Monaco 1972: il coraggio della memoria Commento di Giulia Zonca
Testata: La Stampa Data: 12 agosto 2022 Pagina: 16 Autore: Giulia Zonca Titolo: «Il coraggio della memoria»
Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 12/08/2022, a pag.16, con il titolo "Il coraggio della memoria" il commento di Giulia Zonca.
Giulia Zonca
Uno dei terroristi di Monaco 72
Olympiapark è abituato alla vita, la migliore, da diversi anni, ma vederlo attraversato dalle tute delle nazionali e animato dagli Europei di nove sport riuniti nelle stesse date e nello stesso posto fa comunque effetto. Perché il posto è stato marchiato da un massacro 50 anni fa e ci fa ancora i conti. Monaco 1972, la sigla di una strage: 12 morti, 11 atleti, allenatori e arbitri israeliani e un poliziotto tedesco, giustiziati da un gruppo di terroristi palestinesi. Il settembre nero ha seppellito una Olimpiade e tutto quel cambiamento che di solito ci gira intorno. Anche la capitale della Baviera, come molte altre città a cinque Cerchi, ha messo su una faccia nuova dopo aver ospitato il mondo ai Giochi, però nessuno ha mai capito come. Quali infrastrutture, mode, ricerche, colpi di fulmine abbiano influito sul carattere e segnato il futuro, quali scelte fatte allora abbiano retto fino a oggi. Quali investimenti siano diventati eccesso. Solo ora il passato viene steso ad asciugare, eppure è ancora è impossibile accarezzare la memoria. La Germania ha proposto un risarcimento ai parenti delle vittime, respinto, battezzato con indignazione per la cifra considerata ridicola (5, 4 milioni di euro, in aggiunta ai 4, 8 già offerti alle famiglie), per il ritardo accumulato. Non ci sarà nessuno di loro alle cerimonie del 5 settembre, il giorno dello strazio, eppure stavolta Monaco prova a omaggiare i morti senza la vergogna dei vivi. Senza nascondersi. A iniziare da ora. Il parco non è molto diverso da come era, anche se adesso è colorato, rumoroso, familiare: sembra più una giostra che un concentrato di opportunità per gareggiare e non è un caso. Chi lo cura lo immagina all'opposto di quel che è stato. Le Bmx saltano acrobatiche davanti alla torre della televisione mentre in quei pochi giorni di festa, prima dell'attentato, il panorama sembrava già fermo e la torre incombeva più che svettare. Cartoline postume di una tragedia che si è lasciata dietro un tempo pesante, solo che è ora di liberarlo e per farlo bisogna che sia evidente. In mostra. Per decenni Monaco ha evitato di nominare l'orrore e così hanno fatto le Olimpiadi e l'intero sport, come se non accettare il carico del lutto fosse un modo di scansarlo, di non legarlo alla propria storia. Quella invece è rimasta e per essere superata va integrata al presente. Le palazzine che erano del Villaggio hanno resistito, ora sono un quartiere un po' freak popolato in maggioranza da studenti e l'alloggio di Connellystrasse 31, il teatro del disastro, è gestito da un centro scientifico che lo presta ai propri ricercatori. All'inizio c'era una clausola, non si poteva mostrare il luogo agli sconosciuti, è decaduta e ormai di quel numero civico segnato dai mitra rimane una semplice targa tra l'area di divertimento per i bambini e il parcheggio. Dal 2017, da quanto esiste un memoriale in mezzo al parco, i curiosi intorno all'indirizzo sono diminuiti e nessun altro fanatismo gli è più andato vicino. A raccontare chi stava lì ci pensano le parole appese al progetto firmato dall'architetto Peter Brucker: un luogo dove scorrono i fatti delle 24 ore tra il 5 e il 6 settembre. Hanno aperto il fianco di una collinetta per aprire un varco tra il Villaggio e gli impianti: «Un incisione, proprio come è stata quella notte. Abbiamo separato però i ritratti delle vittime, costruiti con un attento lavoro di ricostruzione, per non definirli come ostaggi, sono persone». La struttura geometrica è sempre aperta, «non si potevano dare orari al flusso di informazioni che deve scorrere». Dalle 4. 42 del 5 settembre alle 4.00 del giorno successivo, minuto per minuto, cantonate nella comunicazione comprese, le gare di equitazione in diretta sulla Zdf mentre il resto del mondo interrompeva il palinsesto con i tg straordinari, l'infelice frase, al di là della scelta, «i Giochi devono continuare». Monaco non si vergogna più, anche se quasi ogni anno circola qualche nuovo documento che viene valutato da una inutile inchiesta. Tra i nomi delle persone che il commando palestinese ha chiesto di liberare in cambio degli israeliani sequestrati c'erano anche terroristi tedeschi. Un'informazione recente ancora da processare, ma non è questa l'eredità che i tedeschi possono gestire come collettività. Sono segreti di stato e si parla di una commissione Germania-Israele per giudicarli. Monaco rincorre verità più leggere. Allo Stadtmuseum ha inaugurato «Monaco 72 fashion people and music» ovvero tutto quello che non si era osato guardare prima. Un recupero proibito. Lo stilista parigino André Courrèges aveva creato una linea aggressiva per i Giochi, un look garage misto safari per stare lontano da ogni vaga idea di divisa militare. La Germania era ancora considerata un esercito e la moda strapazzava l'idea con le uniforme unisex, con i calzettoni sportivi bianchi tirati sulle ginocchia che si vedono ovunque oggi. Quei Giochi osavano, erano avanguardia strozzata: pensati per voltare pagina, hanno bloccato il calendario. La mostra fa riemergere il teatro di strada e gli happening voluti per togliere distanza, per presentarsi aperti, coinvolgenti e senza filtri. Il massacro ha affogato l'intenzione che in qualche strano e tortuoso modo è arrivata fino a qui, a un multleuropeo formato festival. E nonostante il ritardo forse il tempo non è ancora scaduto.
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