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Giudei
Gaia Servadio
Bompiani
euro 19
La copertina
Nell’ambito della letteratura ebraica e non solo, la saga familiare risulta fra i generi narrativi più apprezzati, capace di incontrare in modo trasversale i gusti dei lettori. Autori del calibro dei fratelli Singer - basti pensare a “La famiglia Karnowski” di Israel J. Singer o “La famiglia Moskat” di Isaac B. Singer, per non parlare dei più recenti “La fortuna dei Meijer” di Charles Lewinsky o “La luce è là” di Agata Bazzi – ci hanno consegnato capolavori letterari indimenticabili in cui le vicende dei personaggi si intersecano agli eventi storici realmente accaduti, offrendo preziosi spaccati di Storia che altrimenti scivolerebbero nell’oblio. In questo contesto si inserisce “Giudei” il nuovo romanzo di Gaia Servadio, scrittrice, giornalista, pittrice nata a Padova nel 1938, l’anno delle leggi razziali, insignita del titolo di Cavaliere ufficiale della Repubblica dal Presidente Sandro Pertini e nel 2013 Commendatore al merito della Repubblica Italiana. Attualmente vive fra l’Umbria e Londra dove si è trasferita negli anni Cinquanta. “Giudei”, un romanzo con molti riferimenti alla storia familiare dell’autrice senza però essere una vera biografia, intreccia nell’arco di un secolo i destini di due famiglie ebree diverse tra loro per cultura e tradizioni: i Foà che vivono a Torino, fieri sostenitori dei Savoia, rappresentano la piccola borghesia conservatrice e i Levi, amanti della musica, dei libri, con uno spirito libero e con lo sguardo rivolto al mondo, abitano nelle Marche e posseggono anche un piccolo rifugio a Torrette dove ogni tanto si recano per ritemprarsi dagli affanni della vita.
Gaia Servadio “Raccontava mio nonno Zaccaria che quando suo cugino Samuele andò in Lucchesia gli capitò una cosa che non avrebbe più dimenticato” Il romanzo inizia con un fatto realmente accaduto di cui sono testimoni i due protagonisti, Zaccaria e Samuele Levi, cugini e amici, accomunati dalla passione per la musica lirica: l’incidente d’auto occorso a Giacomo Puccini nel febbraio 1903. Sullo sfondo di un paesaggio toscano illuminato dal sole e percorso da cipressi e olivi, Zaccaria, un giovane serio, appassionato lettore e Samuele, laureato in ingegneria con il sogno di diventare impresario teatrale, incontrano il celebre compositore Giacomo Puccini che a seguito di un incidente si trova immobilizzato sotto la sua automobile. Mentre Samuele cerca i soccorsi, Zaccaria rimane a fare compagnia al musicista e alla sua compagna priva di sensi che però…non è la moglie! Cresciuto in una famiglia dove “tutti sparlavano dei giudei” Puccini si lascia andare a commenti antisemiti di cui avrà modo di pentirsi in seguito diventando amico dei cugini che gli hanno salvato la vita e la reputazione! Con questo vivace e ironico incipit prende avvio una saga familiare maestosa in cui i capitoli, raccontati dai diversi componenti le famiglie Levi e Foà, si alternano con grande ritmo ed eleganza stilistica.
“… l’Europa dell’Ottocento era antisemita, spiegava Samuele a mio nonno e quando non lo era stata? E con l’apertura dei ghetti la società si era arricchita di persone che anche loro volevano raggiungere un miglior livello di vita. Insomma, una nuova competizione nella faticosa lotta tra le tribù umane…In Italia ci aveva pensato la Chiesa, che da secoli tacciava gli ebrei di aver assassinato Dio…” A Torino, la raffinata capitale sabauda, i Savoia avevano aperto i ghetti prima degli altri stati italiani e per questo molti ebrei, inclusi i futuri suoceri di Zaccaria, erano incantati dal fatto di essere accettati dalla società dei gentili, persino dalla Corona. O almeno così credevano. E’ un matrimonio combinato a intrecciare i destini delle famiglie Levi di Ancona e Foà di Torino. Zaccaria che apparteneva a una famiglia facoltosa era un buon partito per la giovane Rebecca che disgraziatamente aveva scambiato qualche occhiata con un goy e sebbene ogni tanto il futuro genero manifestasse idee pericolose “con l’età sarebbe maturato” pensava il maggiore generale Moisè Foà, “e una buona moglie e dei figli avrebbero contribuito a fargli mettere la testa a posto”. Gli agiati marchigiani s’incrociano con i borghesi tradizionalisti di Torino e danno vita ad una dinastia che attraversa un intero secolo sferzato da guerre, leggi razziali, persecuzioni, perdite per ritrovare alla fine un nuovo difficile equilibrio che non lascia indenni da cicatrici nel corpo e nell’anima. Molti i personaggi che si muovono sulla scena, ciascuno con una forza e una specificità che colpiscono il lettore coinvolgendolo nelle drammatiche vicende che li vedono protagonisti. Samuele che si è arruolato come alpino nella Prima Guerra Mondiale non rivedrà più la figlioletta Giovanna, adottata in seguito da Sara, sorella di Rebecca, una giovane dal cuore immenso, che rimarrà vittima delle atrocità naziste. I figli di Zaccaria, dai bei nomi letterari, Cielo, Michelangelo, Ariel, Miranda, Miriam, Prospero seguiranno percorsi di vita diversi l’uno dall’altro. C’è chi lascerà l’Italia per l’America, chi dovrà affrontare le leggi razziali, chi vedrà i propri cari morire colpiti dalle bombe degli Alleati oppure uccisi nei campi di sterminio, chi diventerà partigiano per liberare l’Italia dal giogo nazifascista abbracciando la causa del partito comunista, chi sceglierà la professione di medico per essere vicino ai più deboli. Più laici i Levi, più tradizionalisti i Foà, per tutti saranno le leggi razziali a definire la loro appartenenza all’ebraismo, lasciandoli sgomenti e increduli dinanzi alle espulsioni dalle attività lavorative, dalle scuole, da una quotidianità che credevano consolidata. Donne, uomini e bambini che nel corso degli anni sarebbero stati definiti ebrei, giudei, israeliti, esseri umani senza valore, privati della loro dignità e spesso della vita.
Con una pluralità di voci, ciascuna con un proprio registro, l’autrice racconta le vicende dei Levi e dei Foà da più punti di vista che arricchiscono il mosaico narrativo offrendo al lettore la possibilità di “ascoltare la storia” da prospettive diverse. Attraverso una saga familiare imperdibile Gaia Servadio punta i riflettori sui problemi che hanno afflitto l’Italia nel dopoguerra: la difficile condizione della donna (“L’opinione della donna non veniva presa in considerazione nemmeno sui temi tradizionalmente femminili come l’infanzia e la scuola, al maschio ogni decisione”), l’antisemitismo tutt’altro che sparito con la caduta del fascismo, la tentazione forte di farsi giustizia da sé dinanzi ai delatori che avevano condotto alla morte ebrei innocenti. L’autrice inquadra con lucidità l’Italia della ricostruzione economica raccontando della Olivetti di Adriano Olivetti a Ivrea, “dove la gente trovava lavoro ed era trattata bene” perché “tutto sembrava possibile nel suo mondo”, senza dimenticare l’ENI una grande industria statale nel settore energetico con a capo Enrico Mattei. Nel libro si ragiona anche di sionismo, delle guerre di Israele con l’orgoglio per il nuovo stato degli ebrei e infine si riflette sul significato di essere ebreo per chi non è aduso alle tradizioni religiose e alle feste ebraiche.
“Comportati da ebreo aveva detto mio zio. Cosa significava?.... Forse i nostri figli, i figli dei nostri figli non avrebbero creduto al rifiuto di una società di riconoscerci come esseri umani”. “Avrei dovuto scrivere, scrivere qualche cosa, una testimonianza, la mia testimonianza” fa dire l’autrice al giovane Aaron. “Un libro è una testimonianza, un articolo su un giornale dopo un giorno non esiste più anche se è stato letto da mezzo milione di persone; un libro, anche se non lo ha letto che una decina di persone, ritorna, sparge le sue idee, aiuta a pensare”. “Giudei” è senza dubbio un romanzo capace di “spargere le sue idee e di aiutare a pensare”, un’opera di grande valore letterario in cui la musica ha un ruolo centrale quasi una presenza costante nella vita quotidiana di molti personaggi. Protagonista della scena culturale internazionale Gaia Servadio, che ha pubblicato una trentina di libri tra saggi e romanzi fra i quali “Un’infanzia diversa (Rizzoli, 1998), “Raccogliamo le vele” (Feltrinelli, 2014), “Tanto gentile e tanto onesta” (Sonzogno, 2015), ci ha regalato una saga familiare potente e generosa che restituisce al lettore l’antica meraviglia di una grande storia in cui perdersi.
Giorgia Greco |
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