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Le accuse di impeachment contro Donald Trump
Commento di Antonio Donno Donald Trump I democratici americani hanno ottenuto l’impeachment alla Camera dei Rappresentanti a carico di Donald Trump. Dal canto loro, i repubblicani hanno fatto quadrato intorno al loro Presidente. Ma sono proprio i democratici a manifestare una certa agitazione, nonostante la vittoria alla Camera, perché sanno che al Senato non otterranno mai i due terzi dei voti necessari per completare l’iter per l’impeachment contro Trump. Per questo motivo, stanno mettendo in campo una serie di richieste e un comportamento elusivo per i tempi di consegna al Senato del testo varato alla Camera. Sanno che una sconfitta al Senato avrebbe ripercussioni a vari livelli. Innanzitutto, il settore democratico più moderato, quello del Middle East, che aveva storto il naso di fronte all’iniziativa di Nancy Pelosi per timore di reazioni negative sul piano elettorale del prossimo novembre, teme ora che una parte del proprio elettorato si sposti verso il Partito Repubblicano e verso un presidente che nel corso del suo mandato ha garantito un miglioramento delle condizioni di vita per la gente delle zone più povere degli Stati Uniti, quella gente che è stanziata nelle regione degli Appalachi e intorno ai Grandi Laghi, e in alcune aree del Sud-Ovest al confine con il Messico. In secondo luogo, la parte più intransigente, quella liberal, del Partito Democratico ora è alle prese con un problema di sostanza politica molto importante. Come molti osservatori politici di ambedue i partiti hanno posto in luce, il testo dell’impeachment votato alla Camera si presenta alquanto debole nel merito dei contenuti strettamente politici che possano indicare senza ombra di dubbio la colpevolezza di Trump per l’accusa di abuso di potere.
Nancy Pelosi Se l’impianto accusatorio esibito dai democratici alla Camera è stato sufficiente a porre in stato d’accusa il Presidente, in considerazione della maggioranza detenuta in quel ramo del Parlamento, ora per poter sperare in un esito altrettanto positivo al Senato, i democratici devono necessariamente arricchire quell’impianto accusatorio con prove molto più pesanti a carico del Presidente. Per questo motivo, i democratici sono in difficoltà. Hanno superato il primo ostacolo con facilità, ma il malumore silenzioso della parte moderata del Partito e la maggioranza repubblicana al Senato rappresentano un ostacolo pressoché insormontabile perché l’impeachment giunga al suo esito finale. Da qui, i tentennamenti democratici sul da farsi. Forse molti nel Partito pensano che sia stato compiuto un passo più lungo della gamba. Ecco perché i maggiorenti democratici stanno prendendo tempo. In primo luogo, per tacitare la parte moderata, che forse desidera che la procedura contro Trump venga insabbiata ed evitare, così, riflessi politici negativi nelle proprie aree elettorali. In secondo luogo, per ottenere prove più schiaccianti contro il Presidente al fine di sperare che una parte dei repubblicani, di fronte a una più pesante evidenza, scelgano di votare con i democratici contro il proprio Presidente. Per questi motivi, i democratici tendono a far slittare i tempi di consegna al Senato del materiale relativo all’impeachment votato alla Camera, con la giustificazione che sia necessario che in quel ramo si dia vita a “un processo equo”, come ha affermato la Pelosi. La verità è che rinviare a gennaio la consegna dei documenti potrebbe consentire al Partito di avere ancora un margine di tempo per qualche manovra, come, per esempio, quella di ottenere una modifica della quota di maggioranza, ora dei due terzi, che possa facilitare il piano dei democratici.
Questa operazione sarebbe uno schiaffo alla regolarità del procedimento. Modificare la quota di maggioranza al Senato quando è in pieno svolgimento la procedura dell’impeachment è inammissibile in uno stato di diritto. I repubblicani non accetteranno mai una provocazione di questo tipo. In definitiva, l’esito è segnato. I repubblicani al Senato bocceranno la procedura contro Trump, perché una soluzione diversa sarebbe la fine del Partito Repubblicano sia alle elezioni presidenziali del 2020, sia negli anni successivi. Peraltro, si aprirebbe la strada alla parte più estremista del Partito Democratico, con le conseguenze negative per il Paese facilmente immaginabili.
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