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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Il Riformista Rassegna Stampa
18.05.2025 Caccia all’ebreo, Volli: Da Torino dilaga la mostruosa nuova normalità dell’antisemitismo
Intervista di Aldo Torchiaro

Testata: Il Riformista
Data: 18 maggio 2025
Pagina: 4
Autore: Aldo Torchiaro
Titolo: «Caccia all’ebreo, Volli: Da Torino dilaga la mostruosa nuova normalità dell’antisemitismo, comune e rettore dialogano con centro sociale Askatasuna»

Riprendiamo dal RIFORMISTA l'intervista di Aldo Torchiaro a Ugo Volli, dal titolo: "Caccia all’ebreo, Volli: Da Torino dilaga la mostruosa nuova normalità dell’antisemitismo, comune e rettore dialogano con centro sociale Askatasuna".

File:Aldo Torchiaro.png - Wikipedia
Aldo Torchiaro

Amazon.it: Mai più! Usi e abusi del Giorno della Memoria - Volli, Ugo -  Libri
Ugo Volli

I pro-Pal spadroneggiano a Torino, attaccano gli studenti filo-Israele al campus Einaudi, provano a interrompere il Salone del Libro. Per Ugo Volli, la violenza antisemita viene ormai accettata e rischia di diventare "nuova normalità"

Ugo Volli, semiologo e filosofo, tra i promotori dell’ebraismo riformato, ha insegnato a lungo a Torino, nell’università che è stata protagonista delle ultime violenze contro chi difendeva le ragioni di Israele.

Cosa sta succedendo all’Università di Torino?
«In quell’ateneo ho insegnato semiotica dal 2000 al 2022. È troppo spesso in balia di gruppuscoli che provengono dal centro sociale Askatasuna, su cui il Comune di Torino ha deciso di chiudere un occhio e il Rettorato di tenere una linea dialogante. Tanto che il Rettorato avrebbe negato alla Digos di avvicinarsi troppo alle aule dove si teneva il convegno che è stato interrotto».

Quanti sono gli studenti coinvolti?
«Al massimo una cinquantina. Figurarsi che quando si sono presentati alle elezioni universitarie hanno preso il 4% dei voti. Una minoranza rumorosa che si impone con la violenza. La stragrande maggioranza degli studenti sta da un’altra parte e in molti non sopportano più di essere defraudati del loro diritto allo studio. E infatti hanno manifestato contro di loro, con lo striscione: “Vogliamo studiare”. Le risposte sono quelle che si vedono nei video: sputi, spintoni e minacce».

Quindi cosa è stata, questa doppia aggressione antisemita, all’università e al Salone del Libro?
«Due operazioni che hanno dietro la stessa mano, in buona parte erano proprio gli stessi militanti che si sono spostati da un punto all’altro di Torino. E che finiscono per confermare quello che Carlo Greppi, scrivendo di antisemitismo, ha messo al centro del libro del quale hanno impedito la presentazione».

Ne hanno verificate le tesi, insomma.
«Sì, ne hanno verificate le tesi, se ce ne fosse stato bisogno. Ma dell’ondata di nuovo antisemitismo non servono più le conferme: è un dato ormai acquisito e consolidato».

Lei aveva ricevuto minacce, pressioni, a Torino?
«Avevo ricevuto più di una minaccia e non so quanti insulti. Al salone del libro, quando era stato ospite d’onore Israele, ho anche fatto un volantinaggio a favore della libertà di confronto. Mi sentii subito isolato, guardato in cagnesco. Tornato nel mio ufficio all’università trovai un volantino con minacce di morte sulla mia porta. Avvisai la Digos, mi misero in un programma di protezione con un numero da chiamare in caso di aggressione».

Non è la prima volta che ci sono manifestazioni antisemite in piena regola, in quelle aule…
«Il Rettore aveva accettato un anno e mezzo fa la pretesa di questo gruppo, Askatasuna, di intervenire al Senato accademico, cosa che mi risultava proibita dai regolamenti. E poi li ha accontentati, bloccando i contratti per la ricerca con Israele. In particolare c’era un bando per la ricerca agricola in casi di intervenuta siccità, su cui i laboratori partner stavano collaborando. Tutto interrotto per una scelta ideologica, su richiesta di Askatasuna. Esistono le stesse pressioni anche altrove, intendiamoci. Ma il caso di Torino è quello di una città che non reagisce. E una università che non reagisce».

Interessante capire le dinamiche interne. Ma questa propaggine violenta, alla fine, non è un caso a sé. Temo sia l’avanguardia di una maggioranza silenziosa, sempre più pericolosa, di antisemiti diffusi.
«Sì, ma bisogna distinguere. C’è un grande fenomeno molto preoccupante e molto diffuso, con forti agganci con la politica. Che il Comune di Marzabotto abbia deciso di associare il proprio nome a Gaza è, per esempio, molto grave. Ma a Torino si aggiunge un secondo fenomeno: la pavidità e la complicità – nel senso di pas d’ennemi à gauche – per cui gli stessi che facevano fuoco e fiamme in Val di Susa, con azioni di guerriglia, diventano interlocutori accettabili quando si parla di Israele. Nel Pd attuale torna a circolare l’idea maoista per cui ribellarsi è giusto. Ricordiamoci che Torino è la città di Casalegno, la città in cui per la prima volta le Br uccidono un giornalista. Oggi mi sembra che rispetto a certi fenomeni, Torino non abbia gli anticorpi».

E la borghesia torinese, il mondo della cultura, dell’impresa?
«Non pervenuta. Ha perso la voce, complice una percezione degli ebrei e di Israele che è sempre più vicina all’odio. D’altronde l’antisemitismo è oggi il sentimento dominante in buona parte d’Italia…»

Dominante? Purtroppo diventato accettabile da tutti, se non dominante…
«No, no: purtroppo dominante. L’antisemitismo era considerato accettabile anni fa, poi è diventato dominante. Le racconto una cosa: faccio parte di una chat universitaria, di intellettuali che parlano di filosofia, studi, cultura. Una settimana fa, dopo aver reso noto il mio ricorso contro una trasmissione Rai, una nota professoressa – estemporaneamente, dal nulla – ha scritto in quella chat che o mi spiegavo, sostanzialmente scusandomi, o dovevo lasciare la chat».

Siamo alla cacciata dell’ebreo.
«Una richiesta insensata, a suo modo violenta. Cui ha fatto seguito un silenzio generale, salvo qualcuno che ha preso le mie difese. E solo per aver sostenuto, con un ricorso presentato insieme con Carlo Giovanardi e Iuri Maria Prado, che un programma Rai fosse sfociato nel pregiudizio. La pretesa è quella di ridurre al silenzio, cancellare e nascondere gli ebrei. Eliminandoli intanto culturalmente, con un processo di normalizzazione dell’antisemitismo che diventa, piano piano, quotidiano. Mostruosamente normale».

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redazione@ilriformista.it

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