Un filmato recuperato dall’esercito israeliano durante le operazioni nella Striscia di Gaza mostra sei ostaggi israeliani mentre cercano di accendere le candele della festa di Hanukkah in un tunnel con scarso ossigeno. I sei ostaggi sono Hersh Goldberg-Polin, 23 anni, Eden Yerushalmi, 24 anni, Ori Danino, 25 anni, Alex Lobanov, 32 anni, Carmel Gat, 40 anni, e Almog Sarusi, 27 anni. Il filmato risale al dicembre 2023. Otto mesi dopo, il 29 agosto 2024, all’approssimarsi delle Forze di Difesa israeliane al tunnel sotto il quartiere di Tel Sultan, a Rafah (Striscia di Gaza meridionale), tutti e sei gli ostaggi furono assassinati con un colpo alla testa dai terroristi palestinesi.
E' in Israele l'ospedale dei sogni Commento di Fabiana Magrì
Testata: La Stampa Data: 14 gennaio 2020 Pagina: 33 Autore: Fabiana Magrì Titolo: «L'ospedale dei sogni si chiama Sheba»
Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, a pag.33, con il titolo "L'ospedale dei sogni si chiama Sheba" il commento di Fabiana Magrì.
Fabiana Magrì
Accelerare. Riprogettare. Collaborare. Tre parole chiave per un acronimo - «Arc» - che sintetizza la missione del nuovo «Innovation Center», nel campus dello Sheba Medical Center, in Israele. Tra i 10 migliori ospedali al mondo secondo la rivista «Newsweek», lo Sheba cura ogni anno oltre 2 milioni di pazienti. E aggrega una quantità impressionante di dati. L'«Arc» chiama a raccolta medici start-up, industria e partner internazionali per valorizzare i Big Data con l'obiettivo di trasformare il futuro dell'assistenza sanitaria.
L'ospedale Sheba
Sei aree di sviluppo La strategia consiste nell'incontro tra necessità e soluzioni. E in un'azione veloce e mirata. In soli due anni di incubazione del progetto, diretto da Nathalie Bloch - internista e medico di famiglia con laurea in medicina in Israele e un curriculum che l'ha portata prima a Vienna e poi a Boston, - il nuovo ecosistema ha già accolto 20 start-up e individuato sei campi di sviluppo, ognuno diretto da un medico senior di Sheba: medicina di precisione, telemedicina, realtà virtuale, Big Data e Intelligenza Artificiale, innovazione chirurgica e riabilitazione. Nel co-working, con open space e uffici-«acquario», lavora una squadra di 18 persone tra scienziati, ingegneri informatici, project manager e un esperto di cloud computing. «In molti provano a creare questa sinergia - spiega la direttrice dell'Innovation Center -. Alla scuola di medicina di Harvard, a Boston, in due anni, ho portato una sola start-up, qui, invece, 20. La differenza? Allo Sheba c'è molta più flessibilità». La rapidità del passo è garantita dalla presenza fissa di esperti in normativa e di un comitato etico. «Le start-up portano le tecnologie per testarle in ospedale. Con il personale medico creiamo un pilota e svolgiamo i test e le verifiche. Tutto è esaminato dal comitato etico». Un esempio è Datos, azienda di software per l'assistenza sanitaria remota che ha già sviluppato due prodotti - per la riabilitazione cardiologica e l'assistenza psichiatrica - e che ora sta lavorando su altri progetti. Ikonisys, multinazionale biotech con sedi e centri di ricerca negli Usa e in Europa (anche in Italia), ha invece sviluppato una piattaforma diagnostica, tecnologica e automatica: costituita da un microscopio elettronico associato a un software, è finalizzata alla ricerca delle cellule malate in oncologia. «Un protocollo medico ancora non esiste, stiamo entrando in questo settore con Sheba, che è un partner di eccellenza - anticipa Mario Mauri, membro del cda di Ikonisys -. La collaborazione è importante, perché hanno milioni di pazienti e i dipartimenti di oncologia e di patologia sono estremamente validi».
Dai problemi alle soluzioni Il ritmo è serrato. Ogni due settimane c'è un open-day per la selezione di nuove start-up, ma vale anche il percorso inverso: i medici possono evidenziare esigenze cliniche non soddisfatte, portare intuizioni e idee, lavorare con gli sviluppatori di start-up attraverso cicli accelerati e sviluppare soluzioni e prodotti destinati al mercato globale della sanità. Robert Klempfner, cardiologo, è il direttore dell'Istituto di riabilitazione e prevenzione cardiaca a Sheba. Per lui «Arc» è una manna dal cielo. «Noi medici conosciamo i problemi: viviamo sul campo, siamo a contatto con le difficoltà e le sfide. Abbiamo bisogno di soluzioni semplici da usare, su misura per problemi reali e diffusi». Non a caso, al suo fianco, c'è la start-up Well-Beat. Insieme cercano di risolvere la mancata aderenza ai trattamenti da parte dei pazienti. «Spesso - spiega Klempfner - le persone non seguono le terapie o i programmi di riabilitazione, anche quando possono ridurre la mortalità o l'ospedalizzazione. Dopo un infarto al miocardio, il tuo stile di vita deve cambiare: esercizi, medicine, una dieta, smettere di fumare. Ai dottori manca il tempo di capire come motivare un individuo». David Voschina, uno dei co-fondatori di Well-Beat, ha elaborato la soluzione: «Cerchiamo di fornire un'istantanea della personalità del paziente. Così si può migliorare il dialogo. Abbiamo creato una serie di linee guida per i medici. Per ogni singolo paziente ci sono suggerimenti su cosa dire o fare e cosa evitare. Otto parametri aiutano il dottore a colpo d'occhio e poi si entra nei dettagli». I risultati? «Dopo il pilota di sei mesi - illustra Voschina - abbiamo triplicato il tasso di aderenza: dal 25% rilevato dopo i primi tre mesi, adesso siamo intorno al 75%». «Arc», quindi, è diventato un modello da seguire. «Quello che abbiamo appreso dalla formazione in Israele - scrive in una nota l'Ottawa Hospital - migliorerà in modo significativo i nostri sforzi "made in Canada" per raggiungere una qualità più elevata a costi inferiori e a sostegno di una popolazione più sana». I fondatori di «Arc» scommettono infatti sul fatto che le sfide sanitarie possano essere risolte se al processo partecipano anche esperti esterni al sistema, insieme con i pazienti e l'industria.
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