Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
Il PD ha il vizietto di stare con chi è contro l’Italia Editoriale di Daniele Capezzone
Testata: Libero Data: 19 maggio 2025 Pagina: 1 Autore: Daniele Capezzone Titolo: «Ma il PD ha il vizietto di stare con chi è contro la nazione»
Riprendiamo da LIBERO di oggi 19/05/2025, a pag. 1, con il titolo "Ma il PD ha il vizietto di stare con chi è contro la nazione", il commento di Daniele Capezzone.
Daniele Capezzone
La Meloni riesce a mettere allo stesso tavolo JD Vance e la von der Leyen. La sinistra che lamentava l'assenza dell'Italia, adesso che dice? Si schiera con Macron e gli altri leader europei che criticano la Meloni per principio. Sempre e comunque contro il paese, per interessi di fazione.
E ora come la mettiamo? Il quartetto tragico Schlein-Conte-Fratoianni-Bonelli, che l’altro giorno aveva sparacchiato a vanvera contro «l’Italia isolata» dove andrà a nascondersi – adesso – dopo il vertice di ieri a Roma tra Giorgia Meloni, il vicepresidente Usa J.D. Vance e la Presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen?
Se volessimo maramaldeggiare, ci sarebbe ampia materia per farlo, suggerendo ai quattro fenomeni dell’opposizione di trovare riparo – per non farsi vedere – nei campi, magari dietro qualche animale a pelo lungo (consigliatissime le pecore merinos: mansuete, pazienti e soprattutto lanosissime, utili a nascondere anche il progressista più imbarazzato).
Ma smettiamo subito di scherzare. Il governo italiano ha oggettivamente segnato ieri un buon punto, coerente con gli sforzi di tutti questi mesi: accorciare – anziché allargare – la distanza tra le due sponde dell’Atlantico. Lo ha esplicitamente riconosciuto J.D.
Vance, assumendo come obiettivo lodevole e positivo ciò su cui – fino a poche ore prima – si erano sganasciati dal ridere i campioncini della nostra sinistra: «Una delle cose che Giorgia Meloni si è offerta di fare, e naturalmente il presidente Trump ed io siamo felici di accettare, è quella di costruire ponti tra Europa e Stati Uniti». Immaginatevi i fegati spappolati di chi ridacchiava sul possibile ruolo di un’Italia “pontiera”.
Vanno inoltre rimarcate almeno due cose tutt’altro che marginali. La prima: proprio un governo, quello di Roma, che (ed è un merito) non è affatto annoverabile tra gli eurolirici più sdolcinati, ha favorito un rapporto – che resta complicato – tra Usa e Ue. Quindi, mentre gli europeisti più retorici (Emmanuel Macron in testa) non tengono in alcun conto gli organismi formali dell’Unione, per paradosso a ricordarsene è stata proprio l’”eretica” Meloni. Una bella lezione.
La seconda: i problemi rimangono, e Vance l’ha onestamente ammesso («abbiamo disaccordi, come capita tra amici»), così come von der Leyen. Ma è molto meglio negoziare – anche sui dazi – anziché far volteggiare nell’aria parole come «vendetta» e «bazooka», com’è scioccamente accaduto nelle scorse settimane da parte di Bruxelles.
Restano le dita incrociate sul tema delicatissimo dell’Ucraina, in attesa del possibile contatto di oggi tra Trump e Putin. Speriamo di capirne di più tra qualche ora. Ma ieri è stata una giornata tutt’altro che negativa anche su questo fronte, con un buon dialogo preliminare – sempre a Roma – tra Vance e Zelensky.
Da ultimo, una speranza (forse ingenua) che riguarda tutti, a partire dall’opposizione. È evidente che stiamo assistendo – sulla scena mondiale – a un grande ritorno delle nazioni.
Piaccia o no, la crisi delle organizzazioni sovranazionali è sotto i nostri occhi, e sono invece le istituzioni nazionali a tornare protagoniste: da queste parti, consideriamo la cosa con realismo e senza alcun pessimismo, anzi. Ma – comunque la si pensi – se sono le nazioni a tornare in prima fila, vale la pena per la sinistra politica e mediatica tifare sistematicamente contro l’Italia per pura ostilità politica verso l’attuale governo di centrodestra?
Per carità, ci mancherebbe: il compito di un’opposizione è – per definizione – quello di opporsi, mica di lanciare petali di rosa all’indirizzo del governo. Ma non sarebbe saggio trovare una misura ragionevole? Non sarebbe serio distinguere i temi più domestici (su cui litigare) e quelli di interesse comune (su cui cercare invece un minimo di convergenza)? Ci limitiamo a chiederlo. Del resto si sa: domandare è lecito, rispondere è cortesia.
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