Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 12/03/2023, a pag. 6, l'analisi di Giulio Meotti dal titolo “La mala Russia di Putin”.
Giulio Meotti
Nell’oblast di Pskov, al confine con l’Estonia, c’erano ventisei reparti di maternità alla fine dell’Unione sovietica. Oggi quattro. Il numero di aborti è uguale al numero delle nascite, un fatto che la funzionaria della sanità regionale Tatyana Shirshova ha definito “motivo di speranza”. Perché in precedenza c’erano più aborti che nascite. “Negli ultimi tre anni la Russia ha perso due milioni di persone in più rispetto a quanto avrebbe fatto normalmente” scrive questa settimana l’Economist. “L’aspettativa di vita dei maschi russi di quindici anni è diminuita di cinque, allo stesso livello di Haiti. Il numero di russi nati nell’aprile 2022 non era superiore a quello dei mesi dell’occupazione di Hitler. E poiché così tanti uomini in età da combattimento sono morti o in esilio, le donne sono più numerose degli uomini di almeno dieci milioni”. Secondo Alexei Raksha, un demografo che lavorava per il servizio statistico statale russo, se si guarda solo agli anni in tempo di pace, il numero di nascite registrate oggi è stato il più basso dal XVIII secolo. Secondo l’agenzia statale di statistica, nel 2020 e nel 2021 la popolazione del paese è diminuita di 1,3 milioni e le morti hanno superato le nascite di 1,7 milioni. Se si aggiunge la mortalità per pandemia alle vittime della guerra e alla fuga dalla mobilitazione militare, la Russia ha perso tra 1,9 milioni e 2,8 milioni di persone nel 2020-23 oltre al suo previsto deterioramento demografico. L’aspettativa di vita alla nascita dei maschi russi è crollata da 68,8 nel 2019 a 64,2 nel 2021. Gli uomini russi ora muoiono sei anni prima degli uomini in Bangladesh e diciotto anni prima degli uomini in Giappone. Alain Blum, direttore della ricerca all’Istituto nazionale per gli studi demografici francese e specialista in Russia, dice: “Non siamo nei primi anni Duemila quando l’aspettativa di vita era intorno ai 60 anni, ma se le perdite ammontassero a diverse centinaia di migliaia di uomini, ci avvicineremmo”. Nel suo discorso del 21 febbraio scorso, Vladimir Putin contro l’occidente ha scagliato nuovamente l’accusa di aver causato una “catastrofe spirituale”: “Dobbiamo difendere i nostri figli dal degrado dell’occidente che cercherà di distruggere la nostra società”. Ha messo nel mirino anche la chiesa anglicana per aver aperto al Dio di genere neutro. “Dobbiamo proteggere i nostri bambini da degrado e degenerazione e lo faremo”, ha concluso il presidente russo. A ben guardare, la Russia è molto più decadente dell’occidente. In Russia ci sono il doppio dei divorzi che in Italia: 4,5 ogni mille abitanti contro 1,4. Quando i bolscevichi salirono al potere nel 1917, considerarono la famiglia, come ogni altra istituzione “borghese”, con un odio feroce e decisero di distruggerla. “Per ripulire la famiglia dalla polvere accumulata nel tempo, abbiamo dovuto dare una bella scossa, e l’abbiamo fatto”, disse Madame Smidovich, leader comunista femminile. Così uno dei primi decreti del governo sovietico fu abolire il termine “figli illegittimi”. Ciò è stato fatto semplicemente equiparando lo status legale di tutti i bambini, nati nel matrimonio o al di fuori di esso, e così il governo sovietico si vantò che la Russia è l’unico paese in cui non ci sono figli illegittimi. Contemporaneamente fu varata una legge che rendeva il divorzio una questione di pochi minuti, da ottenere su richiesta di uno dei coniugi. “Il risultato fu il caos”, scriveva l’Atlantic nel 1926. “Gli uomini iniziarono a cambiare moglie con lo stesso entusiasmo che mostravano nel consumo della vodka”. Oggi metà di tutti i matrimoni in Russia finisce in un divorzio. Ha uno dei tassi più alti del mondo di fine dei matrimoni. “Rispetto al 1980, il tasso di matrimonio in Russia è diminuito del 27 per cento”, ha raccontato il demografo americano esperto di Russia, Nicholas Eberstadt. “Si è passati da 400 divorzi ogni mille matrimoni nel 1980 a un picco di oltre 800 divorzi ogni mille matrimoni. Nel 1980, meno di un bambino su nove era nato fuori dal matrimonio. Oggi il tasso di illegittimità in Russia è arrivato al 30 per cento, triplicato in soli 25 anni”. Il 25 per cento di tutti gli uomini russi muore prima dei 55 anni, rispetto al sette per cento nel Regno Unito, con l’alcol come causa principale. La Russia è anche uno dei paesi al mondo in cui si ricorre di più all’aborto con 53,7 ogni 1.000 donne rispetto a 5,4 in Italia. I primi dieci paesi con i più alti tassi di aborto secondo le Nazioni Unite sono Russia, Vietnam, Kazakistan, Estonia, Bielorussia, Romania, Ucraina, Lettonia, Cuba e Cina. Cosa hanno in comune tutti questi paesi? In Unione sovietica, il primo stato al mondo a legalizzare l’aborto nel 1920, si arriverà a una distopia tale che nel 1991 al crollo dell’Urss c’erano 201 aborti ogni 100 nati. Due gravidanze su tre venivano abortite. Una fonte autorevole della fine degli anni 60, il professor H. Kent Geiger, nel suo lavoro sulla Harvard University Press, riferì: “Si possono trovare donne sovietiche che hanno avuto venti aborti”. Negli anni 70, l’Unione sovietica registrava in media 7-8 milioni di aborti all’anno, annientando intere generazioni future. Non si sarebbero mai ripresi. In Russia oggi ci si suicida quattro volte di più che in Italia: 25 ogni 100 mila persone contro sei in Italia e il tasso di omicidi è di 7,33 ogni 100 mila abitanti in Russia mentre in Italia siamo allo zero virgola. Nel paese di Putin ingoiano molta vodka ma anche molte sostanze psicotrope. Tutti i dati concordano: il numero di persone trattate per tossicodipendenza è 3,4 volte più alto che in un paese europeo. In Europa di media lo 0,3 per cento della popolazione vive con l’Aids-Hiv; in Russia, l’1,2. “La Russia sta finendo i russi”, scrive la Welt. “Il 2019 ha visto il calo più grande degli ultimi undici anni. Il motivo non è l’aumento dei decessi, spiega Rosstat, ma il calo delle nascite in 80 delle 85 regioni del paese”. Il più famoso esperto di popolazione russa che dirige l’Istituto di demografia di Mosca, Anatoly Wischnewski, annuncia: “Nei prossimi dieci anni la Russia cadrà in un buco demografico”. Il crollo della natalità è una conseguenza del fatto che ora è il turno della generazione nata negli anni 90 ad avere figli. Quando, come scrive il demografo inglese Paul Morand, “le morti continuavano ad accumularsi, la gente cadeva o saltava dai treni e dai finestrini, asfissiava in case di campagna con stufe a legna difettose, annegava per aver guidato ubriaca, moriva assurdamente giovane per infarti e ictus. All’inizio di questo secolo, l’aspettativa di vita degli uomini russi era come in Madagascar e in Sudan”. Paul Morand (il suo ultimo libro è “Tomorrow’s People: The Future of Humanity in Ten Numbers”) ricorda anche che “perdere giovani uomini in guerra non aiuta la crescita della tua popolazione. E’ una perdita di persone negli anni fertili e la crisi economica spingerà l’emigrazione dalla Russia. Oggi l’aspettativa di vita in Russia è simile a quella in paesi molto più poveri, come l’Egitto. Le cose stanno iniziando a crollare. Migliaia di villaggi sono stati abbandonati, in particolare nelle aree remote”. Rispetto al boom dei primi anni Duemila, i tassi di fertilità in Russia sono scesi di un terzo e ora sono inferiori a quelli della metà degli anni 90, al tempo della devastazione post-sovietica (tra il 1993 e il 2008, la popolazione russa perse 5 milioni di persone). Scrive Morand: “La preparazione di una società a sostenere perdite militari diminuisce al diminuire delle dimensioni della famiglia; gli unici conflitti nel mondo che vanno avanti per anni – dalla Libia alla Siria, dallo Yemen al Congo – sono nei luoghi in cui gli uomini che muoiono hanno molti fratelli”. Gli esperti ritengono che la Russia potrebbe vedere meno di un milione di nascite quest’anno se le operazioni militari continueranno nei prossimi mesi. Questo sarebbe il più basso nella storia moderna, secondo Igor Efremov, ricercatore presso l’Istituto Gaidar di Mosca. Una stima separata di Mikhail Denisenko, direttore dell’Istituto di demografia di Mosca, suggerisce che un anno di servizio militare per i 300 mila uomini mobilitati nell’esercito lo scorso settembre e ottobre porterà a 25 mila nascite in meno. “La Russia è ora nel mezzo di un declino verso il basso in cui il numero di donne in età produttiva primaria diminuirà del 40 per cento tra il 2010 e il 2030” dichiara Raksha, demografo indipendente russo. “Anche senza la guerra, il numero delle nascite sarebbe diminuito. La guerra accelererà questo processo, ma nessuno sa di quanto al momento”. Raksha ritiene che, nel peggiore dei casi, la popolazione potrebbe iniziare a diminuire di un milione di persone ogni anno. Una condanna già scritta, sembrerebbe, a leggere The Atlantic: “Sedici russi muoiono ogni 10,4 bambini nati, con una popolazione in calo di 700 mila persone all’anno. Dalla caduta del muro di Berlino, nella Federazione Russa ci sono stati dieci milioni di morti in più rispetto alle nascite”. Anche Masha Gessen sulla New York Review of Books racconta un paese che sta esaurendo le persone. “Nei diciassette anni tra il 1992 e il 2009, la popolazione russa è diminuita di sette milioni di persone, un tasso di perdita mai visto in Europa dalla Seconda guerra mondiale”. E se i Russi pensano che l’occidente sia decadente, mandano tutti i loro figli a studiare e a vivere qui. Lo si apprende da una straordinaria inchiesta di Agnieszka Legucka e Bartosz Bieliszczuk intitolata “Kremlin Kids: The Second Generation of the Russian Elite”. Ekaterina Vinokourova, la figlia del ministro degli Esteri Sergei Lavrov, si è istruita all’estero. Quando Lavrov era ambasciatore presso le Nazioni Unite, Ekaterina frequentava la Dwight School di New York. Ha poi studiato scienze politiche alla Columbia University ed economia alla London School of Economics. Elizaveta Peskova, figlia del portavoce di Putin Dmitry Peskov, è cresciuta in Francia. Anche un’altra figlia di Peskov, Nadya, è cittadina americana. Uno dei figli di Peskov, Nikolay, è cresciuto a Londra. Il secondo figlio, Deni, vive a Parigi. Le figlie di Sergei Zheleznyak che guida il partito di Putin, Russia Unita, hanno studiato in Svizzera e in Inghilterra. Anastasia ha studiato all’American School in Svizzera e ha continuato i suoi studi alla Queen Mary University e al King’s College di Londra. Alexandra, figlia del deputato Piotr Tolstoy, vicino a Putin, è stata recentemente ammessa alla Yale University. Dopo essersi diplomato al liceo in Pennsylvania, il figlio maggiore del deputato della Duma Alexander Remezkov ha continuato i suoi studi alla Hofstra University di Long Island. Il secondo figlio ha studiato al Malvern College in Inghilterra e la figlia più giovane vive a Vienna. Alyona Minkovski, figlia della deputata Irina Rodnina, vive a Washington D.C. Si è laureata all’Università della California. Petr, figlio di Alexander Zhukov, il primo vicepresidente del Parlamento russo, ha studiato a Londra. Lyubov, figlia del vice primo ministro Alexander Khloponin, ha studiato alla London School of Economics. Anche Alexander, figlio dell’ex ministro dell’Istruzione e della Scienza Andrei Fursenko, ha studiato all’estero e ora vive negli Stati Uniti. Il pronipote del ministro degli Esteri di Stalin, Viaceslav Molotov, e figlio dell’attuale deputato Viaceslav Nikonov, ha la cittadinanza americana. La portavoce del ministero degli Esteri Maria Zakharova si è sposata a New York. Qualcuno ora evoca per la Russia un futuro “iraniano”, che è tra i paesi più tossicodipendenti al mondo, che ha il più alto tasso di fuga dei cervelli e la cui moria demografica rivaleggia soltanto con quella russa. “La popolazione della Russia negli ultimi dodici mesi ha subito il più grande declino in tempo di pace nella storia”, ha scritto il Moscow Times prima dello scoppio della guerra. Però c’è un settore che sta crescendo in Russia: le camere ardenti. L’arciprete Dmitry Smirnov, un funzionario della Chiesa ortodossa braccio destro del Cremlino, in una botta di sincerità ai capi di Mosca ha detto: “Non ci saranno più russi nel 2050”. Più che un orso, sembra lo scorpione che si inietta il proprio veleno.
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