Putin sempre più isolato Commento di Anna Zafesova
Testata: La Stampa Data: 23 agosto 2023 Pagina: 15 Autore: Anna Zafesova Titolo: «Putin isolato anche dagli amici resta nel suo bunker russo»
Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 23/08/2023, a pag.15 con il titolo "Putin isolato anche dagli amici resta nel suo bunker russo" il commento di Anna Zafesova.
Anna Zafesova
Vladimir Putin
«La parola passa al presidente della Federazione Russa Vladimir Putin, che non ha potuto essere con noi». La presentazione ambigua, e il rumoreggiare distinto con il quale la platea del vertice dei Brics ha accolto l'apparizione in video, con un messaggio registrato, del leader russo, hanno rivelato molte più informazioni sulla posizione internazionale di Mosca del discorso stesso. L'"impedimento" di uno dei cinque leader fondatori dell'organizzazione è il mandato di cattura internazionale spiccato dal Tribunale internazionale dell'Aja per i crimini di guerra in Ucraina (in particolare, per la deportazione dei bambini ucraini in Russia). La scoperta che nemmeno gli alleati del Brics hanno voluto affrontare l'imbarazzante dilemma - ospitare un ricercato internazionale facendo finta di nulla oppure arrestarlo, con rischi imprevedibili - deve aver urtato parecchio l'autostima del padrone del Cremlino, e forse non a caso il suo discorso non è stato molto pubblicizzato dai media russi, per non attirare l'attenzione sul fatto che Putin è di fatto isolato, fisicamente e politicamente. Anche il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, infatti, ha annunciato ieri che andrà in Russia a negoziare con Putin, dopo aver annunciato una visita del leader russo in Turchia: a quanto pare, il padrone del Cremlino non vuole rischiare di mettere piede nemmeno in un Paese che non aderisce formalmente al Tribunale internazionale, e quindi non è obbligato a rispettare il mandato di cattura. Un altro dei motivi per cui Putin preferisce restare in patria potrebbe essere anche la preoccupazione per la situazione interna dopo il tentato golpe di Evgeny Prigozhin. Ieri diverse fonti moscovite hanno confermato il licenziamento del generale Sergey Surovikin, considerato uno dei principali alleati dei Wagner nell'esercito russo, dalla carica strategica di comandante delle truppe aerospaziali. Il fatto che la decisione sia arrivata dopo due mesi dalla marcia dei Wagner su Mosca, e che durante tutto questo tempo il "generale Armageddon" non sia mai apparso in pubblico, probabilmente rinchiuso in prigione o agli arresti domiciliari, fa capire quanto siano state pesanti le ripercussioni dell'ammutinamento sugli equilibri interni del Cremlino. Ufficialmente Surovikin è in ferie «prima di venire assegnato a un nuovo incarico». Se è vero, come sostengono gli informatori che qualche giorno fa hanno raccontato all'agenzia Bloomberg che i falchi moscoviti stiano cercando di convincere il presidente a lanciare una guerra totale contro l'Ucraina, il licenziamento di un altro generale popolare quanto critico del ministro della Difesa potrebbe essere un'indicazione del fatto che Putin preferisce non alzare la posta e non indire una nuova chiamata alle armi. L'Ucraina è stata menzionata soltanto una volta nel discorso del presidente ai Brics, quanto Putin ha ripetuto la sua proposta di «sostituire il grano ucraino con quello russo» sui mercati internazionali. La rottura dell'accordo sul grano da parte di Mosca è un altro argomento di attrito proprio con i Paesi non occidentali che il Cremlino sperava di conquistare con le sue forniture alimentari: sia i leader africani che di recente hanno visitato Mosca, sia la Cina hanno esortato i russi a ripensarci. Putin ieri ha ripetuto di essere pronto a tornare all'accordo «se verranno rispettate le richieste russe», accusando l'Onu di non aver rispettato i patti. Ma nonostante gli elogi ai Brics come «maggioranza globale» e i numeri snocciolati dell'aumento dell'interscambio con i partner (soprattutto Cina e India), il leader russo non è riuscito a trasformare l'associazione in una alternativa all'Occidente che vorrebbe sfidare. Troppi interessi discordanti, e troppo diversi i potenziali economici e politici, soprattutto con Pechino che si propone ormai come guida informale del "Sud del mondo". Putin e Xi Jinping hanno in comune l'interesse ad allargare i Brics - in lista d'attesa ci sono oggi più di 20 Paesi, dalla Bolivia e l'Egitto all'Arabia Saudita e l'Argentina - ma con intenti e capacità di influenza incomparabili. Con il boicottaggio internazionale dopo l'invasione dell'Ucraina, la Russia ha perso uno dei suoi strumenti diplomatici più interessanti agli occhi dei Paesi emergenti: la partecipazione al G8 e l'appartenenza al club informale delle grandi potenze che le permetteva, almeno in teoria, di agire da ponte tra i Brics e l'Occidente. Il rifiuto del Sudafrica di dare a Putin garanzie di sicurezza contro l'arresto è stato non solo una umiliazione, ma anche un modo di ricordare che l'interdipendenza della "maggioranza globale" con l'Europa e gli Usa è troppo grande, e che molte capitali possono gradire la retorica anticolonialista di Putin e gli appelli alla "dedollarizzazione", ma non sono in grado di applicarla in pratica. E le manovre dei Wagner in Africa possono preoccupare non soltanto i leader africani, ma anche la Cina che in molti Paesi del Continente Nero possiede una presenza molto più solida della Russia.
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