Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
Jonathan Peled, Ambasciatore di Israele: È Hamas che sequestra il cibo Intervista di Giordano Stabile
Testata: La Stampa Data: 18 maggio 2025 Pagina: 11 Autore: Giordano Stabile Titolo: «È Hamas che sequestra il cibo. Va distrutta o non ci sarà pace»
Riprendiamo dalla STAMPA del 17/05/2025 a pag. 11 con il titolo "È Hamas che sequestra il cibo. Va distrutta o non ci sarà pace", l'intervista di Giordano Stabile all'ambasciatore di Israele Johathan Peled.
Giordano Stabile
Jonathan Peled, Ambasciatore di Israele
Israele «è l'unico Paese al mondo che fornisce aiuti umanitari al suo nemico durante un conflitto» ma in questo momento è impossibile farlo senza restrizioni «perché finiscono tutti ad Hamas che li usa per rafforzarsi e finanziarsi, e non per soccorrere la popolazione civile». L'ambasciatore israeliano in Italia Jonathan Peled, che da giovane diplomatico ha partecipato ai negoziati di Oslo con il governo di Shimon Peres, va subito al nocciolo del problema, la questione più drammatica della guerra a Gaza, quella che sta mettendo lo Stato ebraico sempre più in imbarazzo, anche con i suoi alleati occidentali.
Questa è la guerra più lunga nella storia di Israele, quella che ha causato più vittime civili, e ancora non è finita. Israele può vincerla?
«Israele deve vincerla, ma non solo per se stessa, deve farlo per tutto l'Occidente. È una guerra contro un'organizzazione terroristica che condivide l'ideologia estremista e fanatica di Al-Qaeda, dell'Isis. L'Occidente ha sconfitto questi gruppi e adesso Israele, con l'aiuto degli alleati occidentali, deve sconfiggere Hamas. Hamas, sottolineo, non certo il popolo palestinese».
Ma nell'opinione pubblica occidentale cresce la convinzione che la popolazione civile stia pagando un prezzo sproporzionato. Come si può rimediare?
«Il teatro di Gaza è il più difficile perché in vent'anni di potere assoluto Hamas si è infiltrata in tutta la società, e anche nelle organizzazioni umanitarie, come l'Unrwa. Per questo riteniamo che dare aiuti attraverso l'Unrwa, per esempio, sia sbagliato. Bisogna arrivare in maniera diretta alle donne e ai bambini palestinesi. In questo senso apprezziamo molto l'iniziativa italiana Food for Gaza, e il lavoro che sta portando avanti il vostro ministro degli Esteri Antonio Tajani».
I tank israeliani stanno per rientrare nella Striscia, i colloqui a Doha sono in stallo nonostante la spinta americana. Da diplomatico di lungo corso, vede ancora chance per una soluzione negoziale?
«Il primo obiettivo di Israele è riportare a casa gli ostaggi, i vivi e i morti, e credo che si possa arrivare un cessate il fuoco e al rilascio dei sequestrati. L'altro obiettivo è sconfiggere Hamas. Non certo uccidere tutti i loro combattenti, ma sottrargli il controllo di Gaza, questo sì. Serve una Striscia senza Hamas».
Ma per restituirla all'Anp di Abu Mazen? Anche i negoziati con l'Autorità palestinese sono in stallo… Come si può arrivare a una pace duratura, ai "due popoli, due Stati" sognati a Oslo?
«Il problema principale per Israele è che manca una leadership palestinese, un interlocutore affidabile. L'Autorità di Ramallah è molto indebolita. Dall'altro lato non puoi negoziare con qualcuno che ha come unico obiettivo ucciderti, distruggerti, cancellarti, come vogliono fare i terroristi di Hamas e i loro alleati, Hezbollah, l'Iran, gli Houthi».
Anche Arafat era considerato un terrorista, ma Isaak Rabin gli strinse la mano, per arrivare a un'intesa…
«Oggi ci troviamo di fronte a estremisti spinti da un fanatismo radicale. Ripeto, simili ad Al-Qaeda e all'Isis. Un negoziato diretto è molto più difficile. Ci aiutano i nostri alleati regionali, come l'Egitto, la Giordania, Stati arabi che hanno fatto la pace con Israele. Una convivenza è possibile, ed è quello che vogliamo: vivere in pace con i nostri vicini».
L'asse sciita guidato dall'Iran, principale sostenitore di Hamas, è uscito molto indebolito da questa guerra. Ma ora il principale alleato di Israele, l'America di Donald Trump, vuole un accordo con Teheran. Vi dà fastidio?
«Gli Stati Uniti sono sempre stati alleati di Israele e tutti i presidenti nostri amici, chi più chi meno. Abbiamo interessi comuni. Uno è fermare il programma nucleare iraniano. Non spetta noi dire all'America come arrivarci, qual è la via migliore, più veloce, più efficace. L'importante è ottenere il risultato. Ci fidiamo degli Stati Uniti perché condividiamo gli obiettivi strategici e gli stessi valori. Che poi sono la democrazia, la libertà di espressione, la tolleranza. Sono i pilastri di Israele. E anche quelli dell'Italia».
C'è il rischio che il disastro umanitario a Gaza incrini il rapporto con il nostro Paese?
«L'Italia è un partner strategico. Ha un ruolo importante di stabilizzazione nel Mediterraneo e negli Stati attorno a noi, per esempio in Libano. E, come dicevo, condividiamo gli stessi valori. Non credo che tutto questo possa essere in discussione. Ma ho un altro tipo di preoccupazione».
E cioè?
«L'antisemitismo. È in crescita, anche in Italia purtroppo. C'è un'intolleranza preoccupante nei confronti della comunità ebraica. Viene impedito di parlare a studenti, intellettuali, scrittori ebrei. Lo abbiamo visto anche qui, giovedì, all'Università di Torino, al Campus Einaudi. Credo che le autorità italiana debbano cercare di prevenire questi episodi».
I manifestanti però dicono che l'antisemitismo non c'entra nulla, che loro lottano per difendere i diritti dei palestinesi…
«L'antisionismo è una forma di antisemitismo. Mi permetta di citare un discorso del vostro presidente Sergio Mattarella, che tenne proprio qui a Torino, prima capitale italiana e culla del Risorgimento. Accostò il sionismo al Risorgimento, come spinta ideale che ha portato alla nascita di una nazione e disse che "talvolta l'antisemitismo si fa schermo dell'anti-sionismo».
E come si combatte?
«Con la conoscenza. I manifestanti si dicono pro-Pal ma non sanno che in realtà danneggiano i palestinesi con il loro sostegno implicito ad Hamas. Non sanno che l'antisionismo è un piano inclinato scivoloso, che l'ostilità verso Israele porta all'ostilità verso gli ebrei, e non si ferma lì. Poi magari si arriva all'ostilità verso altre minoranze, che so, verso la comunità Lgbtq, e così via. Lo abbiamo già sperimentato. Abbiamo visto già attacchi a Liliana Segre… non vogliamo sperimentarlo di nuovo. Abbiamo questa responsabilità».
Per inviare la propria opinione alla Stampa, telefonare 011/ 65681, oppure cliccare sulla e-mail sottostante