Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
Gita flop del PD a Gaza Cronaca di Claudia Osmetti
Testata: Libero Data: 19 maggio 2025 Pagina: 6 Autore: Claudia Osmetti Titolo: «Gita flop del Pd nella Striscia. Boldrini: non ci fanno entrare»
Riprendiamo da LIBERO del 19/05/2025, a pag. 6, con il titolo "Gita flop del Pd nella Striscia. Boldrini: non ci fanno entrare" la cronaca di Claudia Osmetti.
Claudia Osmetti
La delegazione di sinistra guidata da Laura Boldrini non può entrare nella Striscia di Gaza, fermata al valico di Rafah. Che è chiuso per tutti: non si entra e non si esce. La spedizione è un flop, ma almeno è istruttiva: ci ricorda che c'è anche un confine di Gaza con l'Egitto (Rafah) che è chiuso agli aiuti umanitari, un promemoria per chi accusa Israele di usare l'arma della fame.
«Il valico di Rafah è sigillato: nessuno entra e nessuno esce». La carovana dell’intergruppo parlamentare Pace Israele Palestina, quella con a capo l’ex presidente della Camera Laura Boldini che da qualche giorno è impegnata nella “risalita” del Sinai, è finalmente arrivata a Gaza.
O, almeno, al confine con Gaza. È che di entrare nella Striscia non riesce nemmeno a lei (cosa che era, tra l’altro, alquanto prevedibile): restano fuori, Boldrini, Cecilia Strada, Benedetta Scuderi e i compagni al seguito; restano fuori però il comizietto lo fanno lo stesso.
«Stop-stop-genocide» (non serve la traduzione, ma a scanso di equivoci il grido è quello sentito e risentito nei cortei propal di mezzo mondo, in particolare della metà occidentale dove è ancora un sacrosanto diritto quello di scendere in piazza e manifestare: fermiamo-il-genocidio): non fosse sufficientemente chiaro, Boldrini si fa riprendere davanti alla linea del confine, ci sono tre uomini in jeans camicia a mezze maniche, portano gli occhiali da sole, hanno l’aria defilata, lei invece indossa una t-shirt nera con su scritto solo “cessate il fuoco” a caratteri cubitali.
«Sentiamo il boato delle bombe», dice a beneficio dei suoi followers sul social network X, «e sappiamo che significa altri morti, altra distruzione. Siamo venuti qui per rompere il silenzio sul massacro del popolo palestinese pianificato da Netanyahu e dal suo governo». Niente meno. È la solita tiritera: d’altronde la parola “Hamas”, da quando il pullmino bianco della delegazione ha lasciato il Cairo tre giorni fa, non s’è sentita pronunciare nemmeno per sbaglio.
In compenso il portabagagli dell’autobus era ben equipaggiato di striscioni, cartelli e materiale da corteo: qualcuno srotola un cartellone con la scritta “stop complicity” (basta-complicità), altri alzano fogli A4 che contengono il repertorio classico della propaganda anti-israeliana (“stop genocide now”, “stop arming Israel”, “stop apartheid”), i più originali mostrano una stampa del Quarto stato di Pellizza da Volpedo e gli smaliziati sollevano i ritratti dei leader europei tra i quali spiccano, a colpo d’occhio, forse perché sembrano quelle più grandi, le fotografie della presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen, dell’Alto rappresentante per la politica estera dell’Unione Kaja Kallas e della premier italiana Giorgia Meloni (che tecnicamente, a Bruxelles, non ricopre alcun ruolo istituzionale: però si sa, tutto fa brodo).
«I leader europei non possono restare in silenzio perché il silenzio è complicità», rimarca ancora (e a proposito) Boldrini, «devono fare tutto il possibile per impedirgli (si riferisce al primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, ndr) di continuare questo sterminio». «L’Europa e i governi avrebbero tante leve per fermare Israele», aggiunge invece Strada, «come sospendere l’accordo di associazione Ue-Israele oppure richiamare gli ambasciatori». O fare pressioni, la si butta là, affinché Hamas non si limiti a dichiarare «stiamo negoziando la fine della guerra, niente di più» (come ha fatto ieri il suo ufficio politico in Qatar), ma garantisca, e soprattutto dia prova dell’intenzione, che non ci sia in futuro un nuovo 7 ottobre, in modo che allora sì, si possa sul serio parlare di pace.
Tant’è: nelle stesse ore in cui la triplice “incursione” (di Pd, 5Stelle e Alleanza Verdi Sinistra) riesce no, su un altro fronte (quello mediatico) ci prova l’assemblea delle giornaliste e dei giornalisti del Tg3 che «all’unanimità» (dice il comunicato che rilasciano all’istante) si rivolgono alle autorità di Gerusalemme «affinché torni possibile adempiere al diritto-dovere di raccontare con obiettività quanto accade (a Gaza, ndr) e in particolare alla popolazione civile. Agli inviati internazionali viene impedito di accedere per fare il loro lavoro in modo autonomo e sicuro».
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