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Riprendiamo da FAMIGLIA CRISTIANA di oggi, 30/12/2021, a pag. 62, con il titolo "Gaza, la lotta quotidiana per l'acqua potabile", l'articolo di Giulia Cerqueti.
L'articolo si contraddistingue per la menzogna omissiva. Cerqueti denuncia la situazione drammatica in cui versa la vita di molti abitanti di Gaza, omette però di indicare i responsabili di questo stato di cose: non Israele, che da sempre è disposto a una pacifica convivenza, bensì i terroristi di Hamas, il cui regno del terrore opprime la stessa popolazione araba palestinese della Striscia.
Ecco l'articolo:
L’acqua potabile nella Striscia di Gaza non è un bene scontato, sicuro, garantito. Ogni giorno i palestinesi di questo angolo martoriato di Medio Oriente lottano per avere accesso all'acqua pulita. Gaza è una delle aree più densamente popolate del mondo. La sua popolazione è in crescita e la falda acquifera è stata sfruttata ben al di sopra delle sue capacità, così, il livello dell'acqua è finito sotto quello del mare e la penetrazione dell'acqua salata ha reso il 97% delle risorse idriche non potabili. Gli impianti di desalinizzazione dell'acqua dipendono dall'elettricità, ma a Gaza la fornitura di corrente elettrica viene tagliata e ridotta a poche ore al giorno, di conseguenza gli impianti non possono lavorare come dovrebbero. Anche il funzionamento degli impianti di depurazione delle acque reflue è seriamente compromesso dai tagli dell'elettricità, oltre che da altri fattori: spesso ai materiali necessari al trattamento di depurazione idrica viene negato l'ingresso da parte delle autorità israeliane, con la conseguenza che anche la corretta manutenzione delle strutture viene meno. Gli scarichi prodotti dalle attività quotidiane di oltre due milioni di palestinesi finiscono direttamente nel Mediterraneo, contaminando Il mare e mettendo in serio pericolo la salute della popolazione.
A fotografare la drammatica situazione di emergenza idrica a Gaza è stato Sami Alhaw, 37 anni, regista, documentarista palestinese, oggi responsabile media e comunicazione della Ong Oxfam a Gaza, in un cortometraggio intitolato Salt (Sale), che racconta la desolante realtà del progressivo deterioramento del sistema idrico nella Striscia e le difficoltà quotidiane dei suoi abitanti. Come racconta Alhaw, per assicurarsi acqua pulita l'opzione più facile è quella di acquistarla imbottigliata da rivenditori privati. Ma per la maggior parte dei palestinesi è un'opzione troppo costosa, inaccessibile. E chi non ha soldi deve percorrere anche chilometri per andare a procurarsi l'acqua pulita nei punti di approvvigionamento pubblici. O addirittura bere l'acqua sporca, contaminata che esce dal rubinetto di casa. I servizi igienico-sanitari sono gravemente compromessi, con pesanti ricadute sulla vita quotidiana e sulla salute degli abitanti. Come raccontano da Oxfam, solo un nucleo familiare su dieci ha accesso diretto all'acqua potabile. E le malattie legate alla penuria di acqua pulita e quindi alla carenza igienico-sanitaria rappresentano il 26% delle patologie che colpiscono i bambini di Gaza. Alla crisi idrica si aggiungono il dramma della pandemia del Covid-19, l'insicurezza alimentare, la disoccupazione dilagante, soprattutto fra le donne. I palestinesi continuano a vivere un'emergenza umanitaria, aggravata dalla nuova crisi israelo-palestinese e dall'escalation di violenze dello scorso maggio. Oxfam prosegue il suo impegno in prima linea nel Territorio: fin dall'inizio dell'emergenza Covid la Ong ha lavorato senza sosta sul campo per prevenire o frenare i contagi tra le fasce più vulnerabili della popolazione e per garantire l'accesso a servizi igienico-sanitari sicuri. Oggi l'organizzazione sta lavorando in collaborazione con i suoi partner locali per soccorrere 300 mila persone, per garantire loro l'accesso all'acqua potabile, per fornire aiuti alimentari e sostegno diretto al reddito alle comunità più povere, fragili, emarginate, bisognose di tutto. Tra gli obiettivi di Oxfam: tenere in funzione i tre principali impianti di desalinizzazione di acqua da cui dipendono centinaia di migliaia di persone nella zona sud di Gaza; ripristinare nove infrastrutture idriche e fognarie che servono oltre 39 mila famiglie; sostenere le comunità contadine, in una terra in cui l'agricoltura è alla base della sussistenza.
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