Un filmato recuperato dall’esercito israeliano durante le operazioni nella Striscia di Gaza mostra sei ostaggi israeliani mentre cercano di accendere le candele della festa di Hanukkah in un tunnel con scarso ossigeno. I sei ostaggi sono Hersh Goldberg-Polin, 23 anni, Eden Yerushalmi, 24 anni, Ori Danino, 25 anni, Alex Lobanov, 32 anni, Carmel Gat, 40 anni, e Almog Sarusi, 27 anni. Il filmato risale al dicembre 2023. Otto mesi dopo, il 29 agosto 2024, all’approssimarsi delle Forze di Difesa israeliane al tunnel sotto il quartiere di Tel Sultan, a Rafah (Striscia di Gaza meridionale), tutti e sei gli ostaggi furono assassinati con un colpo alla testa dai terroristi palestinesi.
Coloni, aiuti e armi: la Casa Bianca c’è e fa tirare a Israele un sospiro di sollievo Commento di Fiamma Nirenstein
Testata: Il Giornale Data: 23 gennaio 2025 Pagina: 12 Autore: Fiamma Nirenstein Titolo: «Coloni, aiuti e armi: la Casa Bianca c’è e fa tirare a Israele un sospiro di sollievo»
Riprendiamo dal GIORNALE di oggi 23/01/2025 a pag. 12 il commento di Fiamma Nirenstein dal titolo: "Coloni, aiuti e armi: la Casa Bianca c’è e fa tirare a Israele un sospiro di sollievo".
Fiamma Nirenstein
Fra i primi ordini firmati da Trump, anche la revoca delle sanzioni ai "coloni", lo sblocco degli aiuti militari ad Israele. E finalmente anche la fine del finanziamento Usa all'UNRWA, la fucina di terroristi palestinesi dell'ONU. L'America c'è ancora e Israele tira un respiro di sollievo.
Il gioco facile dello snobismo internazionale circa la psiche e il comportamento di Donald Trump si arresta sulla soglia di Israele. Come è naturale in una democrazia, parte dei giornalisti e degli intellettuali si mostra diffidente, ma in genere il respiro di sollievo è grande: è stato sorprendente vedere Trump condividere la scena dell’inaugurazione con numerosi parenti dei rapiti e coi rapiti liberati, esclamare la determinazione di riportarli a casa fino all’ultimo, mostrare un accorato dispiacere perché Doron, appena restituita, ha avuto due dita amputate dai selvaggi di Hamas. Trump è un miracolo per Israele, resta l’uomo che ha portato l’ambasciata a Gerusalemme nel 2017 e i Patti d’Abramo nel 2020. È lo scampato pericolo da Kamala Harris che aveva promesso di salvaguardare il diritto alla difesa dello Stato ebraico solo “se” avesse accettato un cessate il fuoco a qualsiasi condizione, per rimediare alle accuse di aver affamato Gaza.
Trump ha forse chiesto a Israele il tavolo pulito all’inaugurazione, il suo inviato Steve Witkoff si è preso il merito dell’accordo firmato: ma la leadership israeliana dice che la decisione era presa da tempo, e che ha deciso quando Hamas ha dovuto accettare, anche per le minacce di Trump ma soprattutto perché indebolita e isolata, un cessate il fuoco fino al prossimo stadio rinunciando alla fine della guerra. Trump si è tirato indietro alla domanda se l’accordo reggerà: può darsi che si tratti della consapevolezza che l’accordo c’è se Hamas non lo rompe, e Israele vorrà allora riprendere il combattimento. Trump ha ripetuto che Hamas non deve sopravvivere come padrone di gaza, e lo ha ripetuto il suo team governativo, tutto: il consigliere di Stato Marco Rubio, il consigliere nazionale per la difesa Mike Waltz, il ministro della difesa Pete Hegseth, il nuovo ambasciatore a Gerusalemme Mike Huckabee, la nuova ambasciatrice all’ONU Elise Stefanik e altri. Per esempio sull’appartenenza a Israele della Giudea e la Samaria, che fu destituita di ogni legalità e della sua stessa storia da una mozione dell’ONU del 23 dicembre 2016 per iniziativa di Obama, riaprono una difficile discussione, e da oggi le espressioni “coloni” e “colonie”, “West Bank” o “territori occupati” dovranno essere rimessi in gioco. Sono molto espliciti i cinque “executive orders” appena varati: il numero 14115 cancella le sanzioni che Biden aveva applicato, a un gruppo di “settler” giudicati fuori legge: l’ordine ripristina il diritto di Israele a giudicare i suoi dentro e fuori i “territori” ed è molto importante per la fiducia che viene ripristinata sulla sua etica e il suo giudizio. Gli altri executive orders rifiutano le risoluzioni dell’International Criminal Court e dell’International Court of Justice, che hanno accusato Israele di genocidio e di crimini contro l’umanità e ordinato di arrestare il suo Primo Ministro e il suo Ministro della Difesa, oltre a indurre una caccia ai soldati all’estero. Ancora: è sospeso l’aiuto economico a varie istituzioni ritenute pericolose, fra cui l’UNRWA; è stata ordinata la deportazione degli studenti stranieri scoperti a sostenere idee e organizzazioni terroriste, come Hamas, l’Isis, Al Qaeda; è sollevato l’embargo dalla consegna di armi importanti, come bombe di profondità. SI ripristina il diritto all’autodifesa e di stabilirne la legittimità come prerogativa solo di Israele. Così, si allude all’obiettivo centrale per un nuovo Medio Oriente: la eliminazione del pericolo iraniano.
Hic Rodhus, alla fine: se Trump vuole che i Patti di Abramo, finalmente con la presenza dell’Arabia saudita, tornino a splendere con la sua firma, la strada sembra quella; ma l’Iran, alleato della Russia, cerca di sdoganarsi come convertito e il suo uranio arricchito come destinato a uso civili. Lo si è visto anche ieri in una intervista pubblica dell’ex ministro degli esteri Jawad Zarif all’Economic Forum di Davos. Dall’appeacement verso l’Iran è uscito il 7 di ottobre. Trump certo ci pensa su; per essere veramente amico di Israele, alla fine il catalogo è questo.
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