Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
Israele insiste. Con Trump al fianco Commento di Fiamma Nirenstein
Testata: Il Giornale Data: 18 maggio 2025 Pagina: 12 Autore: Fiamma Nirenstein Titolo: «Israele insiste. Con Trump al fianco»
Riprendiamo dal GIORNALE di oggi 18/05/2025 a pag. 12 il commento di Fiamma Nirenstein dal titolo: "Israele insiste. Con Trump al fianco".
Fiamma Nirenstein
L'Operazione Carri di Gedeone, la nuova offensiva di terra a Gaza, è un passo in più di Israele per stanare Hamas. Netanyahu deve mandar giù tutto quel che (di brutto) ha detto Trump nella sua visita ai paesi del Golfo, compresi i complimenti al leader jihadista della Siria. Perché l'importante è che Trump lasci fare Israele, non lo disturbi nella sua guerra di sopravvivenza.
Due equivoci stravolgono oggi la discussione intorno al Medio Oriente, Israele e la guerra di Gaza. Il primo riguarda l’atteggiamento di Trump verso Israele e in particolare verso Netanyahu, descritto ormai spesso come un innamorato abbandonato. Invece c’è solo uno scenario nuovo: Israele conferma una funzione basilare nella stravagante politica MAGA in Medio Oriente, ma capirla bisogna scavalcare la traversata scenografica e ondivaga del presidente da Riad a Doha a Abu Dhabi, lasciare da parte l’impressione nel sentire chiamare l’ex terrorista al Shaara “un affascinante giovane”, ed esclamare che Bin Salman “gli piace troppo” mentre firma un accordo di miliardi (142 per la vendita di armi, fra gli altri). Sì, i suoi uomini hanno parlato direttamente con Hamas per liberare il rapito americano Eidan Alexander, gli USA hanno fatto un accordo a parte con Houty purché non bombardino le navi sul Mar Rosso…ma il suo richiamo alla necessità dell’Arabia Saudita e di tutto il suo Nuovo Medio Oriente di entrare nei Patti di Abramo tiene Israele al centro del tavolo, senza Israele non esistono patti di Abramo. E questa Israele, secondo il disegno strategico di Netanyahu, dona sicurezza a tutto questo Medio Oriente con la sconfitta di Hamas e della Fratellanza Musulmana e (solo ieri è stata seppellita Tzeela Getz, uccisa sulla strada verso l’ospedale per partorire in uno dei 2200 attacchi da gennaio a marzo, riusciti o scoperti).
La costruzione che implica emirati, sauditi, altri paesi come l’Egitto e la Giordania, altrimenti rischia il terremoto continuo. Solo ieri a Fox News Trump ha ribadito la sua ammirazione per Netanyahu che “arrabbiato” per i crimini del 7 di ottobre” fra “i più violenti della storia dell’umanità” “combatte duramente e con coraggio”. E’ la realtà: le riserve tornano al fronte nell’ansia terribile delle famiglie che restano di nuove sole in attesa, siamo ancora alla solitudine in cui Israele occupò Rafiah, mentre la proibizione internazionale si avventa su Israele sull’onda delle mille menzogne sulla crudeltà di un esercito che unico al mondo ha cercato di ridurre al massimo le perdite civili. Se Hamas consegnasse i rapiti e le armi non ci sarebbe più bisogno di combattere, lo sa anche chi usa per attizzare l’antisemitismo la menzogna del “genocidio” con quel classico rovesciamento delle responsabilità di cui parlava già Robert Wistrich disegnando l’antisemitismo contemporaneo (“nazisti diventano gli ebrei...”). Il tentativo odierno della guerra è costringere Hamas in un angolo perché consegni le armi e i rapiti. Arduo capire cosa c’è di così esoterico in questo, come si possa pensare che questo disegni un piacere nel combattere. Queste è una guerra di sopravvivenza. E nella condanna quasi unanime, ormai, contro la decisione di Netanyahu, come al tempo di Rafiah, di non mollare, c’è un’accettazione implicita dei crimini del 7 di ottobre e l’assorbimento sociale delle menzogne su Israele e i suoi supposti crimini di guerra. Per esempio la situazione umanitaria che in queste ore si cerca di migliorare con forze internazionali, è stata resa drammatica proprio da Hamas che ha sequestrato il cibo armi alla mano. Tutto filmato, mentre si accusa Israele.
La morte dei civili, pure molto contenuta rispetto ai numeri di qualsiasi altra guerra (uno a uno nella proporzione coi combattenti) è stata legata alla onnivora utilizzazione di hamas delle case, degli ospedali,delle scuole, delle camere dei bambini e dalla proibizione alla gente a rifugiarsi nelle gallerie. La nazificazione del territorio ha provocato l’adesione popolare dall’infanzia in avanti al terrorismo, e quindi l’esposizione maggiore di persone usate come complici, basta pensare al funerale della famiglia Bibas. Israele non può pena la vita, lasciare in vita questa struttura. Trump qui torna in scena:il presidente che si è mosso in Medio Oriente alla ricerca soprattutto di una rivoluzione economica che lo renda l’innovativo salvatore di un’America in crisi, offre a Israele ancora una vasta opportunità di inserirsi in una grande gioco. Ma Israele non può accettare, pena la sua decadenza come forza militare ed innovativa, che la sicurezza sia un’ombra sul suo futuro, deve combattere per la vita e anche farsi sentire sull’Iran. Le trattative con gli ayatollah hanno un andamento molto incerto, ma Trump ha più volte affermato che comunque l’Iran non avrà la bomba atomica e ieri Khamenei gli ha dato del bugiardo.Trump ha anche evitato, pur disegnando un futuro rivoluzionario di Gaza, di parlare di “Stato palestinese” come invece fanno gli Europei; ha lasciato perdere la questione degli insediamenti cui Biden era affezionato.. Il tavolo dei rapporti è pulito. Resta un punto interrogativo non da poco: una grande coalizione islamica, oltre al grande business, può accettare la pace con l’Occidente?
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