Un filmato recuperato dall’esercito israeliano durante le operazioni nella Striscia di Gaza mostra sei ostaggi israeliani mentre cercano di accendere le candele della festa di Hanukkah in un tunnel con scarso ossigeno. I sei ostaggi sono Hersh Goldberg-Polin, 23 anni, Eden Yerushalmi, 24 anni, Ori Danino, 25 anni, Alex Lobanov, 32 anni, Carmel Gat, 40 anni, e Almog Sarusi, 27 anni. Il filmato risale al dicembre 2023. Otto mesi dopo, il 29 agosto 2024, all’approssimarsi delle Forze di Difesa israeliane al tunnel sotto il quartiere di Tel Sultan, a Rafah (Striscia di Gaza meridionale), tutti e sei gli ostaggi furono assassinati con un colpo alla testa dai terroristi palestinesi.
Hamas non rispetta nemmeno i bimbi morti Commento di Daniele Capezzone
Testata: Libero Data: 21 febbraio 2025 Pagina: 15 Autore: Daniele Capezzone Titolo: «Hamas non rispetta nemmeno i bimbi morti»
Riprendiamo da LIBERO di oggi 21/02/2025, a pag. 15, con il titolo "Hamas non rispetta nemmeno i bimbi morti", l'editoriale di Daniele Capezzone.
Daniele Capezzone
Uno spettacolo grottesco allestito da Hamas per la restituzione dei corpi degli ostaggi che hanno ucciso. Tutto all'insegna dello scaricabarile: i terroristi danno la colpa a Netanyahu per la loro morte. Non rispettano nemmeno i corpi dei bambini Kfir e Ariel Bibas.
Anche l’orrore, pure l’abominio, perfino un atto bestiale come quello a cui abbiamo assistito ieri può – per atroce paradosso – rivelarsi utile a qualcosa.
Per esempio, a ricordarci la differenza tra “noi” e “loro”.
“Loro” sono le belve di Hamas, capaci di organizzare un macabro spettacolino, un lugubre show, usando come oggetti perfino dei poveri corpi ormai freddi, delle salme indifese e incolpevoli. Anche per questi resti inanimati i terroristi hanno immaginato un rituale di degradazione, esattamente come avevano fatto nelle settimane scorse per gli ostaggi restituiti da vivi: l’esposizione delle bare, frasi di propaganda, foto, più munizioni per alludere a presunte responsabilità di Israele.
Con rispetto parlando, fa ridere e piangere che un rappresentante dell’Onu (cioè dell’organizzazione che non ha visto nulla per anni, che ha coccolato l’Unrwa, che non si è accorta di ciò che i terroristi organizzavano a Gaza), ieri, si sia improvvisamente ricordato dell’esistenza di convenzioni internazionali e di norme che avrebbero dovuto impedire trattamenti inumani e degradanti per la riconsegna degli ostaggi (vivi o morti).
Ma – ecco il punto – Hamas non sta semplicemente violando una manciata di norme del diritto internazionale: sta consapevolmente violentando qualsiasi cosa assomigli a princìpi di umanità e di umanesimo.
Da quando esiste la civiltà umana, anche nelle sue forme più primitive, non è mai mancato il culto dei morti, un rispetto speciale e una pietà assoluta verso i defunti.
Ma Hamas sfonda anche quest’ultima porta, travolge tutto: i morti, la maternità (uno dei quattro corpi era quello di una madre), l’infanzia (i due bimbi di quella mamma). Se possibile, ancora più significativo è il fatto che il medesimo oltraggio sia stato riservato pure al quarto cadavere, quello di un anziano giornalista notoriamente pacifista e filo-palestinese.
Per chi non l’avesse ancora capito, per chi (tonto o crudele, spontaneo o spintaneo) tuttora continua a solidarizzare con le belve, Hamas ritiene che la vita umana non abbia mai alcun valore: né la vita degli ebrei (da massacrare, ovviamente) né quella degli stessi palestinesi (il cui sangue va versato e usato come carburante per far correre altro odio), né quella dei nemici né quella degli amici. Anziani, donne, bambini: non c’è limite, non c’è freno inibitorio, non c’è tabù. Il feroce nichilismo di chi ama solo la morte e il dolore da infliggere non si ferma davanti a niente.
Colpisce il silenzio, l’imbarazzo, l’afasia di troppi, anche dalle nostre parti. Tanti che erano stati loquacissimi contro Netanyahu e Gerusalemme ieri sono rimasti afoni: non una parola, non una sillaba, non un tweet. Pochissimi a sinistra, invece, si sono risvegliati proprio nelle ultime ventiquattr’ore e hanno balbettato una qualche condanna di Hamas: venendo tuttavia aggrediti dai loro stessi followers, nutriti da almeno 500 giorni a base di odio contro Netanyahu.
E non occorre particolare preveggenza per immaginare le prossime sequenze del film. È prevedibile che, quando sarà stato completato il recupero degli ultimi ostaggi, il premier israeliano e Donald Trump potranno decidere di regolare definitivamente i conti con Hamas: la scena di ieri “chiama” inevitabilmente una sorta di vendetta biblica. Ecco: è fin troppo facile scommettere che, in quel momento, i “muti” di ieri torneranno a parlare, e i timidi si riscopriranno spavaldi: contro Gerusalemme e contro Washington, come sempre.
E qui – allora – si arriva all’altro termine della questione: non “loro” ma “noi”. Se è maledettamente chiaro chi siano “loro”, cioè i terroristi islamici, non è invece affatto scontato chi possa o voglia essere ricompreso nel “noi”. Come Libero non cessa di scrivere da sempre, difendere Israele significa riaffermare le ragioni stesse dell’Occidente e della libertà contro la barbarie islamista. Ma sono in tanti nel mondo – in primo luogo a sinistra, e forse non solo – a mancare all’appello in questa battaglia di civiltà.
Per inviare a Libero la propria opinione, telefonare: 02/99966200, oppure cliccare sulla e-mail sottostante