Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 04/08/2022 a pag. 4, l'articolo di Daniel Mosseri dal titolo "Scholz riapre al nucleare. Gli allarmi economici e l’assillo della turbina".
Daniel Mosseri
Berlino. La turbina bloccata in Germania, l’ingombrante predecessore Gerhard Schröder che si mette di mezzo e una mezza marcia indietro sul nucleare. Ennesima settimana di passione per il cancelliere tedesco Olaf Scholz, impegnato ora a criticare il Cremlino ora a cambiare la politica energetica senza sfasciare il governo. Di tutte le questioni, quella della turbina è quella più fastidiosa anche perché, in teoria, di più facile soluzione. Riassunto delle puntate precedenti: a giugno la Russia taglia del 60 per cento le forniture di gas tramite il condotto Nord Stream 1 accusando la mancata restituzione di una turbina made in Germany inviata mesi prima a Siemens Canada per riparazioni. La storia è vera, la turbina è in Canada e Berlino convince Ottawa a sospendere le sanzioni e a farla tornare, riparata, in regione renana. Un’operazione delicata che fa infuriare Kiyv ma che rischia di non produrre effetti. Perché la turbina “può essere trasportata e utilizzata in qualsiasi momento”, ha dichiarato mercoledì Scholz facendosi ritrattare proprio davanti al corposo componente meccanico “spiaggiato” a Mulheim an der Rühr. Ospite di Siemens Energy, il cancelliere ha spiegato che “il mancato adempimento dei contratti di fornitura di gas non ha alcuna ragione tecnica”. Questa è la seconda e più diretta sollecitazione inviata al Cremlino a mezzo stampa. In precedenza, rivolto al Globe and Mail, Scholz aveva dichiarato di voler tenere fede alla parola data al presidente russo Vladimir Putin assicurando che la turbina era pronta per essere restituita. Il messaggio del cancelliere al capo del Cremlino è molto chiaro: il bluff è scoperto, la turbina aspetta di essere consegnata, non avete più scuse per ridurre il flusso di gas. Ma né Putin né Gazprom hanno orecchie per il cancelliere. Tutt’altro trattamento è invece riservato a Schröder, additato da (quasi) tutto il Bundestag e da (quasi tutti) i socialdemocratici quale pecora nera di cui vergognarsi. Demiurgo dei gasdotti diretti russo-tedeschi, l’ex cancelliere non è solo un lobbista a tempo pieno degli idrocarburi russi ma è anche intimo di Vladimir Vladimirovic, da lui appena incontrato a Mosca. Intervistato da Stern, Schröder, ha fatto sapere che “Putin vuole una soluzione negoziata” al conflitto con l’Ucraina: che i piani di Kyiv per la riconquista della Crimea “sono assurdi”. Schröder ha poi suggerito la concessione di piena autonomia al Donbass e ammesso che questa guerra “è stato un errore da parte russa”, ma niente più. Ciliegina sulla torta “perché la turbina Siemens sia ancora in Germania e non in Russia, io non lo capisco” ma la responsabilità, ha aggiunto, è da imputare all’azienda di casa, non certo a Gazprom. Scholz non avrà gradito vedere il suo predecessore contraddirlo punto per punto; eppure terrà la lingua a freno. Schröder tenta di accreditarsi quale mediatore fra Mosca e l’occidente: mettersi a polemizzare con lui sarebbe controproducente anche per Scholz. La questione energetica resta per lui la più urgente: l’ultimo grido di allarme è arrivata da Commerzbank. “Una grave carenza di forniture di gas naturale” potrebbe innescare “una reazione a catena con conseguenze imprevedibili” per l’economia tedesca, ha scritto la banca temendo in particolare il blocco degli impianti chimici della Basf a Ludwisghafen, dove il gas non può essere sostituto con altri combustibili. Ecco perché Scholz ha anche impresso una svolta alla politica energetica tedesca. Tenere in vita oltre alla scadenza “naturale” del prossimo dicembre i tre reattori nucleari ancora attivi in Germania “potrebbe avere senso”, ha affermato. Perché se il blocco degli impianti chimici fa paura, la quarta economia globale non può certo permettersi di prendere la via dei blackout il prossimo inverno. Prolungare la vita degli impianti, un boccone amarissimo per gli alleati Verdi, aiuterebbe a risparmiare elettricità. Né va dimenticato che, oltre a scaldare le case, e a far funzionare l’industria chimica e quella alimentare, parte del gas usato in Germania (circa il 13 per cento) oggi è utilizzato proprio per la produzione di elettricità.
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