Un filmato recuperato dall’esercito israeliano durante le operazioni nella Striscia di Gaza mostra sei ostaggi israeliani mentre cercano di accendere le candele della festa di Hanukkah in un tunnel con scarso ossigeno. I sei ostaggi sono Hersh Goldberg-Polin, 23 anni, Eden Yerushalmi, 24 anni, Ori Danino, 25 anni, Alex Lobanov, 32 anni, Carmel Gat, 40 anni, e Almog Sarusi, 27 anni. Il filmato risale al dicembre 2023. Otto mesi dopo, il 29 agosto 2024, all’approssimarsi delle Forze di Difesa israeliane al tunnel sotto il quartiere di Tel Sultan, a Rafah (Striscia di Gaza meridionale), tutti e sei gli ostaggi furono assassinati con un colpo alla testa dai terroristi palestinesi.
Calcio: odio razzista e contro Israele a Roma Commento di Pierluigi Battista
Testata: Corriere della Sera Data: 10 gennaio 2019 Pagina: 17 Autore: Pierluigi Battista Titolo: «Se l’odio razzista diventa 'normale' dentro e fuori gli stadi»
Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 10/01/2019 a pag.17 con il titolo "Se l’odio razzista diventa 'normale' dentro e fuori gli stadi", il commento di Pierluigi Battista.
Pierluigi Battista
Ormai sta diventando normale. Tragicamente normale. Ordinaria amministrazione. Odio antisemita quotidiano. Insulti razzisti in razione giornaliera. Dentro gli stadi, fuori degli stadi. Persino durante le feste. Sui muri delle città. Come è capitato ieri a Roma, dove energumeni della curva (presumibilmente, ma che conta? È uguale per tutti) giallorossa hanno voluto oltraggiare le tifoserie nemiche con un volantino con su scritto: «Lazio, Napoli, Israele, stessi colori, stesse bandiere: merde».
I volantini diffusi ieri a Roma
Dove l’inserimento bianco e azzurro, del tutto fuori contesto calcistico, della bandiera di Israele nell’insulto collettivo sembra rafforzare l’offesa ai napoletani e ai laziali; siete come gli ebrei. La stessa logica, chiamiamola così, che ispirò il gesto dei tifosi laziali quando lasciarono con intenti di derisione immagini di Anna Frank nella curva giallorossa. Come offendiamo i romanisti? Paragonandoli agli ebrei, come se il riferimento a una ragazza inghiottita nell’inferno della Shoah fosse il massimo dell’insulto. Come offendiamo laziali e napoletani? Paragonandolo agli ebrei, il massimo dell’insulto secondo loro, il colmo dell’abiezione, sempre secondo loro. Idiozia quotidiana. Demenza ordinaria. Antisemitismo e odio antiebraico di tutti i giorni. Antisemitismo normalizzato. La normalizzazione del razzismo è la cosa peggiore, contro la normalizzazione del razzismo c’è da combattere l’unica battaglia che va combattuta. Non è questione di ordine pubblico. Se in un’allegra festa per l’anniversario della nascita della Lazio un gruppo di teppisti si allontana dalla compagnia festosa per aggredire i poliziotti e ferirne dieci, c’è qualcosa di malato in questa follia quotidiana. Se ad ogni trasferta del Napoli si intonano inni al Vesuvio per «lavare con il fuoco» i napoletani, c’è qualcosa di troppo normalizzato in questa perversione. Se il giocatore di colore della squadra avversaria viene aggredito con i «buuu» e addirittura fatto bersaglio di lancio di banane, allora la questione travalica i confini dell’ordine pubblico, dei Daspo, della sicurezza degli stadi. La stragrande maggioranza delle urla becere antisemite avviene fuori degli stadi. I «nemici» vengono assassinati fuori degli stadi, come a Milano. I poliziotti vengono aggrediti fuori degli stadi, come è avvenuto a Roma, e sempre più spesso con la collaborazione degli ultras delle fazioni opposte, unite dall’odio per le forze dell’ordine, odiate guardiane del «sistema». Nessun provvedimento per il mantenimento dell’ordine pubblico, ovviamente doveroso e necessario in sé, può però contrastare da solo questa orribile banalizzazione dell’antisemitismo, questo odio per l’ebreo ridotto a una «merda» da oltraggiare insieme agli odiati avversari calcistici. Come se fosse normale, scontato, accettabile. Come se fosse una ragazzata un po’ spinta. No, la mascalzonata antisemita non è banale, l’insulto razzista non è normale. A questa deriva va posto un argine. Perché anche la barbarie non diventi banalità quotidiana.
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