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Il Mattino Rassegna Stampa
07.01.2003 Che il Vesuvio renda ciechi ?
Medio Oriente senza pace: tutta colpa di Israele secondo il Mattino

Testata: Il Mattino
Data: 07 gennaio 2003
Pagina: 1
Autore: un giornalista
Titolo: «Medio Oriente senza pace»
L'articolo è pieno di termini faziosi: nemmeno la strage di Tel Aviv fa cambiare idea al giornalista su Israele. Vediamo quanto segue:
Tel Aviv. Il copione si è ripetuto anche stavolta: nella notte la rappresaglia israeliana, con gli elicotteri che hanno lanciato una decina di missili su Gaza e i blindati che hanno attaccato il campo profughi di Rafah, distruggendo l’abitazione di un attivista della Jihad. Sette i feriti tra i palestinesi.
Il giornalista, che in un attimo sembra dimenticarsi del terribile doppio attentato suicida avvenuto a Tel Aviv, descrive l’attacco israeliano contro un terrorista (non attivista: terrorista). Sarà anche così ma bisogna ricordarsi che i militari israeliani sono da molto tempo sulle tracce dei terroristi e i loro mandanti e che quindi le loro azioni sono purtroppo di "normale" routine, in nome della difesa dello Stato d’Israele.
E parlare di una rappresaglia è come parlare di vendetta: un termine non consono agli obiettivi militari israeliani che consistono soprattutto nella cattura dei terroristi e nella distruzione del terrorismo che ormai si è radicalizzato in Palestina.
La vendetta ha in sé il sangue palestinese: Israele si limita a difendersi.

Il premier israeliano Ariel Sharon, subito dopo il doppio attentato che ha provocato venti morti a Tel Aviv, ha avuto un incontro con il ministro della Difesa Shaul Mofaz (considerato un «falco»).
Ma c’era proprio il bisogno di sottolinearlo? Sono così importanti le distinzioni fra falchi e colombe in un caso del genere?
Mofaz ha a sua volta convocato i comandanti dell'esercito nella sede del Ministero della Difesa. Previsto nella notte anche un incontro tra il primo ministro e il ministro degli Esteri Benyamin Netanyahu (anch’egli su posizioni «dure», tanto da aver recentemente criticato Sharon «da destra»).
In casi come questi è difficile poter parlare di "morbidezza": senza un pizzico di durezza e tenacia, Israele scomparirebbe subito
I dubbi sembrano riguardare dunque più l’entità della rappresaglia che il fatto che verrà portata a termine. La tentazione di Sharon, stavolta, potrebbe essere quella di colpire direttamente Arafat. Nei mesi scorsi il governo israeliano ha periodicamente stretto d’assedio il presidente palestinese nel suo quartier generale di Ramallah, in Cisgiordania, all’indomani di azioni terroristiche particolarmente cruente. E l’attuale ministro degli Esteri Netanyahu (ed ex premier) durante lo scontro con Sharon per la guida del Likud (il partito della destra israeliana) ha più volte sostenuto di volere l’«esilio» di Arafat. La prossimità delle elezioni (si voterà il 28 gennaio) potrebbe comunque condizionare le decisioni del premier.
D’altra parte la ferma condanna dell’attentato di ieri da parte dell’Autorità Nazionale Palestinese di Arafat non farà certo cambiare linea alla leadership israeliana.
Ovviamente: Arafat ha da sempre condannato il terrorismo ma a PAROLE. I fatti dove sono? Fino a che Arafat continua ad appoggiare il terrorismo -e lo nega senza però mai dimostrarlo-, Israele continua sui suoi passi
E, anche in questo caso come da copione, all’indomani della strage lo stesso Sharon è tornato ad accusare l’Anp.
non si tratta di uno spettacolo teatrale: stiamo parlando di una vera e propria strage di civili! Se le cose si ripetono, è perché il terrorismo non vuole fermarsi, bensì continuare finchè Israele non scompare.


L'Autorità nazionale palestinese di Arafat - ha tuonato il primo ministro israeliano - «continua ad appoggiare il terrorismo». Sharon lo ha sostenuto parlando a un incontro con studenti ebrei giunti dall'estero. Collaboratori del premier hanno aggiunto alla televisione che «sono pura finzione» i colloqui inter-palestinesi in corso al Cairo, in cui viene discussa la sospensione degli attacchi contro i civili israeliani. «Quei colloqui non hanno il benché minimo valore», hanno aggiunto gli anonimi collaboratori del primo ministro. In realtà i colloqui - con la mediazione dei più stretti collaboratori del presidente egiziano Mubarak - erano stati voluti proprio da Arafat,
dunque una garanzia innegabile! Arafat ha sempre ragione e Israele sempre torto. Ma chi lo può dimostrare? Perché è così difficile credere che Arafat stesso finanzi una sua associazione terroristica e che appoggi tutte le altre?
per tentare di convincere i gruppi integralisti Hamas e Jihad islamica a mettere fine agli attentati terroristici. Soltanto in questo modo, infatti, il presidente palestinese può sperare di spingere la comunità internazionale a premere su Sharon perché si riaprano colloqui di pace.
Forse potremmo perdonare il giornalista per la sua scarsa memoria dei fatti ma sicuramente non il fatto di descrivere Arafat come un martire, vittima della malignità israeliana: ad ogni negoziato di pace, Arafat ha sempre avuto una risposta pronta per rifiutarlo, trascinando con sé la Palestina in una situazione sempre più drammatica.
Ieri, a poche ore dalla carneficina di Tel Aviv, la condanna degli attentati da parte dell’Anp è stata netta.
Netta in che senso? Hanno mai fatto qualcosa per rintracciare gli altri possibili attentatori? Hanno mai fatto qualcosa per evitare nuove stragi di questo genere?
A nome del presidente Arafat, il capo dei negoziatori palestinesi, Saeb Erekat, non solo ha fermamente condannato l'attentato di Tel Aviv, ma ha nel contempo respinto le accuse di Sharon, secondo il quale, appunto, l'Anp sarebbe coinvolta in tutti gli attentati di questo tipo. «A nome di Arafat condanno questo attacco, come tutti quelli precedenti dello stesso tipo - ha detto Erekat - Respingo con forza le accuse del governo israeliano, e vorrei ricordare loro che non c'erano stati più attentati dal 21 novembre, e che durante lo stesso periodo i morti palestinesi sono stati 154, tra cui molte donne e bambini».
non c’erano più attentati da allora, è vero, ma questo soprattutto grazie ad Israele che ne ha sventati almeno una decina solo in questi primi giorni dell’anno.
Erekat si è detto convinto che il governo Sharon non abbia nessuna intenzione di lavorare per la pace in Medio Oriente, aggiungendo tuttavia che sia giunto «il momento di sedersi intorno ad un tavolo».
Veramente il governo israeliano non aspetta altro, e lo dimostrano tutti i precedenti negoziati mai accettati dall’Anp.
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