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Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 21/02/2023, a pag.1, con il titolo "L’altra visita" l'analisi di Giulia Pompili.
Vladimir Putin con Xi Jinping Roma. Mentre iniziavano a circolare le immagini del presidente americano Joe Biden a Kyiv, ieri, il capo della diplomazia del Partito comunista cinese Wang Yi lasciava Budapest per raggiungere Mosca. Le due visite parallele sono anche la rappresentazione di due partnership contrapposte, due narrazioni della guerra antitetiche e, più in generale, due visioni dell’ordine mondiale. Durante lo scorso fine settimana, a Monaco, in una location che è ancora segretissima, il segretario di stato americano Antony Blinken ha incontrato Wang Yi “su richiesta della parte americana”, hanno fatto sapere i funzionari cinesi. Washington e Pechino sono arrivate a una lunga serie di appuntamenti diplomatici, nella settimana dell’anniversario della guerra in Ucraina, durante una inedita accelerazione delle tensioni. La causa è la crisi del pallone-spia cinese – individuato nello spazio aereo americano e poi abbattuto il 4 febbraio scorso, cioè nel giorno di un altro anniversario, quello dell’incontro tra il presidente russo Vladimir Putin e il leader cinese Xi Jinping a Pechino, per sancire “l’amicizia senza limiti” tra Russia e Cina. Sebbene il pallone-spia non sia mai stato considerato davvero una minaccia alla sicurezza nazionale americana, è la fiducia nelle comunicazioni tra Washington e Pechino a essere crollata. Dopo l’incontro tra Blinken e Wang, il segretario di stato ha rilasciato un’intervista durante la quale ha esplicitato un sospetto che era già circolato nei mesi scorsi. Alcune aziende cinesi, ha detto Blinken, avrebbero dato “sostegno non letale” alla guerra della Russia, e nuove informazioni dell’intelligence americana suggerirebbero che Pechino potrebbe essere disposta a fornire anche sostegno “letale”. Vuol dire: armi. “Non accettiamo che gli Stati Uniti puntino il dito contro le relazioni tra Cina e Russia, né tanto meno che esercitino coercizione e pressioni”, ha detto ieri il portavoce del ministero degli Esteri cinese, Wang Wenbin. Fino a oggi, Pechino ha fatto soprattutto da megafono alla propaganda del Cremlino contro l’occidente e soprattutto gli Stati Uniti. Specialmente in questi giorni di diplomazia pubblica e di anniversari, i media ufficiali di Pechino hanno pompato sulla versione dell’America e dei suoi alleati che “guadagnano” dalla guerra, che ne “alimentano la brutalità” senza lavorare davvero a una “soluzione politica”. In questo contesto, secondo diversi osservatori, anche la narrazione della Cina come possibile mediatrice nel conflitto è il frutto della propaganda russo-cinese. Wang Yi, in visita in Italia la scorsa settimana, ha incontrato il ministro degli Esteri Antonio Tajani e il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, e anche negli incontri con gli italiani ha ufficializzato l’annuncio della proposta di pace che verrà presentata il prossimo 24 febbraio dal leader Xi Jinping. Una proposta che avrà al centro non una mediazione – che per sua natura dovrebbe arrivare da un attore indipendente – ma il tentativo di guadagnare un ruolo nella crisi. E c’è molta aspettativa, anche nelle cancellerie occidentali, su questo documento, perché se c’è un paese che può offrire un patto di sicurezza di cui il Cremlino si fidi, quello è la Cina. Ma che tipo di richieste farà Pechino? Tutto dipende dal tipo di “pace” che verrà sostenuta. Sulla questione, alcune fonti del dipartimento di stato hanno indicato al Foglio la posizione espressa da Blinken a Monaco durante una conversazione con la ministra degli Esteri tedesca Annalena Baerbock. Nei prossimi giorni ci sarà l’Assemblea generale dell’Onu, ma anche il Consiglio di sicurezza – dove Russia e Cina si difendono a vicenda: se Pechino chiederà ancora una volta all’occidente di smettere di sostenere l’Ucraina, allora il lavorio diplomatico di questi giorni sarà stato vano. Proposte come un cessate il fuoco, ha detto Blinken, “sembrano attraenti. Ma dobbiamo essere incredibilmente cauti sul tipo di trappole che possono essere tese. Potrebbe accadere che Putin decida, visto che le cose stanno andando male per lui, di chiedere un cessate il fuoco immediato, congelando di fatto il conflitto e le linee del fronte esistenti”, ha detto il segretario di stato. “Non negozierà mai il territorio che ha conquistato. E nel frattempo userà il tempo per riposare, rifornirsi, riarmarsi e attaccare di nuovo”.
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