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Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele 06/04/2025

Jordan Peterson intervista Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele
Video con sottotitoli italiani a cura di Giorgio Pavoncello

Jordan B. Peterson intervista il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sulla storia di Israele e sul diritto degli ebrei alla loro terra ancestrale, la Terra d'Israele, situata tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo. Questa è la risposta alla narrazione falsa araba e alla loro assurda rivendicazione della terra di Israele, la patria del popolo ebraico da tempo immemorabile. La risposta a qualsiasi rivendicazione araba su una terra che chiamano "Palestina". La terra di Israele, che hanno invaso, non è mai stata terra araba e non sarà mai loro.



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Informazione Corretta Rassegna Stampa
06.12.2020 Assedio a Fort Biden
Analisi di Antonio Donno

Testata: Informazione Corretta
Data: 06 dicembre 2020
Pagina: 1
Autore: Antonio Donno
Titolo: «Assedio a Fort Biden»
Assedio a Fort Biden
Analisi di Antonio Donno

Elezioni Usa, California ok: Biden supera soglia per presidenza
Joe Biden

Joe Biden sta completando il suo team, ma i problemi non mancano. Intorno a lui si affollano i questuanti. Tutto previsto. È l’eredità dei tempi di Obama, sia nei contenuti, sia nei personaggi. Biden diventerà ostaggio di Obama e degli obamiani? Staremo a vedere. Con l’elezione di Biden, molti commentatori hanno affermato che la parentesi trumpiana, che aveva rappresentato una cancrena nella storia della democrazia americana, si è chiusa con il ritorno degli Stati Uniti nello stabile mainstream democratico nazionale. Ma è presente un fattore di importante peso politico che offusca il quadro idilliaco descritto dai sostenitori della nuova Amministrazione democratica: il già detto affollamento di gruppi e sottogruppi, oltre che di singoli individui, che dichiarano che il loro sostegno sia stato in qualche modo determinante per la vittoria di Biden, e il fatto che ben 72 milioni di americani abbiano votato per Trump, una cifra veramente straordinaria per un perdente.

Già nell’elettorato che aveva portato Obama alla Casa Bianca si era notata la presenza di una varietà di fattori che aveva modificato l’immagine tradizionale del Partito Democratico, ma con le elezioni di quest’anno tale immagine si è arricchita di componenti della più varia estrazione sociale e politica, dai moderati centristi all’estrema sinistra. Infatti, i sostenitori di Sanders hanno votato per Biden, a differenza di quanto avevano fatto nelle elezioni del 2016, quando quella componente si astenne massicciamente, non avendo il Partito scelto Sanders per favorire l’odiata Hillary Clinton per lo scontro finale. Ma proprio questa componente oggi preme perché Biden vari un programma politico che si distacchi dal consueto moderatismo centrista del partito e addirittura scavalchi a sinistra la stessa impostazione programmatica che fu di Barack Obama. Un nodo politico che Biden avrà difficoltà a sciogliere, sia in politica internazionale, sia in quella interna. In quest’ultimo campo, la povertà ancora più acuta a causa del Covid-19 in aree tradizionalmente arretrate (la Rust Belt appalachiana e gli Stati del Sud), che hanno votato per Biden, richiede interventi immediati e cospicui, pena il diffondersi di un profondo dissenso e di probabili manifestazioni di rabbia.

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La copertina del libro di Arthur M. Schlesinger, Jr.

Insomma, con l’elezione di Biden il Partito Democratico ha presentato una faccia del tutto nuova rispetto al passato. L’americanismo, cioè l’ideologia che ha sempre contraddistinto il partito e che ha rappresentato nel tempo il collante che ha unito classi e minoranze in un “comune destino”, come aveva affermato Thomas Jefferson agli esordi della nazione americana, si è sciolto in un coacervo di identità differenti che si fanno portavoce di una filosofia dell’eguaglianza radicata nella diversità, un’eguaglianza che prescinde dalla comune appartenenza alla nazione americana e ai suoi valori fondativi, ma fa riferimento a un’astratta concezione umanitaria. L’esito di tale filosofia è stato pronosticato con grande finezza d’analisi già nel 1991 da Arthur M. Schlesinger, Jr., in La disunione dell’America: “L’ideologia etnocentrica inculca l’illusione che nell’appartenenza a questo o quel gruppo etnico si incarni la vera esperienza americana”. Oggi, all’etnocentrismo si aggiungono diversi altri fattori divisivi – politici, sociali, culturali – tutti richiedenti un loro “posto a tavola”. In definitiva, il multiculturalismo, tanto osannato da coloro che vedono in esso la vera sostanza democratica di una società, è approdato ad una concezione secondo la quale una società effettivamente giusta consiste nella coesistenza di diversità culturali, ma ciò confligge con ogni evidenza con la Costituzione degli Stati Uniti, che fonda i suoi assunti sul concetto di “nazione di individui responsabili e autosufficienti, non [di] nazione basata su inviolabili comunità etniche, [di] diritti dell’individuo e non [di] diritti del gruppo” (Schlesinger).

Il Partito Democratico è al potere presentando una visione non univoca di come agire in politica interna e in quella internazionale. Se Biden sarà in grado di coalizzare tutte le componenti, che gli hanno permesso di vincere le elezioni del 3 novembre, in un comune progetto, gli Stati Uniti presenteranno al mondo un volto coerente. Ma, come si è detto prima, le richieste saranno così varie e contraddittorie l’una con l’altra che il coagulo programmatico si delineerà assai difficile.

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Antonio Donno



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