Un filmato recuperato dall’esercito israeliano durante le operazioni nella Striscia di Gaza mostra sei ostaggi israeliani mentre cercano di accendere le candele della festa di Hanukkah in un tunnel con scarso ossigeno. I sei ostaggi sono Hersh Goldberg-Polin, 23 anni, Eden Yerushalmi, 24 anni, Ori Danino, 25 anni, Alex Lobanov, 32 anni, Carmel Gat, 40 anni, e Almog Sarusi, 27 anni. Il filmato risale al dicembre 2023. Otto mesi dopo, il 29 agosto 2024, all’approssimarsi delle Forze di Difesa israeliane al tunnel sotto il quartiere di Tel Sultan, a Rafah (Striscia di Gaza meridionale), tutti e sei gli ostaggi furono assassinati con un colpo alla testa dai terroristi palestinesi.
A Venezia un film tunisino fa capire che cosa sia l'islam Commento di Stefania Ulivi
Testata: Corriere della Sera Data: 05 settembre 2019 Pagina: 39 Autore: Stefania Ulivi Titolo: «Farahani, l’Islam e i pregiudizi sulla psicoanalisi»
Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 20/05/2014, l'articolo di Stefania Ulivi dal titolo "Teheran condanna la giurata. Il bacio di Leila è un caso politico".
"La psicanalisi? Non ci serve, noi abbiamo l’Islam": questa battuta sintetizza il film "Un divano a Tunisi", presentato ieri a Venezia. L'islam è proprio questo: una cultura politico-religiosa che pretende di essere assoluta, sufficiente cioè per comprendere e orientarsi nella realtà senza bisogno di altro. Questa presunzione di assolutezza è il prodromo del fanatismo.
Ecco l'articolo:
Stefania Ulivi
L’attrice iraniana Golshifteh Farahani
«Quando si cambia Paese non si hanno più radici». Sa di cosa parla l’attrice iraniana Golshifteh Farahani, da tempo trasferitasi in Francia, arrivata al Lido per accompagnare alle Giornate degli autori Un divan à Tunis (Arab Blues), gustosa commedia di Manèle Labidi (uscirà nel 2020 da noi). Cronaca delle avventure della psicanalista Selma, tunisina trasferitasi in Francia che ha l’ardire di tornare a Tunisi per aprire il suo studio. Salvo trovarsi in balia di difficoltà burocratiche e pregiudizi, in un Paese dove, come suggerisce il titolo, una donna e un divano sembrano suggerire altro. «L’idea per questo film mi è venuta il giorno in cui ho detto a mia madre che ero in analisi. Ho avuto paura che morisse — ha spiegato la regista —. Per una donna tunisina, musulmana e tradizionalista come mia madre, era troppo». Le ragioni di Selma «sono semplici e razionali: vuole portare la sua professionalità in un Paese che ha appena vissuto una rivoluzione e inizia ad aprirsi ma soffre di una carenza di psicoanalisti e psicoterapeuti per le classi operaie». Un Paese che all’indomani della primavera araba non riesce a trovare pace. «La psicanalisi? Non ci serve, noi abbiamo l’Islam», la battute del film che sintetizza i dilemmi. Per l’attrice che si è fatta conoscere con registi come Kiarostami, Farhadi e Ridley Scott, è una bella occasione. «Una grande gioia. Selma è caparbia, non si arrende, in questo mi riconosco». Davanti, racconta, ha una nuova avventura. «Il prossimo progetto è una serie tv. Sono tradizionalista ma alla fine ho ceduto».
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