Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
Un bel milione a Trump e Repubblica tace Editoriale de Il Foglio
Testata: Il Foglio Data: 21 gennaio 2025 Pagina: 3 Autore: Il Foglio Titolo: «Un bel milione a Trump, e Rep. muta»
Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 21/01/2025, con il titolo "Un bel milione a Trump, e Rep. muta", l'editoriale de Il Foglio.
Il dono di Stellantis al neo presidente Usa non indigna la Repubblica, come mai?
Lesto e allegro come il signor Bonaventura (“ricco ormai da far paura”) di Sergio Tofano, anche il presidente di Stellantis John Elkann si è presentato, virtualmente, all’insediamento di Donald Trump con un bel milione. Solo che a vincerlo questa volta non è stato Bonaventura Elkann, ma proprio il neo presidente, già ricco di suo, degli Stati Uniti. Stellantis ha infatti deciso di donare un milione di dollari al fondo per le cerimonie inaugurali di Trump, e ovviamente la scelta non è estemporanea né solitaria. L’elenco dei big dell’industria mondiale che hanno versato la stessa cifra è lungo: da Ford a Hyundai, da Boeing a Microsoft, da Amazon a Meta. Colossi per i quali un milione equivale a un biglietto da visita depositato all’ingresso della Casa Bianca, un gesto augurale. E non fa nessun problema se il dono di Elkann vuole essere anche l’inizio di una strategia di Stellantis per il mercato dell’auto americano, come è stato osservato. E’ una buona idea, come lo è un approccio non pregiudiziale all’economia statunitense dell’èra Trump. Ciò che risulta curioso – vista quella sorta di cordone sanitario che la sinistra anche giornalistica italiana sta provando a stendere attorno a un secondo mandato giudicato “ancora più estremista del primo” (Repubblica) – è invece che dagli agguerritissimi cdr del gruppo Gedi – di cui Elkann è proprietario – non si siano sentiti lamenti, né siano stati indetti scioperi, quanto meno delle firme. Eppure, in passato, a ogni mossa dell’editore non gradita corrispondeva un’immediata reazione contraria. A Maurizio Molinari non fu risparmiata nessuna critica, forse nella speranza di potere un giorno titolare “Gaza, ritorno alla libertà”, ma il direttore fu sfiduciato per aver bloccato un articolo sgradito all’editore sui rapporti tra Italia e Francia. E due giorni di sciopero segnarono la contrarietà all’accordo sull’utilizzo dei contenuti di Gedi da parte di ChatGpt. Sul milione per la festa Trump non vola una mosca. Del resto persino gente del calibro di Zuckerberg ha deciso che è ora di cambiare.
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