340 km — lungo il quale sta costruendo una linea blindata di difesa nel timore di poter subire un attacco a sorpresa russo. Ad avvalorare tale scenario c’è il rafforzamento delle truppe di Mosca in alcune basi davanti al confine finlandese nonché l’inizio di importanti manovre aeronavali nel Mar Baltico, con l’impiego di almeno venti navi da guerra e tremila uomini, a sostegno della flotta di San Pietroburgo già impegnata a sfidare le sanzioni internazionali scortando le “petroliere fantasma” che consentono a Mosca di esportare illegalmente il greggio per venderlo e sostenere lo sforzo militare. L’escalation nell’Europa del Nord è confermata dalla decisione di Stoccolma e Helsinki di creare contingenti comuni per fronteggiare le truppe russe nella regione artica e dalla scelta del Pentagono di aumentare il dispiegamento di truppe in Svezia, arrivando a svolgere esercitazioni ad appena 320 km dalla Russia. Tutto ciò spiega perché i Paesi europei che si affacciano sul Baltico — Polonia inclusa — temono che un’affermazione militare di Putin in Ucraina possa trasformarli nell’obiettivo della prossima aggressione russa, e guardano a Berlino come alleato di riferimento.

Se a tutto ciò aggiungiamo che la Germania è un Paese determinante — da un punto di vista economico e industriale — per la realizzazione del progetto della difesa comune Ue suggerito da Ursula von der Leyen, presidente della Commissione, non è difficile arrivare alla conclusione che le fibrillazioni fra Berlino e Mosca descrivono un’escalation di tensioni, politiche e strategiche, lungo la frontiera calda che divide l’Europa: dalle trincee ucraine ai laghi finlandesi passando per Bielorussia, Polonia e Paesi Baltici.

Questo significa che governi e partiti politici Ue ancora esitanti sulla difesa comune si trovano davanti alla necessità di accelerare sull’integrazione militare, per raccogliere il suggerimento contenuto dal rapporto di Mario Draghi sulle riforme in merito alla necessità di “diventare Stato” grazie a un esercito europeo capace di agire su due fronti: come deterrente nei confronti delle minacce che provengono dalla Russia di Putin e come garanzia davanti alle incertezze proiettate dall’America di Trump. Si tratta di una corsa contro il tempo, guidata da un gruppo di sei Paesi — Gran Bretagna, Francia, Germania, Polonia, Italia e Spagna — che si sono riuniti già più volte a livello di ministri del la Difesa e responsabili militari, ma devono ora trovare la coesione politica necessaria per condividere impegni economici e strategici tali da garantire stabilità e sicurezza lungo le frontiere orientali dell’Europa.

Per inviare la propria opinione alla Repubblica, telefonare 06/49821, oppure cliccare sulla e-mail sottostante


rubrica.lettere@repubblica.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT