Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
Coraggio è togliersi il velo a Kabul e Teheran, non metterselo davanti a miliardari che si abbuffano di caviale Newsletter di Giulio Meotti
Testata: Newsletter di Giulio Meotti Data: 16 maggio 2025 Pagina: 1 Autore: Giulio Meotti Titolo: «Coraggio è togliersi il velo a Kabul e Teheran, non metterselo davanti a miliardari che si abbuffano di caviale»
Riprendiamo l'articolo di Giulio Meotti, dalla sua newsletter, dal titolo: "Coraggio è togliersi il velo a Kabul e Teheran, non metterselo davanti a miliardari che si abbuffano di caviale".
Giulio Meotti
L'attrice francese Juliette Binoche crede di essere coraggiosa indossando il velo (a parte che, vestita così, in Iran la arresterebbero, tanto per cominciare). Facile fare gli islamicamente corretti, quando si vive in Europa e si fa parte del ceto più ricco e immune agli effetti dell'immigrazione islamica. Il vero coraggio è piuttosto quello delle donne che si levano il velo in Iran e in Afghanistan, rischiando la vita.
La presidente del Festival di Cannes di quest'anno è Juliette Binoche, splendida attrice ma anche bobo di sinistra incorreggibile militante dell’ecologismo beat. Si è presentata con uno strano velo in testa a Cannes. Forse un hijab glamour? Un mezzo velo ammiccante? Un chador bianco chic? In ogni caso, sembrava una specie di Madonna islamicamente corretta.
È facile essere di sinistra quando si nuota nei milioni e non si rischia niente nella rive gauche. Ma coraggio è togliersi il velo a Kabul (dove i Talebani frustano le donne in pubblico) e Teheran (dove i Mullah frustano le donne in carcere), non mettersene uno davanti a un'assemblea di artisti e miliardari che si abbuffano di caviale mentre parlano di “sostenibilità”.
Già due anni fa, un’attrice si era presentata velata a Cannes e le femministe avevano applaudito in nome dell’“inclusione” e del solito banale politically correct. Nessuno si aspettava certo le parole dal palco di Zahra Amir Ebrahimi, l’attrice iraniana che ha vinto il premio come migliore attrice a Cannes per il suo ruolo nel film Holy Spider del regista Ali Abbasi. Ebrahimi ha detto che “le donne sono oppresse in Afghanistan, in Iran, in Mali e….nelle banlieue parigine”.
Banlieue parigine? Infatti nessun giornale italiano l’ha ripresa.
Sì, dovrebbe chiederlo al poeta e scrittore algerino Kamel Bencheikh, che ho intervistato la scorsa settimana. Bene, Bencheikh denuncia quello che è successo alla figlia nel XIX arrondissement di Parigi. “Intorno alle 23 mia figlia Élise aspettava l’autobus della linea 60 con un’amica, alla fermata Botzaris vicino al parco delle Buttes-Chaumont. Quando è arrivato, l’autista si è fermato, le ha guardate ed è ripartito senza aprire le porte”. Il conducente ha detto alla figlia di Bencheikh, che portava la minigonna: “Pensa a vestirti come si deve”.
Non ho idea di quali film siano in gara a Cannes e non voglio saperlo (per me Cannes è il lungomare e dove è morto Alexis de Tocqueville), ma avrei qualche suggerimento: “Il risveglio dei pronomi neutri”, “La ricerca di uno spazio sicuro”, “Fare a pezzi il patriarcato bianco”, “L’Odissea inclusiva”, “Salam”, “Decolonizza il tuo cuore” e “Allah-La-Land”.
In qualità di presidente della giuria, Binoche ha pronunciato un messaggio carico di solennità. Ha parlato di conflitti globali, di sofferenza umana e di responsabilità degli artisti. L’attrice si è poi persa nelle proprie parole. “Umidità... umiltà e l'umidità dell'hummus, che è umiltà”, ha detto a un pubblico un po’ perplesso. L'attrice ha reso omaggio alla fotoreporter palestinese Fatima Hassouna, uccisa a Gaza il mese scorso. “Fatima avrebbe dovuto essere con noi stasera”. Neanche i fratellini Bibas erano a Cannes, ma Juliette non ha trovato parole per loro. Poco fashion.
E mentre Santa Juliette ci educava sull’umidità dell’hummus, un’altra donna israeliana incinta veniva uccisa dai terroristi che vanno forte sul tapis rouge.
Molto meglio Gwyneth Paltrow, rea di aver chiesto: “Dove sono le femministe?”, facendo il nome di Shani Louk, la ragazza israeliana stuprata e smembrata come un cinghiale. Finché Paltrow parlava male di Harvey Weinstein andava bene, ma su Hamas cali il sipario.
Gli artisti presenti a Cannes hanno lanciato su Libération un manifesto contro il “genocidio in corso a Gaza”. Tra i firmatari nomi come Richard Gere, Xavier Bardem, Susan Sarandon, David Cronenberg, Pedro Almodovar e una vagonata di italiani (Mario Martone, Paolo Sorrentino, Gianni Amelio, Sergio Castellitto, Gabriele Muccino, Jasmine Trinca, Laura Morante, Francesca Archbugi, Isabella Ferrari, Matteo Garrone, Valerio Mastrandrea e altri).
È legittimo preoccuparsi per Gaza, ma in questo testo viene adottata la narrazione di Hamas, il che è un po’ più problematico.
L’appello è un capolavoro di strabismo occidentale: “Perché il cinema, fucina di opere socialmente impegnate, sembra disinteressato all'orrore della realtà e all'oppressione subita dai nostri colleghi? Noi artisti e operatori culturali non possiamo rimanere in silenzio mentre a Gaza è in corso un genocidio e queste notizie indicibili colpiscono duramente le nostre comunità. L’estrema destra, il fascismo, il colonialismo, i movimenti anti-LGBTQIA+, i movimenti sessisti, razzisti, islamofobi e antisemiti stanno combattendo le loro battaglie sul terreno delle idee, attaccando l'editoria, il cinema e le università, ed è per questo che abbiamo il dovere di reagire. Rifiutiamoci di permettere alla nostra arte di essere complice del peggio. Ribelliamoci”.
Bravi! Bis!
A Gaza al potere da 18 anni c’è un movimento islamico che uccide gli omosessuali e stupra e mutila le donne. Ribellatevi!
Per la resistenza da tapis rouge è un gran momento. Non si sono mai visti così tanti cattivoni in giro, anche se per questi privilegiati Putin, Xi, Hamas e gli altri non potranno mai essere abbastanza cattivi quanto Israele e Trump (e in generale l’Occidente).
L’ex ostaggio Dafna Elaykim ha appena condiviso pubblicamente per la prima volta gli abusi subiti durante la prigionia nelle mani di Hamas. Dafna ha rivelato che uno dei suoi carcerieri la molestava. “Uno dei terroristi mi toccava continuamente. Diceva che avrebbero liberato tutti tranne me, perché voleva sposarmi. Insisteva per accompagnarmi alla doccia”.
MeToo! Se non ora, quando? “La Rivoluzione comincia sulla Croisette” potrebbe essere un bel titolo per un film.
Il velo sarà anche di moda, ma la scollatura occidentale di Binoche non sarebbe ben accetta a Gaza, a Teheran e a Kabul. Ora, alla bella Juliette non resta che annunciare la conversione all’Islam. In fondo, intimano le attrici di Cannes, “le donne devono mettere il clitoride sul tavolo”. Anche se dovessero passare dall’infibulazione.
La newsletter di Giulio Meotti è uno spazio vivo curato ogni giorno da un giornalista che, in solitaria, prova a raccontarci cosa sia diventato e dove stia andando il nostro Occidente. Uno spazio unico dove tenere in allenamento lo spirito critico e garantire diritto di cittadinanza a informazioni “vietate” ai lettori italiani (per codardia e paura editoriale).
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