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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Informazione Corretta Rassegna Stampa
29.05.2025 Israele non deve cedere alle pressioni internazionali
Commento di Antonio Donno

Testata: Informazione Corretta
Data: 29 maggio 2025
Pagina: 1
Autore: Antonio Donno
Titolo: «Israele non deve cedere alle pressioni internazionali»

Israele non deve cedere alle pressioni internazionali
Commento di Antonio Donno

Netanyahu: We will fight the investigation of international crime in  Palestine - Law for Palestine
Le critiche internazionali alimentano l’antisemitismo e rafforzano Hamas. Netanyahu rifiuta di cedere alle pressioni, convinto che solo una posizione di forza possa portare alla liberazione degli ostaggi. Sospendere l’operazione sarebbe una resa che incoraggerebbe ulteriori atti terroristici

Ora l’accusa si è ribaltata. Dimenticati gli orrori del 7 ottobre 2023, Israele è accusato di operare un “genocidio” nei confronti della gente della Striscia di Gaza, dove i terroristi di Hamas si sono rifugiati, godendo degli aiuti umanitari che provengono da più parti e che lo stesso Hamas incassa, riservando alla gente di Gaza una vita di stenti e di fame. Tanto che qualche giorno fa si sono verificate limitate manifestazioni degli abitanti contro l’accaparramento degli aiuti che entrano a Gaza: manifestazioni che sicuramente saranno state soppresse nel sangue. Ma ciò che più di ogni altra cosa scandalizza è, appunto, il ribaltamento della condanna, che è passata dal colpire Hamas a  riversarsi su Israele. 

     L’azione militare che Israele ha iniziato e continua a sviluppare è indirizzata a colpire e decimare i terroristi di Hamas, applicando, per quanto è possibile, ogni avvertenza alla popolazione civile sui luoghi della Striscia di Gaza che di volta in volta saranno colpiti e che è opportuno evacuare. Hamas, tuttavia, impedisce alla gente ogni necessario trasferimento, in questo modo sottoponendola ai massicci bombardamenti di Israele. Questa è una verità che spesso è taciuta dai mass media che raccontano le vicende di Gaza, arricchendo, perciò, il peso della condanna che si rivolge allo Stato ebraico. Non pochi osservatori dei problemi del Medio Oriente sostengono che la reazione israeliana su Gaza stia assumendo una dimensione sproporzionata, perché continua a mietere vittime innocenti la cui entità non sarebbe più sopportabile. Ma costoro sanno bene quanto si è detto in precedenza. Hamas costringe la popolazione a restare bloccata nei luoghi che Israele ha avvertito essere obiettivi dei bombardamenti, in questo modo offrendo all’opinione pubblica internazionale un motivo ulteriore di condanna di Israele. 

     Questa condanna non fa altro che incrementare l’attuale ondata di antisemitismo, e Hamas ne è consapevole. Israele vuole la liberazione degli ostaggi nelle mani dei terroristi, ma questa operazione può riservare aspetti non favorevoli a Gerusalemme. Hamas ha già affermato che è pronto ad iniziare un percorso di trattative, ma – attenzione – sarebbe un processo lungo, tortuoso, 

che costringerebbe Israele ad una serie insostenibile di concessioni. Il tutto porterebbe ad una umiliazione politica di Gerusalemme e, di conseguenza, ad uno straordinario successo politico di Hamas, che proietterebbe nuovamente l’organizzazione terroristica ai vertici della stima del mondo palestinese. Di qui la decisione di Netanyahu di portare un attacco pesante sulla Striscia di Gaza, nel tentativo – forse – di costringere Hamas a chiedere la sospensione dell’azione militare in cambio della liberazione degli ostaggi, sia i vivi, sia i morti. Per ora, nulla di tutto questo è avvenuto. Hamas confida che il peso della critica dell’opinione pubblica costringa Israele a sospendere l’attacco contro Gaza. Del resto, anche una parte – minoritaria – degli israeliani è di questo avviso, nella speranza che gli ostaggi siano liberati. 

     Ma la sospensione dell’operazione “I carri di Gedeone” sarebbe la resa di Israele e il trionfo di Hamas, che imporrebbe le condizioni per la liberazione degli ostaggi. Come ha scritto giustamente Micol Flammini sul “foglio” di ieri, “la pressione internazionale su Israele sta cancellando le responsabilità di Hamas. […] Liberare gli ostaggi […] deve essere chiaro ai paesi che condannano Israele”. Ma la liberazione degli ostaggi deve essere il risultato non di un cedimento, ma della conferma di una posizione di forza di Israele nei confronti del gruppo terroristico. Per questo motivo, Netanyahu non sta accettando le pressioni internazionali e continua a martellare le postazioni di Hamas nella Striscia. Le pressioni internazionali fanno il gioco di Hamas; cedere a tali pressioni da parte di Gerusalemme è la speranza del gruppo terroristico. Ma, se questo dovesse avvenire, la cattura di ostaggi israeliani diventerebbe la futura arma residua nelle mani del terrorismo. Netanyahu è consapevole di questo pericolo. Da qui la sua decisione di continuare l’assedio a Gaza.

Antonio Donno
Antonio Donno

takinut3@gmail.com

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