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Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 30/06/2022, con il titolo "'Augias e Oliver Stone putiniani'. Il report che imbarazza il Pd", l'analisi di Giuliano Foschini, Fabio Tonacci. Ci stupisce leggere su Repubblica questo attacco a una iniziativa meritevole come quella dell'On. Andrea Romano. Che i talk show delle televisioni italiane -tutte!- abbondino di invitati pro Putin è una verità che le distinguano se paragonate alle Tv europee. C'è però un aspetto positivo, l'elenco di quei nomi aiuterà i lettori a non dimenticarli. Giuliano Foschini Fabio Tonacci Vladimir Putin Se tutto è disinformazione, nulla è disinformazione. L’assunto è banale, ma nel marasma comunicativo generato dalla prima guerra in Europa del ventunesimo secolo c’è chi, ancora, ci scivola su. La buccia di banana, questa volta, è stato il report “Disinformazione sul conflitto russo- ucraino” curato dalle ong Federazione italiana diritti umani e Open Dialogue, e presentato martedì in Parlamento in una conferenza stampa con l’onorevole del Pd Andrea Romano: annunciato come lavoro di tracciamento di casi di chiara disinformazione pro Cremlino, è invece un pentolone dove tutto si mischia — opinioni, fatti, versioni, interviste — e dove tutto, quindi, si perde. Le trenta pagine cominciano così: «Dall’inizio del conflitto in Ucraina, speculazioni e contenuti propagandistici sono stati diffusi sul web e nei media italiani». Segue un elenco di servizi individuati come propaganda se non propriamente dettata dalla Russia comunque favorevoli a Vladimir Putin: ci sono gli interventi del corrispondente Rai da Mosca Marc Innaro, le ospitate di Alessandro Orsini e Donatella Di Cesare a #Cartabianca su Rai Tre, un’intervista allo scrittore russo Nikolai Lilin, la puntata della trasmissione “Rebus” del 27 febbraio dove Corrado Augias discuteva con lo storico Alessandro Barbero, l’intervista di Oliver Stone a Putin, alcuni articoli delFatto Quotidiano e gli interventi di Toni Capuozzo su Mediaset. Il punto è che — a differenza di quanto ha deciso l’Unione Europea definendo i criteri della disinformazione e bloccando Russia Today e Sputnik — il dossier non prova neanche a distinguere tra opinioni personali e fake news: si limita a gettare nell’unico calderone cose ben diverse tra loro. La questione è diventata, inevitabilmente, politica: la partecipazione di un esponente del Pd alla conferenza stampa, e l’annunciata presenza di altri due parlamentari (Lia Quartapelle del Pd e Riccardo Magi di +Europa) annullata all’ultimo momento, ha scatenato un putiferio, facendo piovere sul partito accuse di “caccia alle streghe”, “liste di proscrizione”, “fatwa”. Le due ong spiegano che per disinformazione intendono «la diffusione non di opinioni, che sono legittime, ma di fatti, dati e argomentazioni che non trovano riscontro nella realtà» e sostengono che Pd e + Europa non abbiano avuto alcun ruolo nella stesura del report. Repubblicaha chiesto ad Andrea Romano il motivo del suo “patrocinio” (è lui adaver prenotato la sala alla Camera per l’evento): «Perché credo che il tema della penetrazione della disinformazione russa in Italia sia sotto gli occhi di tutti. Purtroppo cammina anche sulle gambe di giornalisti validissimi che, spesso in modo inconsapevole, non contrappongono alla disinformazione putiniana i fatti per come essi sono. E i fatti vengono sempre prima delle opinioni che sono tutte legittime». Magi e Quartapelle hanno disertato l’evento dopo aver letto il report, e non per caso. «Guardiamola in positivo: l’errore è sostenere che tutto sia disinformazione », dice Quartapelle. «Dobbiamo distinguere cosa lo è da cosa non lo è, per poterla combattere. Questo episodio è l’occasione per discutere con serietà sull’argomento». Magi sottolinea il pericolo insito in ricerche pur animate, in linea di principio, da obiettivi condivisibili: «Il dossier confonde piani diversi, rischiando di creare liste di proscrizione che hanno coinvolto professionisti impegnati da anni per una informazione circostanziata sulla Russia. La stampa libera è uno dei punti di forza delle nostre democrazie. I bavagli, le pagelle di conformità, lasciamole a quei regimi che poco hanno di democratico».
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