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Riprendiamo dal GIORNALE di oggi 01/05/2024 a pag. 12 il commento di Fiamma Nirenstein con il titolo: "Tregua tra bluff e ricatti. Bibi punta a Rafah".
La fotografia del Medioriente nebbiosa e fosca in queste ore la si può osservare attraverso il vetro opaco della trattativa sui 133 ostaggi ebrei di Hamas. Che diventano meno ad ogni istante: è il Medioriente peggiore, strappato col 7 ottobre da Hamas alla sua storia del mondo di riconoscimento reciproco fra mondo arabo e Israele coi Patti di Abramo, ricacciato nel Medio Evo. Chi decide, in queste ore, se la guerra avrà seguito a Rafah è adesso, in tempi immediati, la più perversa organizzazione terrorista del mondo, che smembra i vecchi, stupra le donne, brucia i bambini e poi compie una trattativa sugli ostaggi cui ha strappato la vita e tortura, presentandosi alle conferenze stampa in hotel a cinque stelle mentre il suo antagonista democratico, il governo israeliano, viene trattenuto a forza, criticato passo dopo passo, torturato dall’opinione pubblica mentre lo combatte. Tutto il mondo, mentre per altro gli Hezbollah bombardano il nord d’Israele e in Città Vecchia a Gerusalemme un terrorista turco pugnala i passanti, assiste allo spettacolo, aspetta che Sinwar decida del futuro, fermi la guerra, consegnando un numero ormai dimagrito oltre misura (si parla di 20 o 30 su 133) di ostaggi, i più bisognosi, mentre si tiene il boccone prelibato dai giovani soldati e ragazze per la prossima tappa. In cambio Israele accetta di consegnare migliaia di prigionieri-terroristi; accetta anche il ritorno al nord della gente di Gaza che si era spostata al sud e lo smantellamento del blocco militare che controlla che i terroristi non rioccupino tutta la Striscia nascosti fra la folla. Hamas vuole cessate il fuoco indeterminato, Israele accetta di concederlo per molto tempo: varie settimane… e più avanti chissà, il rinnovo della tregua e soprattutto, formula magica, si capisce che se ci si accorda non si entra a Rafah. L’Egitto è il più interessato fra i mediatori, pone a Hamas e a Israele le sue proprie condizioni (controllo del confine con Gaza, lo Tzir Philadelphi); gli Stati Uniti, intanto, da mesi discutono e preparano con Israele il passaggio degli sfollati da Rafah in altre zone e l’ingresso con azioni mirate che evitino spargimento di sangue. Biden punta su questo punto la sua carta elettorale pacifista, ma intanto sa da un’indagine molto recente che l’80 per cento dell’opinione pubblica americana sta con Israele e il 72 è favorevole a un ingresso a Rafah che ponga fine al potere di Hamas. Netanyahu tiene le carte vicine al petto: chi crede di leggere un’intenzione politica immediata nelle parole che ieri, di fronte alle famiglie dei soldati uccisi in guerra (col Forum Ha Gvurà e il fronte Hatikva) dove ha promesso di entrare a Rafah e di “annientare i battaglioni di Hamas”. E' una promessa dovuta, che afferma l’irrinunciabile, cioè che Israele non si arrenderà e che Hamas sarà sconfitto, e non dice nulla su come il Primo Ministro si comporterà se adesso Sinwar accetterà l’accordo “straordinariamente generoso” come ha detto Antony Blinken. Né ha molta importanza, se non perché è un comportamento davvero smodato verso un primo ministro che siede nel medesimo governo, quello di Itamar Ben Gvir, che ha “avvertito” come ha detto lasciando una riunione con Netanyahu, che il governo si infrangerebbe sulla decisione di non entrare a Rafah; o di Smotrich, che alla precedente trattativa si accorse in un secondo tempo che doveva accettare dopo aver minacciato. Importante che Biden ribadisca la forza dell’alleanza con gli USA: questo vuol dire si sta lavorando dopo il grande successo di Israele nella risposta all’Iran insieme a vari Paesi anche dei Patti d’Abramo su una prospettiva che certo Bibi valuta. Intanto, se per caso Sinwar dovesse accettare, Rafah potrebbe essere sospesa senza rinunciarvi, anche agli occhi dell’Arabia Saudita. E altrimenti, se Sinwar dice di no? Si avrebbe una Rafah mirata specie su obiettivi specifici, i soldati d’Israele sono già schierato sul confine. Si prenderebbe tempo mentre si mettono in moto le misure di sgombero ad aiuto umanitario alla popolazione concordate con gli USA. La guerra comunque, e Biden lo sa non può certo finire sulla restituzione del potere a Hamas a Rafah, si estenderebbe ovunque, sarebbe la fine della sovranità di Israele sul proprio territorio, la inabilità di vaste zone di confine, e soprattutto una terribile sconfitta della democrazia, del buon senso, della morale democratica di tutto il mondo. Biden sa che non conviene a nessuno che non si vada per niente a Rafah, anche se prima di tutto vengono gli ostaggi, e dirà a Bibi “adelante Pedro, con juicio…” come Manzoni. Per inviare la propria opinione al Giornale, telefonare: 02/85661, oppure cliccare sulla e-mail sottostante segreteria@ilgiornale.it |
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