Un filmato recuperato dall’esercito israeliano durante le operazioni nella Striscia di Gaza mostra sei ostaggi israeliani mentre cercano di accendere le candele della festa di Hanukkah in un tunnel con scarso ossigeno. I sei ostaggi sono Hersh Goldberg-Polin, 23 anni, Eden Yerushalmi, 24 anni, Ori Danino, 25 anni, Alex Lobanov, 32 anni, Carmel Gat, 40 anni, e Almog Sarusi, 27 anni. Il filmato risale al dicembre 2023. Otto mesi dopo, il 29 agosto 2024, all’approssimarsi delle Forze di Difesa israeliane al tunnel sotto il quartiere di Tel Sultan, a Rafah (Striscia di Gaza meridionale), tutti e sei gli ostaggi furono assassinati con un colpo alla testa dai terroristi palestinesi.
La chiamavano “Blue girl” perché era una tifosa dell’Esteghlal, la squadra tutta blu di Teheran (quella rossa è il Persepolis), e per andarla a vedere allo stadio Azadi si vestiva da uomo ed evitava i controlli: le donne, nella Repubblica islamica d’Iran, non hanno accesso allo stadio quando ci sono partite di calcio. A marzo, la Blue girl, cioè la trentenne Sahar Khodayari, esperta di tecnologia, era stata scoperta, arrestata, mandata in prigione per tre giorni e poi rilasciata in vista di una sentenza della corte prevista in questi giorni. Per paura di essere incarcerata per sei mesi, Sahar si è data fuoco tre giorni fa e ieri è morta in seguito alle complicazioni per le ustioni. Non era ancora stata stabilita la pena e i sostenitori del regime iraniano non fanno che precisare questo fatto, come a dire: è stata avventata lei, poteva aspettare e magari le cose si sistemavano. Ma sui diritti delle donne – sui diritti in generale – in Iran non si sistema mai nulla, anche se abbiamo smesso di parlarne e stiamo soltanto dietro alle minacce sul nucleare e ai posizionamenti dei vari paesi sull’arricchimento dell’uranio, sulle sanzioni, sui modi per continuare a fare affari. La morte della Blue girl ha causato nelle ultime ore cordoglio e buoni propositi: c’è chi, come Ando Teymourian, il primo cristiano a diventare capitano della Nazionale dell’Iran, chiede che lo stadio proibito sia dedicato proprio a Sahar e chi chiede alla Fifa di boicottare il calcio iraniano. Come abbiamo già scoperto in altre occasioni in passato, queste iniziative sono temporanee, il tempo dello scandalo e poi via: se la comunità internazionale è la prima a essere diventata cinicamente realista, non si può chiedere al mondo del calcio e dello sport di prenderne il posto. Ma intanto che la luce è accesa sulle immagini delle bende di Sahar e sui suoi selfie felici rubati allo stadio, segniamoci le parole della parlamentare Parvaneh Salahshouri: “Siamo tutti responsabili”.
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