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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Il Foglio Rassegna Stampa
17.05.2025 Usa: Salman Rushdie accusato di islamofobia
Commento di Giulio Meotti

Testata: Il Foglio
Data: 17 maggio 2025
Pagina: 1
Autore: Giulio Meotti
Titolo: «I mullah del campus»

Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 17/05/2025, a pagina 1/2, il commento di Giulio Meotti dal titolo: "I mullah del campus"

Informazione Corretta
Giulio Meotti
BBC Two - Salman Rushdie: Through a Glass Darkly
“Salman Rushdie è islamofobo, non deve parlare.” E così lo scrittore non viene invitato all’università, sotto fatwa, diventa persona non grata nei campus americani. Ormai siamo sull’orlo del baratro accademico, dove regna la censura e muore il rigore scientifico. Anche le università più prestigiose del mondo sembrano ormai gestite da Ayatollah

Roma. Nel giugno del 1989, la London School of Economics cancellò un incontro a sostegno di Salman Rushdie temendo una “reazione violenta da parte deimusulmani”. Erano i giorni della fatwa di Khomeini,quando agli uffici della Viking di Londra, che aveva pubblicato “I versi satanici”, arrivarono i pacchi bomba, e quando Rushdie dovette tenere una lezione all’Institute of Contemporary Arts di Londrafu l’amico e premio Nobel Harold Pinter a leggerla al posto suo. Seguirono gli anni terribili in cui il traduttore giapponese di Rushdie fu ucciso, quello norvegese si prese una pistolettata e quello italiano una coltellata. La Viking spenderà tre milioni di dollari in misure di sicurezza, ma non vacillò sulla libertà di parola. Oggi non si fa che vacillare.

Due giorni fa, Salman Rushdie ha cancellato il discorso che avrebbe dovuto tenere alla consegna dei diplomi in un college californiano a seguito delle proteste di gruppi e studenti del campus che lo hanno accusato di “islamofobia”, dichiarandolo “persona non grata”. Rushdie non parlerà dunque al Claremont McKenna College, in California. La Muslim Student Association aveva criticato la scelta di Rushdie da parte del college, definendola “irrispettosa” e non in linea con l’impegno dell’università per l’“inclusione”. Rispetto e inclusione: ora in nome di queste parole d’ordine si cancella lo scrittore sulla cui testa pende una taglia da quattro milioni di dollari e a cui un sicario iraniano ha tolto un occhio in un attentato a New York (ieri Hadi Matar è stato condannato a 25 anni di carcere). Anche il Consiglio per le relazioni americano-islamiche aveva protestato per la presenza dello scrittore, accusando Rushdie di “aver fatto dichiarazioni preoccupanti sui musulmani e la Palestina”. Rushdie aveva detto che le proteste filopalestinesi nei campus sono paragonabili al sostegno a “un gruppo terroristico fascista” e che uno stato palestinese a Gaza oggi sarebbe “come quello dei talebani”.

E pensare che al tempo della fatwa di Khomeini, Andy Ross, il proprietario della libreria Cody’s Books a Berkeley, vide i suoi locali distrutti da una bomba. Dopo l’attentato, Ross riunì lo staff: “Dissi loro che dovevamo prendere una decisione difficile. Dovevamo decidere se continuare a vendere ‘I versi satanici’ e rischiare la vita per ciò in cui credevamo. Oppure adottare un approccio più cauto e compromettere i nostri valori. Quindi abbiamo votato. All’unanimità e per continuare a vendere il libro. Fu il giorno di cui sono più orgoglioso della mia vita”. Di quell’orgoglio sembra restare ben poco. 

Rushdie dunque come Ayaan Hirsi Ali, la dissidente islamica ed ex parlamentare olandese che avrebbe dovuto ricevere una laurea honoris causa dalla prestigiosa Brandeis University di Boston. Ma una massiccia petizione e le proteste degli accademici hanno costretto l’ateneo a fare marcia indietro e a ritirare il riconoscimento. Una straordinaria donna di colore, una musulmana dalla Somalia, che ha rischiato tutto per essere libera in occidente, non ha potuto dunque prendere la parola nel paradiso del pluralismo americano, il Massachusetts. E al Macalester College, nel Minnesota, è censurata la mostra di un’artista iraniana, Taravat Talepasand, che aveva realizzato una scultura che recita “Donna, vita, libertà” (lo slogan delle donne iraniane) in inglese e farsi e una satira di Khomeini e donne che indossano il niqab mentre si tirano su le vesti.

Rushdie lo aveva previsto in “Languages of Truth”. Vi spiegava che i nuovi inquisitori oggi non sono soltanto quelli che portano il turbante a Teheran, ma giacca, cravatta e jeans nei lindi campus d’occidente. “Il vecchio apparato religioso della blasfemia, dell’inquisizione, dell’anatema, tutto questo potrebbe essere sulla via del ritorno sotto forma laica”. E’ in gioco, scrive Rushdie, la società aperta: “Deve consentire l’espressione di opinioni che alcuni membri di quella società possono trovare spiacevoli. O entriamo nel problema di chi dovrebbe avere il potere di censura. Quis custodiet ipsos custodes. Chi ci proteggerà dai guardiani?”. Siamo sempre lì.

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