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Luce nel buio del tunnel. Come gli ostaggi a Gaza celebravano Hanukkah 13/12/2025

Un filmato recuperato dall’esercito israeliano durante le operazioni nella Striscia di Gaza mostra sei ostaggi israeliani mentre cercano di accendere le candele della festa di Hanukkah in un tunnel con scarso ossigeno. I sei ostaggi sono Hersh Goldberg-Polin, 23 anni, Eden Yerushalmi, 24 anni, Ori Danino, 25 anni, Alex Lobanov, 32 anni, Carmel Gat, 40 anni, e Almog Sarusi, 27 anni. Il filmato risale al dicembre 2023. Otto mesi dopo, il 29 agosto 2024, all’approssimarsi delle Forze di Difesa israeliane al tunnel sotto il quartiere di Tel Sultan, a Rafah (Striscia di Gaza meridionale), tutti e sei gli ostaggi furono assassinati con un colpo alla testa dai terroristi palestinesi.



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Il Foglio Rassegna Stampa
16.03.2024 Meno armi agli ucraini, Putin colpisce più forte
Commento di Paola Peduzzi

Testata: Il Foglio
Data: 16 marzo 2024
Pagina: 3
Autore: Paola Peduzzi
Titolo: «Flessibilità obbligata»

Riprendiamo dal FOGLIO  di oggi, 16/03/2024, a pag. 3, il commento di Paola Peduzzi dal titolo "Flessibilità obbligata".

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Paola Peduzzi
Armi all'Ucraina, montate in un parco quelle fornite dall'Italia - la  Repubblica
Se l'Occidente non darà più armi all'Ucraina l'avanzata di Putin sarà inarrestabile 

I trumpiani vogliono fermare la guerra della Russia in Ucraina riducendo – o azzerando, visto che non daranno più “un penny” – gli aiuti a Kyiv, ma è evidente che Vladimir Putin fa ancora più la guerra quando sa che gli ucraini sono sguarniti: l’attacco a Odessa ne è l’ultima, straziante dimostrazione. L’Ucraina, da parte sua, in scarsità di risorse, dimostra ancora una volta di avere una flessibilità strategica unica, e si è messa a fare la guerra diversamente, dove possibile, cioè non lungo il fronte di terra, dove la riduzione di armi e fondi si misura tragicamente in soldati uccisi e mezzi militari perduti. Soltanto questa settimana i droni ucraini hanno colpito tre raffinerie di petrolio russe: a Ryazan, a duecento chilometri a sud-est di Mosca; a Kstovo, nella regione di Nizhny Novgorod, a quasi 500 chilometri a est della capitale; e a Kirishi, nel nord-ovest della Russia. Anche la raffineria Novoshakhtinsk a Rostov sul Don è stata parzialmente colpita. Una fonte ucraina ha detto a Reuters che le operazioni sono condotte dall’intelligence militare, l’Sbu: “Stiamo attuando sistematicamente una strategia dettagliata e calcolata per ridurre il potenziale economico della Russia”. Secondo l’intelligence britannica, questi attacchi funzionano: “Le capacità di raffinazione della Russia sono temporaneamente ridotte”. Mikhail Krutikhin, un analista russo che ora vive a Oslo e che tiene traccia dei danni alle raffinerie, alle strade e alle ferrovie russe – cioè delle operazioni per spezzare, o alterare, la catena logistica dell’esercito russo – ha detto che Mosca ha dovuto introdurre un divieto di esportazione di benzina a partire dal primo marzo per i prossimi sei mesi, in modo da garantire l’offerta interna intanto che i danni alle raffinerie vengono riparati. Si tratta di danni che richiedono tempo, perché le raffinerie, a differenza degli oleodotti per esempio, funzionano con macchinari complessi e sofisticati. In più le raffinerie sono tante e difficilmente la Russia potrebbe garantire loro la copertura aerea. Soprattutto: producono il carburante che serve ai carri armati e agli aerei dell’esercito e le raffinerie colpite sono quelle più vicine al fronte, quindi le più utili. Poi certamente il danno complessivo inflitto dalle forze ucraine alle infrastrutture russe non è enorme, si potrebbe dire che è quasi più un fastidio dal punto di vista pratico, viste le risorse russe. Ma servono simbolicamente e servono anche perché ogni ritardo, ogni ostacolo per l’esercito russo è prezioso per gli ucraini, che devono compensare il rallentamento delle forniture occidentali e organizzare un nuovo modo di difendersi. A fine febbraio, il ministero della Difesa ucraina ha, con la sua incrollabile ironia, postato su X: “Oops, we did it again!”, annunciando di aver colpito dieci aerei russi in dieci giorni, tra cui, l’ultimo, un aereo radar A-50. All’inizio di questa settimana, un attacco notturno con i droni ha colpito un impianto aereo a Taganrog, nel sud della Russia, dove si mantengono e aggiustano per l’appunto gli A-50. Nel frattempo gli ucraini hanno colpito anche alcuni jet Su-34 nell’est del paese. Questo dimostra che la campagna nei cieli da parte degli ucraini è diventata più efficace, ma gli esperti militari hanno anche sottolineato che i russi si sono messi a utilizzare molti più aerei a copertura delle loro truppe rispetto a prima, cioè ci sono più velivoli che possono essere colpiti, ma sono anche velivoli che a loro volta colpiscono gli ucraini. La guerra è cambiata per tutti, ma l’Ucraina deve aspettare che arrivino le armi e i mezzi dall’occidente. Nel frattempo si è industriata, come dimostrano gli attacchi sempre con i droni alla flotta russa nel Mar Nero: qui i danni sono stati i più rilevanti e nel frattempo sono stati aperti anche dei corridoi sufficientemente sicuri per le navi cargo che esportano soprattutto i cereali. L’efficacia delle nuove operazioni sul mare e nel cielo conferma la flessibilità strategica degli ucraini, ma intanto la risposta russa si fa sempre più brutale, e l’accanimento recente su Odessa ne è la dimostrazione. Perché se gli ucraini sono più sguarniti, Putin li attacca di più, non di meno: se tacciono le armi ucraine, come vogliono i finti pacifisti à la Trump, si sentono solo quelle russe, che non hanno alcuna intenzione di fermarsi.

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