Una tregua in cambio degli ostaggi Analisi di Micol Flammini
Testata: Il Foglio Data: 02 gennaio 2024 Pagina: 1 Autore: Micol Flammini Titolo: «Israele ritira alcune divisioni da Gaza. La guerra si estende, ma c’è un modo per interromperla»
Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 02/101/2024, a pag. 1, con il titolo "Israele ritira alcune divisioni da Gaza. La guerra si estende, ma c’è un modo per interromperla", l'analisi di Micol Flammini.
Roma. C’è un modo per fermare immediatamente i combattimenti a Gaza: basta che Hamas accetti l’accordo proposto da Israele e dai suoi alleati per il rilascio degli ostaggi in cambio di una tregua. Finora i terroristi della Striscia non hanno accettato, nonostante la mediazione dei qatarini e degli egiziani, e ieri una delegazione israeliana è andata ancora una volta al Cairo per parlare di un nuovo accordo, di una nuova via per liberare gli oltre centoventi prigionieri nelle mani di Hamas e del Jihad islamico. Quella che era iniziata come una guerra di un paio di mesi, sta diventando un conflitto lungo, esteso, che ha bisogno di ritmi differenti. Israele ha ritirato alcuni soldati dalla Striscia, la divisione Sinai è già ripartita e altre brigate sono pronte a tornare alla base. Non vuol dire che la guerra sta per finire, ma che Israele si sta preparando a un altro tipo di conflitto, l’intensità e il massiccio dispiegamento di forze non è sostenibile sul lungo periodo, il paese deve modellare il suo esercito e la sua società, pensare al dopo e anche al durante. I cambiamenti sono molti e indicano tutti il cammino di un conflitto che si allunga. Israele ha detto di essere pronto a consentire “immediatamente” alle navi di portare aiuti umanitari nella Striscia attraverso il corridoio marittimo proposto da Cipro, che prevede che le ispezioni dei carichi non siano più effettuate da israeliani, ma nel porto cipriota di Larnaca prima che vengano traghettati verso la costa di Gaza. Oggi per la prima volta dal 7 ottobre, alla Knesset, il Parlamento israeliano, si riuniranno deputati, esperti, diplomatici per discutere di un piano per il dopoguerra, per quando i combattimenti non saranno più quotidiani e bisognerà pensare a una nuova infrastruttura per la sicurezza per Israele e per Gaza. Il conflitto contro Hamas non si è fermato alla Striscia, ha trasformato anche il confine con il Libano in una zona di guerra trattenuta. Ventotto comunità nella parte settentrionale di Israele sono state evacuate per paura degli attacchi dei miliziani di Hezbollah e il rimpatrio dei cittadini sembra più complesso rispetto a quello di chi viveva al confine con Gaza e sta già tornando. L’assalto combinato del sedicente asse della resistenza composto da Hamas, Jihad islamico e Hezbollah è a lento rilascio, ogni gruppo combatte per sé, ma non per questo Israele ha meno da temere, soprattutto perché sa che dietro c’è l’Iran, che muove tutti, attende e ieri ha spostato la nave da guerra Alborz nel Mar Rosso, dove da novembre gli houthi, il gruppo armato sciita che governa su buona parte dello Yemen, attacca i mercantili che transitano per quelle acque come ritorsione contro Israele. Gli attacchi hanno però coinvolto finora diverse imbarcazioni occidentali, spaventato anche alcuni paesi arabi e domenica gli Stati Uniti hanno risposto all’attacco dei terroristi contro una nave container: gli elicotteri americani si sono alzati in volo per far desistere gli houthi, che hanno risposto sparando, gli elicotteri hanno aperto il fuoco affondando tre imbarcazioni dei terroristi. E’ sempre meno la guerra di Israele, secondo il Times, Stati Uniti e Gran Bretagna sono pronte ad annunciare un attacco mirato contro gli houthi, e dietro agli houthi, c’è sempre l’Iran.
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