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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Informazione Corretta Rassegna Stampa
24.05.2025 La difficile situazione dell’Europa
Commento di Antonio Donno

Testata: Informazione Corretta
Data: 24 maggio 2025
Pagina: 1
Autore: Antonio Donno
Titolo: «La difficile situazione dell’Europa»

La difficile situazione dell’Europa
Commento di Antonio Donno

L’Europa democratica e liberale attraversa una fase critica. L’aggressività del dittatore Putin, sostenuto dalla Bielorussia di Lukashenko, si espande a est ma penetra anche nella politica occidentale. Approfittando dell’anti-europeismo di Trump e del disimpegno degli USA, Mosca mira a estendere la propria influenza nel continente

L’Europa democratica e liberale vive un momento di grande difficoltà. L’aggressività di Putin nella parte orientale del continente, per ora applicata all’Ucraina, ma sostenuta dalla Bielorussia del dittatore Alexander Grigoryevich Lukashenko, si estende politicamente nella metà orientale del continente, ma si fa strada in diversi settori politici dei Paesi democratici dell’Europa occidentale, settori per ora minoritari, ma probabilmente in crescita per le ragioni che seguono. Nonostante la pesante crisi economica della Russia, Putin punta ad estendere, a vari livelli, l’influenza del suo Paese nell’intero continente europeo, approfittando dell’anti-europeismo di Trump e del progressivo distacco politico degli Stati Uniti dall’alleato europeo. Di ciò è ben consapevole Putin, che vede in Trump un “alleato” che gli fa comodo, considerata la passività del presidente americano nell’attivare il ruolo del proprio Paese per difendere il continente europeo, come gli Stati Uniti hanno fatto dalla fine della seconda guerra mondiale sino, appunto, al momento attuale, che registra il disprezzo di Trump verso l’Alleanza atlantica e i valori che essa ha espresso in tanti decenni.

       Di conseguenza, la funzione centrale che l’Europa democratica ha svolto nella difesa dell’Occidente sta venendo meno progressivamente. Da questo punto di vista, si può dire che l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea, se in un primo momento fortemente criticata, oggi pone Londra fuori da un’Europa svuotata dal suo ruolo storico di avanguardia della democrazia liberale e oggi preda dell’obiettivo egemonico di Putin e, nello stesso tempo, del rifiuto di Trump di rafforzare i legami politici ed ideologici degli Stati Uniti con le democrazie europee; questo, a tutto vantaggio degli obiettivi autocratici di Putin in un continente che, durante i decenni della guerra fredda, aveva rappresentato la difesa della libertà per una vasta parte del sistema politico globale. Trump ha dichiarato più volte che nel secondo dopoguerra l’Europa occidentale ha sfruttato l’economia americana senza avere alcun rendiconto sul piano politico. Si tratta di un’affermazione priva di ogni sostanza politica.

       I rapporti economici tra le due parti hanno rappresentato, invece, un fattore di sviluppo reciproco che ha consentito di creare un blocco politico-economico di tale portata da non avere eguali in alcun settore della politica economica globale. Tale sviluppo ha dato vita ad un consenso politico di enorme importanza per far fronte, nei lunghi anni del confronto-scontro tra i due blocchi politici, al pericolo della diffusione del comunismo nei centri vitali della democrazia liberale, liberandoli dai pericoli di cui ha scritto magnificamente Arthur Koestler: “La mentalità di chi vive entro un sistema chiuso di pensiero, comunista o altro, può essere sintetizzata in una semplice formula: egli può provare tutto ciò che crede e crede tutto ciò che può provare. […] Persone di simile mentalità si trovano con particolare frequenza tra gli intellettuali. Mi piace chiamarli ‘intellettuali imbecilli’: espressione che non considero offensiva, essendo stato anch’io uno di loro” (Freccia nell’azzurro. Autobiografia I, Milano, Mondadori, 1955, pp. 323-324 (ed. or.: 1955).

       L’aggressività politica di Putin e la passività di Trump si intrecciano per produrre, oggi, quella mentalità che Koestler aveva definito “un sistema chiuso di pensiero”, che sembra conquistare i media europei e i centri politici del nostro continente. Insomma, il blocco occidentale, che negli anni del dopoguerra aveva rappresentato la difesa della libertà contro il totalitarismo, perde colpi contro un nuovo blocco costituito da Paesi terzi che aiutano la Russia ad aggirare il sistema di sanzioni messo in atto dall’Unione Europea, la quale, se volesse, è in grado di aumentare la pressione economica su Mosca anche senza l’apporto degli Stati Uniti. Insomma, l’Unione Europea potrebbe esercitare da sola un’azione economica ancora più pesante contro la Russia, ma molti economisti europei sostengono che l’incremento sanzionatorio potrebbe avere, di riflesso, conseguenze negative anche sull’Europa occidentale. Putin sa bene come stanno le cose e ha accettato volentieri i colloqui telefonici con Trump perché conosce la vuotezza politica del presidente americano, che si traduce nell’irresponsabilità politica e, conseguentemente, nell’isolamento dell’Europa di fronte alla penetrazione politica di Putin.

Antonio Donno
Antonio Donno

takinut3@gmail.com

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