Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
58 ostaggi ancora prigionieri Cronaca di Amedeo Ardenza
Testata: Libero Data: 29 maggio 2025 Pagina: 9 Autore: Amedeo Ardenza Titolo: «Fra Israele e Hamas manca solo la firma»
Riprendiamo da LIBERO di oggi, 29/05/2025, a pag. 9, con il titolo "Fra Israele e Hamas manca solo la firma", la cronaca di Amedeo Ardenza.
Ci sono ancora 58 ostaggi israeliani nelle mani dei terroristi di Hamas. Da ben 600 giorni sono sepolti nelle prigioni di Gaza.
Giornata di novità dal fronte mediorientale. Sotto il profilo diplomatico spiccano le parole dell’inviato speciale degli Stati Uniti Steve Witkoff ottimista quanto a una possibile interruzione delle ostilità fra Israele e i terroristi di Hamas. «Siamo sul punto di inviare» un nuovo documento «che speriamo venga consegnato nelle prossime ore», ha dichiarato, e «ho ottime sensazioni» sulla possibilità di «arrivare a una soluzione a lungo termine, un cessate il fuoco temporaneo e una soluzione pacifica a lungo termine del conflitto». Un ottimismo senza precedenti rilanciato da Fox News secondo cui il presidente americano Donald Trump ieri stava «rivedendo il documento».
Ieri il Times of Israel scriveva che il ministro israeliano per gli Affari Strategici Ron Dermer e il capo del Mossad David Barnea dovrebbero incontrare Witkoff la settimana prossima per discutere una tregua iniziale di 90 giorni e la liberazione di una decina dei 58 ostaggi israeliani ma i toni dell’inviato speciale potrebbero preludere a una soluzione più vicina nel tempo. Di come gli Stati Uniti stiano lavorando a stretto contatto, anche imponendosi, con gli israeliani dà conferma anche una dichiarazione consegnata dallo stesso Trump ai giornalisti alla Casa Bianca: «Ho detto a Netanyahu di non attaccare l’Iran. Devo essere onesto, sì, l’ho fatto», ha affermato il presidente spiegando di averlo fatto «perché che non credo sia appropriato in questo momento». Già nei giorni scorsi la Cnn aveva “avvisato” gli iraniani dell’imminenza di un attacco da parte di Israele, Paese per il quale, ha poi dichiarato il capo dei Guardiani della Rivoluzione, Hossein Salami, si apriranno «le porte dell’inferno» nel caso «commetta l’errore» di bombardare i siti nucleari iraniani. Anche il New York Times ha “lanciato l’allarme” di un possibile attacco israeliano, allarme che con una scrollata di spalle l’ufficio del primo ministro di Gerusalemme, Benjamin (Bibi) Netanyahu, ha definito “fake news”. Non va però dimenticato l’interesse strategico che Israele avrebbe nel colpire per primo un Paese che non solo ha attaccato lo Stato ebraico con missili balistici due volte nel 2024 (ad aprile e a ottobre) ma che lavora allo sviluppo di tecnologia nucleare mentre da decenni invoca la cancellazione del “piccolo Satana” dalle mappe geografiche. “Il grande Satana”, gli Stati Uniti, ammettono dunque di avere tenuto a freno l’alleato. Una circostanza non nuova ma che ha permesso al leader dell’opposizione israeliana Yair Lapid di accusare Bibi di aver rovinato le relazioni con gli Stati Uniti. «Ti avevo già detto che non capivi più la nuova America, che eri bloccato agli anni '80. La discussione è finita: le relazioni non hanno mai toccato un punto così basso», ha affermato il leader di Yesh Atid, ricordando al capo del governo tutte le recenti iniziative su Siria, Turchia, Yemen, Gaza e Iran portate avanti da Trump «che non si è preoccupato di aggiornarti».
Ma di Trump non parlano solo le cancellerie internazionali: dopo i video martedì dei disordini attorno ai nuovi centri per la distribuzione di beni alimentari allestiti a Gaza da imprese americani, ieri su Telegram sono circolati anche dei video di palestinesi soddisfatti del servizio: non abbastanza per indicare che l’emergenza umanitaria sia finita ma abbastanza per segnalare che a Gaza ci può essere vita anche all’infuori di Hamas, il cui dominio sulla Striscia è iniziato nel sangue – con un putsch contro i laici di Al Fatah – nel 2006.
Netanyahu non sembra troppo colpito dalle critiche interne e si consola con due notizie. La prima è la conferma dell’uccisione del leader di Hamas a Gaza, Mohammed Sinwar, in un raid aereo israeliano nei pressi dell'Ospedale europeo nel sud della Striscia di Gaza all'inizio di maggio.
Mohammed Sinwar era il comandante delle Brigate Ezzedin al-Qassam, braccio armato di Hamas e fratello minore di Yahya Sinwar, numero uno di Hamas (fino alla sua uccisione nell'ottobre del 2024) e ideatore dei massacri di civili israeliani del 7 ottobre 2023. La seconda è di ordine tecnologico: ieri le Israel Defense Forces (Idf) hanno confermato che, in una svolta storica, un sistema di difesa laser senza nome ma simile al già celebrato Iron Beam ha abbattuto dozzine di «minacce aeree» durante la guerra. Il Jerusalem Post ha scritto di aver appreso già lo scorso novembre che le Idf avevano utilizzato sistemi di difesa laser in situazioni operative ma all’epoca gli era stato impedito di riferirlo.
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