Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello
Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.
Afghanistan: indignazione a senso unico Commento di Giulio Meotti
Testata: Il Foglio Data: 24 agosto 2021 Pagina: 1 Autore: Giulio Meotti Titolo: «Indignados a Kabul»
Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 24/08/2021, a pag. 1, l'analisi di Giulio Meotti dal titolo "Indignados a Kabul ".
Giulio Meotti
Shabana Rasik
Roma. "Vent'anni dopo, come fondatrice dell'unico collegio femminile in Afghanistan, sto bruciando l'archivio dei miei studenti non per cancellarli, ma per proteggere loro e le loro famiglie". E' il video che Shabana Rasik ha postato sui social. Donne che cancellano le identità digitali, sportive esortate a bruciare le maglie, studentesse che nascondono l'iscrizione all'università, altre che svuotano le trousse di trucchi, librai che nascondono i titoli "blasfemi" e Arson Fahim, pianista di Kabul volato a Boston due settimane fa, che racconta di "miei amici musicisti che hanno iniziato a nascondere gli strumenti musicali". Eppure, le brigate occidentali dell'antidiscriminazione tacciono. Madre ebrea polacca e padre gambiano, Rachel Khan è una sceneggiatrice e scrittrice francese di successo. Nel suo ultimo libro, Racée, Khan attacca l'antirazzismo nato nei campus americani. Domenica, sul Journal du Dimanche, Khan ha scritto: "I decolonialisti e le femministe intersezionali non sembrano né offese né indignate. Come chi denuncia con magniloquenza il dominio dei maschi bianchi cisgender". La loro unica ossessione, scrive Khan, "è alimentare teorie morbose per vendicarsi dell'occidente". Sull'Express, la scrittrice iraniana esule a Parigi, Abnousse Shalmani, attacca un multiculturalismo che "distilla veleno relativistico" e giustifica "gli efferati crimini dei terroristi come fossero oppressi". Scrive che il neofemminismo "riconduce qualsiasi difesa delle donne musulmane all'universalismo moribondo e razzista che vorrebbe che le donne afghane assomigliassero a noi". Durissima anche una donna di origine musulmana, sotto fatava da quasi vent'anni e che ha subito la mutilazione genitale, Ayaan Hirsi Ali. "Quando un pesce marcisce, la testa marcisce per prima", scrive la sceneggiatrice di "Submission" (costato la vita a Theo van Gogh) su Unherd. "Lo stesso si può dire per l'occidente. Siamo diventati così concentrati sulle `microaggressioni' che abbiamo perso di vista le macroaggressioni alle donne. Dedichiamo più attenzione all'uso dei pronomi di genere che alle donne sotto minaccia". Ma ca me si fa a parlar male del burqa talebano se per anni se ne è difeso il "diritto" a portarlo, accusando di "islamofobia" chiunque facesse presente che il mondo visto da dietro quella grata di ferro non è molto "inclusivo"?
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