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Luce nel buio del tunnel. Come gli ostaggi a Gaza celebravano Hanukkah 13/12/2025

Un filmato recuperato dall’esercito israeliano durante le operazioni nella Striscia di Gaza mostra sei ostaggi israeliani mentre cercano di accendere le candele della festa di Hanukkah in un tunnel con scarso ossigeno. I sei ostaggi sono Hersh Goldberg-Polin, 23 anni, Eden Yerushalmi, 24 anni, Ori Danino, 25 anni, Alex Lobanov, 32 anni, Carmel Gat, 40 anni, e Almog Sarusi, 27 anni. Il filmato risale al dicembre 2023. Otto mesi dopo, il 29 agosto 2024, all’approssimarsi delle Forze di Difesa israeliane al tunnel sotto il quartiere di Tel Sultan, a Rafah (Striscia di Gaza meridionale), tutti e sei gli ostaggi furono assassinati con un colpo alla testa dai terroristi palestinesi.



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Il Foglio Rassegna Stampa
25.07.2020 'Tutti i racconti' di Bernard Malamud
Recensione di Claudio Marinaccio

Testata: Il Foglio
Data: 25 luglio 2020
Pagina: 3
Autore: Claudio Marinaccio
Titolo: «'Tutti i racconti' di Bernard Malamud»
Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 25/07/2020 a pag.3, la recensione a "Tutti i racconti” di Bernard Malamud, di Claudio Marinaccio.

Tutti i racconti di Bernard Malamud
La copertina (Minimum fax ed.)

Nelle infinite sfumature dell'opera di Bernard Malamud l'essere umano si trova costretto a distruggere le sue certezze, sfondando una parete di dogmi, imposizioni e costrizioni che ha ereditato lungo il percorso della sua esistenza. Al di là di quella parete non troverà, però, nessuna idilliaca certezza o effimera salvezza, ma solamente un'altra strada da percorrere e altre incertezze da vivere e subire. Un eterno ritorno in cui si nasconde l'essenza della vita, qualunque cosa essa sia. L'uomo al centro dei racconti di Malamud è perso, spaesato dall'incrocio tra culture - quella ebrea e quella americana - che si seducono anche quando sembrano odiarsi e si intersecano facendo nascere qualcosa di nuovo. E la prima cosa che emerge da questa fusione è l'utilizzo della lingua come strumento per far capire lo smarrimento: tra inflessioni yiddish mescolate a gergo americano e la creazione di un disagio emotivo dovuto all'incapacità di alcuni personaggi di esprimersi come e quando vorrebbero, pur avendo le nozioni per farlo. La comunicazione trascende il suo significato letterale per diventare un vero e proprio stato d'animo e un disorientamento emotivo. La complessità di Malamud è legata anche al continuo zigzagare tra comico e tragico in cui l'irruzione del soprannaturale di stampo prettamente favolistico ed ebraico serve a colorare ancora di più il reale, in un ossimoro concettuale che sembra funzionare alla perfezione attuando un semplice, quanto profondo, paradigma che sembra quasi, nella sua perfezione funzionale, un algoritmo: la condizione dell'ebreo di Malamud è quella di qualsiasi uomo. "Lei è forse ebreo?" "Lo sono stato per tutta la vita, di buon grado". Nell'universo antropocentrico di questa immensa (non tanto per dimensione ma per varietà narrativa e stilistica) raccolta di racconti i personaggi sono vivi anche per tutto quello che non viene raccontato esplicitamente, un'opera a sottrarre che crea vuoti che riempiono i personaggi di mancanze. Come scriverà Philip Roth nel suo ritratto di Malamud parlando di alcuni suoi racconti come "L'angelo Levine" e "Il Cavallo parlante": "Solo un soffio separava la barzelletta dall'arte, in cui il fascino dell'arte stava proprio nel modo in cui aleggiava ai margini della barzelletta". E in questa antologia, anche nella più triste e malinconica delle storie c'è un'eco lontana ed è quella provocata da una risata. Da qualche parte c'è qualcuno che ride di gusto per quello che sta succedendo, e lo fa senza farsi vedere da nessuno. Sarà Dio? Perché in fondo la vita è così: una tragedia divertente. E questo Malamud lo sapeva molto bene e questi racconti ce lo fanno capire anche a noi.

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