Un filmato recuperato dall’esercito israeliano durante le operazioni nella Striscia di Gaza mostra sei ostaggi israeliani mentre cercano di accendere le candele della festa di Hanukkah in un tunnel con scarso ossigeno. I sei ostaggi sono Hersh Goldberg-Polin, 23 anni, Eden Yerushalmi, 24 anni, Ori Danino, 25 anni, Alex Lobanov, 32 anni, Carmel Gat, 40 anni, e Almog Sarusi, 27 anni. Il filmato risale al dicembre 2023. Otto mesi dopo, il 29 agosto 2024, all’approssimarsi delle Forze di Difesa israeliane al tunnel sotto il quartiere di Tel Sultan, a Rafah (Striscia di Gaza meridionale), tutti e sei gli ostaggi furono assassinati con un colpo alla testa dai terroristi palestinesi.
Il non facile rapporto di Israele e Usa con l'Arabia Saudita e la necessità di un fronte comune per contenere l'Iran L'opinione di Moshe Arens da Haaretz
Testata: Il Foglio Data: 12 novembre 2018 Pagina: 3 Autore: la redazione del Foglio Titolo: «I vecchi matrimoni d'interesse»
Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 12/11/2018, a pag. III, l'analisi "I vecchi matrimoni d'interesse" tratta da Haaretz.
Quando si scelgono gli alleati con cui contrapporsi a un nemico comune è perfettamente legittimo bilanciare interessi e valori”, scrive l’ex ministro israeliano della Difesa Moshe Arens. “Churchill e Roosevelt scelsero di allearsi con la feroce dittatura comunista di Stalin nella guerra contro la Germania nazista. Senza la partecipazione dell’esercito sovietico, l’obiettivo sarebbe stato irraggiungibile. Gli interessi nazionali fecero premio sulle pure differenze ideologiche, e fu giusto così. Non è facile trovare casi altrettanto netti. Molte alleanze forgiate dagli Stati Uniti con l’‘uomo forte’ di turno in varie situazioni locali si sono rivelate sbagliate. In quei casi, il pericolo che correvano gli Stati Uniti non giustificava l’accantonamento dei valori ideologici in nome di un’alleanza con dittatori che non avevano alcun rispetto per quei valori. Nella maggior parte dei casi non si trattava d’altro che di matrimoni d’interesse. Oggi, dopo le rivelazioni del macabro assassinio del giornalista saudita Jamal Khashoggi, gli Stati Uniti e Israele dovranno operare una scelta nei loro rapporti con l’Arabia Saudita, vista finora come un affidabile alleato nel tenere a freno la minaccia dell’espansionismo e del terrorismo iraniano in medio oriente. L’Arabia Saudita, il paese arabo più esteso e più forte, vede giustamente nell’attuale regime iraniano un nemico implacabile che mira alla sua distruzione, nel quadro del suo espansionismo in medio oriente.
Iran vs Arabia Saudita
Ed è visto a Washington e Gerusalemme come un naturale e prezioso alleato contro un nemico comune. Gran parte di ciò che si sapeva del regime dittatoriale in vigore in Arabia Saudita è stato opportunamente ignorato in nome dell’‘interesse nazionale’. Ma le recenti rivelazioni su Khashoggi, cui ha fatto seguito quello che il presidente Usa Donald Trump ha definito ‘la peggiore operazione di insabbiamento della storia’, richiede una revisione di questa posizione. A questo punto sembra quasi bizzarro cercare un equilibrio tra gli interessi nazionali americani e israeliani e il plateale disprezzo degli ideali di giustizia e diritto che caratterizza l’Arabia Saudita. Non è possibile alcun equilibrio. Nulla può giustificare la recente conferma di come si comporta il regime saudita, e un’alleanza con i governanti sauditi non può che mettere in dubbio la natura morale di qualunque alleanza. Per quanto riguarda l’interesse nazionale, Stati Uniti e Israele sono in grado di fronteggiare la minaccia iraniana con l’aiuto dei loro alleati, e persino da soli se necessario. Il regime iraniano è sull’orlo della bancarotta e un’azione risoluta da parte di Washington e Gerusalemme può contrastare i suoi piani, e fors’anche mettere in ginocchio quel regime. La cooptazione del regime saudita in questa alleanza può solo indebolire l’impresa mettendone in dubbio il fondamento morale. E Israele non dovrebbe tirarsi indietro solo perché è il paese più minacciato dal regime iraniano. Anzi, dovrebbe farsi promotore di questa scelta, che non ha bisogno di aspettare ulteriori prove. Ciò che occorre sapere, si sa già. Una tale decisione potrebbe persino accelerare quei cambiamenti di cui c’è così evidente bisogno in Arabia Saudita: un possibile effetto collaterale positivo”.
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