Un filmato recuperato dall’esercito israeliano durante le operazioni nella Striscia di Gaza mostra sei ostaggi israeliani mentre cercano di accendere le candele della festa di Hanukkah in un tunnel con scarso ossigeno. I sei ostaggi sono Hersh Goldberg-Polin, 23 anni, Eden Yerushalmi, 24 anni, Ori Danino, 25 anni, Alex Lobanov, 32 anni, Carmel Gat, 40 anni, e Almog Sarusi, 27 anni. Il filmato risale al dicembre 2023. Otto mesi dopo, il 29 agosto 2024, all’approssimarsi delle Forze di Difesa israeliane al tunnel sotto il quartiere di Tel Sultan, a Rafah (Striscia di Gaza meridionale), tutti e sei gli ostaggi furono assassinati con un colpo alla testa dai terroristi palestinesi.
Tregua a Gaza. E’ la prima vittoria di Trump Editoriale di Mario Sechi
Testata: Libero Data: 16 gennaio 2025 Pagina: 1 Autore: Mario Sechi Titolo: «Tregua a Gaza. E’ la prima vittoria di Trump»
Riprendiamo da LIBERO di oggi, 16/01/2025, a pag. 1 con il titolo "Tregua a Gaza. E’ la prima vittoria di Trump" l'editoriale di Mario Sechi.
Mario Sechi
La tregua è una sospensione del conflitto, non segna la sua fine. Ma almeno Trump, ancor prima di insediarsi alla Casa Bianca, è riuscito a concludere un accordo che Biden inseguiva da più di un anno. E Netanyahu, che ne esce danneggiato, saprà comunque adattarsi e rilanciarsi, come ha sempre dimostrato di saper fare. Ma succederà anche questa volta?
È arrivata la tregua, ma la pace non c’è.
L’accordo tra Israele e Hamas è tutto da costruire (e mantenere), sappiamo che si basa su uno scambio di prigionieri in varie fasi e poco altro. C’è un vincitore, si chiama Donald Trump.
A cinque giorni dall’Inauguration Day, il 47esimo presidente degli Stati Uniti incassa un successo diplomatico che Joe Biden ha inseguito a vuoto per 467 giorni. C’è chi dice che Netanyahu esca sconfitto e ridimensionato dall’accordo, ma la storia politica di Bibi è un manuale di sopravvivenza, mostra la sua capacità di adattarsi, calcolare, trasformare lo scenario.
Quest’uomo si è dimostrato un eccezionale leader di guerra, dopo la debacle e la strage degli ebrei del 7 ottobre 2023 ha ribaltato il Medio Oriente e 15 mesi dopo egli è vincitore sul campo di battaglia: Hamas è una gang di tagliagole zombificata, Hezbollah in Libano è un lontano ricordo di quello che era, tutti i leader più sanguinari sono stati uccisi, l’Iran è un regime che potrebbe tirare le cuoia da un momento all’altro. Netanyahu ha creato le premesse per un grande sottosopra sulla scacchiera del Medio Oriente che, a questo punto, aspetta soltanto le mosse di Trump. La mappa è quella degli Accordi di Abramo, tracciati dall’amministrazione Trump e dall’allora segretario di Stato Mike Pompeo, il partner principale è l’Arabia Saudita, il beneficiario è naturalmente a Washington e a Gerusalemme, il perdente è a Teheran, è l’Iran a essere con le spalle al muro, il mito della Grande Persia svanisce. I nemici della pace sono prima di tutto gli ayatollah. E certamente si muoveranno per sabotarla, mentre Trump ha bisogno di stabilità per far correre la sua politica economica fatta di bastone e carota, dazi e penetrazione delle grandi imprese americane dove c’è espansione, energia e difesa preventiva. Le guerre sono lontane dalla sua visione del mondo, ma è pronto a scatenare la macchina militare americana se questo disegno dovesse incontrare ostacoli. La domanda è sempre quella: dov’è l’Europa? È fuori dai giochi, è ancora quella definita da Henry Kissinger, un gigante economico, un nano politico, un verme militare.
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