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Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 25/03/2023, a pag.6, con il titolo 'Tank occidentali, soldati addestrati. Così l’Ucraina prepara l’offensiva' l'analisi di Lorenzo Cremonesi.
KIEV Che l’offensiva ucraina sia davvero imminente? La domanda veniva spontanea sino ad una settimana fa, mentre visitavamo le prime linee ucraine impegnate a difendere il saliente compreso tra Lyman e Bakhmut, il settore più bollente dell’intero fronte del Donbass. Capitava spesso di incontrare soldati molto poco addestrati, che avevano il compito di farsi rapidamente le ossa e in qualche modo sostenere le più rare unità di veterani, questi ultimi arruolati sin dal tempo dell’invasione russa del 2014 e adesso rodati ad arginare quella molto più massiccia lanciata 13 mesi fa. «Siamo preoccupati. Non abbiamo mai sparato un colpo, non sappiamo che fare sotto le bombe», ci dicevano, tra i tanti, quattro fanti impauriti sulla quarantina, reclutati a inizio gennaio e scaraventati nel «tritacarne» di Bakhmut, dove anche i più anziani si fanno scaramanticamente il segno della croce prima di salire sui blindati che percorrono i circa 5 chilometri «della morte» sotto il tiro diretto dei tank russi ben visibili tra il villaggio di Chasiv Yar e le periferie devastate della cittadina assediata. Ma come mai lo Stato maggiore non invia uomini addestrati in questo settore tanto decisivo? Insistevamo e la risposta dei comandanti era sempre la stessa: «Il nostro capo di Stato maggiore, Valey Zaluzhny, sa il fatto suo. Sta preparando l’offensiva di primavera, ha mandato le unità migliori ad addestrarsi all’estero con la Nato. Abbiamo commilitoni che sono negli Stati Uniti, in Inghilterra, nei campi e tra i poligoni in Polonia e nei Paesi baltici. Presto torneranno e allora saremo pronti a sferrare il contrattacco con le nuove armi fornite dagli Alleati». Nella loro spiegazione ecco riassunta l’essenza delle prossime mosse ucraine: è dalla fine delle due offensive di successo tra settembre e novembre, quando i russi furono costretti ad abbandonare le regioni del Kherson a ovest del fiume Dnipro e quindi a ritirarsi da Izyum e Lyman, che decine di migliaia di ucraini stanno imparando le strategie di combattimento utilizzando le armi della Nato. Si calcola che ancora un anno fa solo un quinto dell’apparato difensivo nazionale fosse Nato, adesso è salito a un terzo. Secondo il colonnello dell’aviazione, Roman Svetan, che ha 59 anni è in pensione e fa consulenze per la Difesa: «Almeno 60.000 soldati sono appena rientrati dagli addestramenti all’estero e oggi possono già venire inviati a combattere». Lui conferma le valutazioni diffuse di recente dagli istituti di studi militari americani e britannici, per cui un centinaio di carri armati tedeschi ultimo modello Leopard 2, donati per lo più dalla Polonia e dai Paesi Baltici, sarebbero già a disposizione dei comandi di Kiev. Ma non solo. Ancora dalle ex province sovietiche europee, terrorizzate dalla prospettiva che se Putin vincesse in Ucraina la prossima prima linea sarebbe a casa loro, sono arrivati di recente circa 250 carri armati T-72 della vecchia produzione sovietica, oltre a una sessantina di modelli più avanzati T-72s. Intanto repubblica Ceca e Polonia stanno inviando le ultime giacenze dei caccia Mig-29. Da qualche settimana infine sia a ridosso del Donbass che sulle strade che conducono verso il fronte di Zaporizhzhia e del Kherson sfrecciano i blindati americani Bradley e Stryker, potenti e veloci anche sul fango nero del disgelo. Si spiegano dunque così le parole pronunciate due giorni fa dal generale Olexandr Syrsky, capo delle forze di terra ucraine, che sono citate ovunque nelle ultime ore. «Vediamo che i russi provano ancora a prendere Bakhmut, ma sembrano stanchi, come se le loro forze si stessero esaurendo. Molto presto ci avvantaggeremo di questa opportunità», ha detto. La reazione russa non si è fatta attendere. Ieri le artiglierie hanno ripreso a bombardare tutto il fronte del Donbass, specie nel settore Kreminna, Lyman e Svatove più a nord verso Kharkiv. L’Onu condanna il trattamento dei prigionieri sia da parte russa che ucraina. Il gioco si fa duro. Le prossime settimane paiono destinate a svolte importanti.
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