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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Libero Rassegna Stampa
24.05.2025 La sinistra americana condanna a morte Trump
Commento di Daniele Capezzone

Testata: Libero
Data: 24 maggio 2025
Pagina: 1/15
Autore: Daniele Capezzone
Titolo: «La sinistra americana condanna a morte Trump»

Riprendiamo da LIBERO di oggi 24/05/2025, a pag. 1/15, con il titolo "La sinistra americana condanna a morte Trump", il commento di Daniele Capezzone. 

Confessioni di un liberale. Daniele Capezzone al Caffè della Versiliana  Giovedì 14 luglio, ore 18:30 - Versiliana Festival
Daniele Capezzone

Trump è oggetto dell'odio della sinistra americana al punto che più della metà degli elettori di sinistra considererebbero "legittimo" il suo eventuale omicidio. Quasi uno su due considera legittimo uccidere anche Musk. E questo mentre cresce un terrorismo di estrema sinistra antisemita che ha causato l'assassinio dei due dipendenti dell'Ambasciata di Israele in Usa.

Non c’è dubbio: il brutale assassinio di Yaron e Sarah, i due giovani impiegati presso l’Ambasciata israeliana di Washington, porta il segno di un’inequivocabile matrice di terrorismo antisemita. Ma va registrato (e se possibile si tratta di un dettaglio quasi peggiore del fatto in sé) il rischio concreto di una sorta di “accettazione sociale” dell’omicidio.
È esagerato temerlo, anche a prescindere dall’odio che alcuni proiettano contro Israele? No: non si scherza più. Anzi, non c’è proprio alcun motivo per farlo.
Secondo un report NCRI (Network Contagion Research Institute) magistralmente analizzato dal politologo Luigi Curini su Italia Oggi, 38 americani su 100 considererebbero ad esempio giustificabile l’assassinio di Trump (che già qualcuno ha almeno due volte provato a far secco, come ricorderete) e ben 31 l’eliminazione di Elon Musk.
Ma attenzione: se si restringe il campione agli elettori di sinistra, le percentuali si impennano fino rispettivamente al 55% e al 48%. Non solo: anche senza arrivare all’omicidio, 6 progressisti su 10 ritengono accettabile danneggiare un’auto Tesla a causa di ciò che essa rappresenta.
Capite bene che ogni argine è stato travolto, ogni tabù abbattuto, fino all’eliminazione fisica del nemico, rispetto alla quale il danneggiamento contro le cose è considerato un banale antipasto. Di più: le cifre suggeriscono sia un elemento quantitativo (numeri di massa) sia un elemento qualitativo (la violenza o almeno l’accettazione della violenza come tendenza socialmente sdoganata).
A onor del vero, già da anni, nella politologia, erano venuti moniti intelligenti, pessimisti, giustamente preoccupati, ad esempio da parte del già citato Luigi Curini, forse il massimo esperto italiano di “polarizzazione affettiva”. Termine con cui si intende la tendenza a una reciproca aggressività, arrivando non di rado all’incapacità di accettare l’idea stessa che la parte opposta sia a sua volta in buona fede e voglia anch’essa il bene del paese (pur diversamente da noi rispetto alle strade da percorrere per realizzarlo).
A Curini è spesso capitato di citare il giurista americano Cass Sunstein, il papà del neologismo partyism, un pericoloso mix di partisanship e racism: un impasto di faziosità e razzismo, la propensione a “votare contro”, a detestare l’“altro”. Sempre il professor Curini ha citato in passato una ricerca americana che lascia a bocca aperta: «Negli anni ’60 meno del 10% degli americani si sarebbe sentito triste se il proprio figlio o figlia si fosse sposato con un elettore di un partito diverso dal proprio, laddove cinquant’anni dopo il dato sfiora il 50%». Avete capito bene: mezza America non tollera l’idea di un pranzo domenicale con parenti di opinione politica diversa.
Negli Usa l’estate scorsa sono usciti dati ancora più terrificanti.
Qualcuno ha quotato appena al 4% il numero dei matrimoni “politicamente misti”, cioè quelli tra repubblicani e democratici, rispetto al totale dei matrimoni celebrati negli ultimi anni. E pure una ricerca dell’American Enterprise Institute basata su un campione di persone single, sia repubblicane che democratiche, registrava un’indisponibilità di circa due terzi degli interpellati ad avviare una relazione con un partner politicamente schierato dall’altra parte.
Ricorderete che qualche mese fa una ricerca italiana della Bocconi non si era molto allontanata da questo clima. E allora eccoci al punto più dolente. Cosa c’è dopo la “polarizzazione affettiva”? Cosa arriva dopo quella fase? La risposta è tanto facile quanto inquietante: una sorta di guerricciola civiltà strisciante, una sostanziale indisponibilità non solo a essere governati dall’altra parte, ma perfino ad ascoltare opinioni divergenti. La sinistra- spiace doverlo svelare ai compagni - porta poi un’ulteriore dose di veleno: ovvero la sua storica presunzione di superiorità morale e intellettuale, malattia che a destra fortunatamente non attecchisce. E questo fattore supplementare di incanaglimento dà il tono all’opposizione di sinistra: nessuna collaborazione è possibile con un governo di segno avverso, nessun riconoscimento di legittimazione è immaginabile, perché - segnatevelo, se no rischiate di dimenticarlo- la democrazia è in pericolo e i “fascisti” sono perennemente in agguato. La novità è che questo criterio talebano ha superato i confini delle aule parlamentari e degli studi televisivi, entrando di prepotenza nelle nostre case. E così il generatore automatico di anatemi e scomuniche è ormai perennemente attivato, pure in cucina e in tinello. E i più scatenati - tutte le ricerche lo confermano - sono i progressisti. Curiosa nemesi: amano parlare di “diversità”, ma quando la differenza si manifesta sotto forma di un’idea non coincidente con la loro, avvertono la tentazione insopprimibile di schiacciarla. Orwell stesso resterebbe a bocca aperta: “diversità” è diventata una parola in codice per intendere esattamente l’opposto, cioè “conformismo” e “omologazione”. Brutta storia. Non ne verrà niente di buono.

 

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