domenica 21 dicembre 2025
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Luce nel buio del tunnel. Come gli ostaggi a Gaza celebravano Hanukkah 13/12/2025

Un filmato recuperato dall’esercito israeliano durante le operazioni nella Striscia di Gaza mostra sei ostaggi israeliani mentre cercano di accendere le candele della festa di Hanukkah in un tunnel con scarso ossigeno. I sei ostaggi sono Hersh Goldberg-Polin, 23 anni, Eden Yerushalmi, 24 anni, Ori Danino, 25 anni, Alex Lobanov, 32 anni, Carmel Gat, 40 anni, e Almog Sarusi, 27 anni. Il filmato risale al dicembre 2023. Otto mesi dopo, il 29 agosto 2024, all’approssimarsi delle Forze di Difesa israeliane al tunnel sotto il quartiere di Tel Sultan, a Rafah (Striscia di Gaza meridionale), tutti e sei gli ostaggi furono assassinati con un colpo alla testa dai terroristi palestinesi.



Clicca qui






Libero Rassegna Stampa
04.12.2023 Dal 7 Ottobre è per tutti la stessa minaccia
Analisi di Daniele Capezzone

Testata: Libero
Data: 04 dicembre 2023
Pagina: 12
Autore: Daniele Capezzone
Titolo: «La guerra iniziata il 7 ottobre ha teatri diversi e molte repliche Ma un solo nemico»
Riprendiamo da LIBERO di oggi 04/12/2023, a pag.1, con il titolo "La guerra iniziata il 7 ottobre ha teatri diversi e molte repliche Ma un solo nemico", l'analisi di Daniele Capezzone.

Confessioni di un liberale. Daniele Capezzone al Caffè della Versiliana  Giovedì 14 luglio, ore 18:30 - Versiliana Festival
Daniele Capezzone

Parigi, il video dell'arresto dell'uomo che ha ucciso un passante a  coltellate al grido di «Allah akbar»- Corriere TV
Arresto del terrorista di Parigi di domenica 3 dicembre

L’ennesimo attentato a Parigi, con il solito grido «Allah Akbar» e la scia di sangue a cui ci stiamo tragicamente abituando, ci ricorda tre cose. La prima - e si tratta di un copione ormai fastidioso- è il tentativo di derubricare l’episodio evocando i presunti «problemi psichiatrici» dell’aggressore, un francese di origini siriane. Ma, in tutta franchezza, i problemi psichiatrici rischiamo di averli noi, se ancora, qui in Occidente, mettiamo in campo piccole tattiche per attenuare -attutire -smussare, per fingere di non aver capito ciò che invece è tragicamente sotto i nostri occhi. Qualcuno può ancora illudersi di andare avanti con la strategia della negazione e degli occhi chiusi, ma dovrebbe essere chiaro a tutti che abbiamo davanti una irrisolta questione islamista (prima o poi toccherà scrivere: islamica), in virtù della quale ci sono soggetti e gruppi radicalizzati pronti a colpire, a sgozzare, a uccidere per motivi religiosi. Vogliamo continuare a ingannarci, ad autocolpevolizzarci, a fare convegni sulla mancata o incompleta integrazione, oppure iniziamo a fare i conti con una realtà dolorosa ma innegabile? Il secondo tema con cui fare i conti è quello dei soggetti segnalati come radicalizzati: anche l’assassino della Torre Eiffel era infatti - come accade sempre più regolarmente - schedato. Lo stesso era accaduto, come si ricorderà, per i responsabili dei due più recenti attentati in Europa, ad Arras e a Bruxelles. Questa volta - se possibile- il precedente è ancora più inquietante, visto che l’uomo era stato fermato nel 2016 e accusato di preparare un attentato. PERICOLOSI AZZARDI Ora, chi scrive è un garantista, ma occorrerà - prima o poi - chiedersi se il nostro armamentario giuridico ordinario sia adeguato rispetto alla sfida del terrorismo fondamentalista. Nessuno vuole travolgere le garanzie costituzionali o sovvertire il principio della presunzione di innocenza: ma è evidente che, con questo tipo di rischi, lasciare in libertà soggetti su cui gravano simili ombre di pericolosità è un azzardo che rischiamo di rimpiangere amaramente. Né si può puntare - in termini risolutivi - sulla pura e semplice sorveglianza delle persone “segnalate”. Il loro numero, in tutta Europa, è infatti altissimo, ed è inimmaginabile che per ciascuna di esse siano quotidianamente mobilitati 6-8 agenti, ai fini di un monitoraggio perpetuo, ventiquattr’ore su ventiquattro. E se a questo si somma la realtà delle procedure che consentono a un richiedente asilo un margine di 18-21 mesi prima che l’iter si esaurisca (tra domanda, reiezione, ricorso e diniego finale), tutti comprendiamo che esiste un numero elevatissimo di soggetti di pericolosità letale a cui stiamo offrendo una chance rischiosissima per la nostra convivenza pacifica. Resta dunque un’opzione che non piacerà a qualche anima bella, ma che mi pare di grande ragionevolezza (almeno verso chi non abbia cittadinanza di uno stato Ue): fluidificare ed estendere i casi e le procedure di espulsione dai nostri territori (da ciascun Paese e dall’Europa) dei soggetti segnalati. La terza e ultima questione da esaminare è quella strategica e geopolitica: il “7 ottobre” ha tante facce. C’è stata l’atroce azione di Hamas contro i civili israeliani, ma c’è stato pure l’appello- tramite Al Jazeera- al jihad globale, che in una forma o nell’altra è stato raccolto da qualche soggetto in giro per l’Europa. Che si tratti di “lupi solitari” o meno, l’effetto è comunque letale. Chi sia in cerca di consolazione, può constatare come a Bruxelles, un mese e mezzo fa, l’uomo che aveva ucciso qualche ora prima due svedesi, una volta ritrovatosi nel mezzo di un conflitto a fuoco con le forze dell’ordine, sia stato rapidamente freddato: dunque, non era forse un superguerrigliero. Ma era comunque un soggetto rivelatosi capace di maneggiare e usare un kalashnikov. TEATRI DIVERSI Nel caso di Parigi, il fatto che l’aggressore abbia agito “solo” con un coltello e un martello fa effettivamente pensare a un certo grado di improvvisazione: mala determinazione feroce del fanatico gli ha comunque permesso di uccidere una persona e di ferirne due. In ogni caso, lo vogliamo capire o no che è la stessa guerra combattuta in teatri diversi? C’è il teatro principale (in Medio Oriente), ma ci sono anche le nostre capitali, ed è illusorio fingere che non sia così. In questo senso, è molto importante la manifestazione convocata a Roma domani sera, martedì, alle 19, a Piazza del Popolo, dalla Comunità ebraica di Roma e dall’Unione delle comunità ebraiche italiane, con lo slogan “No antisemitismo, no terrorismo”. I due concetti sono indissolubilmente legati. Dopo l’attentato di Parigi, ad esempio, non è passato inosservato un tweet amaramente sarcastico di Jonathan Pacifici, che, nell’esprimere solidarietà alla Francia, ha svolto un’efficace e dolorosa caricatura adattata al caso francese - di ciò che di solito viene assurdamente detto dall’Europa a Israele: «Invitiamo però al dialogo e a non combattere i terroristi perché violenza chiama violenza. L’unica soluzione è politica con la creazione di uno Stato islamico nella Gallia storica con capitale Parigi Est». Questo paradosso doloroso e ironico, messo nero su bianco da una personalità del mondo ebraico, dovrebbe far riflettere molti: chinare la testa rispetto ai violenti non servirà a nulla, né in Medio Oriente né nelle nostre città. Prima lo capiremo, meglio sarà.

Per inviare a Libero la propria opinione, telefonare: 02/99966200, oppure cliccare sulla e-mail sottostante

lettere@liberoquotidiano.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT