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Midterm: perché Donald Trump può affermare di avere vinto A destra: Donald Trump Per approfondire, rimandiamo al commento di Fiamma Nirenstein, ieri su IC, a proposito del voto degli ebrei americani: http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=9&sez=120&id=72632 Ronald Reagan perse per ben due volte le elezioni di medio termine, ma ciò non influì sulla sua presidenza degli Stati Uniti; anzi, lo si ricorda come uno dei più grandi presidenti della storia americana. Ciò non alleggerisce il peso della perdita della Camera dei Rappresenti per Donald Trump in queste elezioni di medio termine. V’è, però, una costante nelle elezioni americane, soprattutto in quelle di metà mandato:l’elettorato americano tende a diversificare il voto per una sorta di impulso a non concentrare il potere nelle mani di un solo partito. È una tendenza che ha caratterizzato spesso la storia delle elezioni americane fin dai tempi più remoti. Ciò, tuttavia, non costituisce un handicap per lo svolgimento del mandato di Trump nei prossimi due anni. I poteri del presidente degli Stati Uniti sono molteplici, soprattutto quelli relativi alla definizione della politica estera del Paese e alla definizione della conduzione dell’attività diplomatica del governo. Di conseguenza, se si prendono in considerazione le vicende del Medio Oriente, è indubbio che Trump mantenga intatte le sue prerogative nell’azione già intrapresa nella regione e nel sostegno a Israele. Molte altre prerogative restano nella disponibilità esclusiva del presidente e la conferma, anzi il rafforzamento, della maggioranza repubblicana al Senato rappresenta un sostegno molto importante per Trump. Quanto al problema dell’impeachment, di cui parte della stampa italiana parla a vanvera, occorre ricordare che è la Camera dei Rappresentanti a formulare le accuse, ma è il Senato che le vaglia e procede o meno a confermarle. Un dato politico, in questo caso, è evidente: dopo le iniziali diatribe con parte del suo partito, con queste elezioni e con la conquista del Senato Trump ha rafforzato la sua presa sul partito repubblicano, il che è un buon segnale per le elezioni presidenziali che si svolgeranno tra due anni. Al di la di queste considerazioni, tuttavia, la perdita della Camera dei Rappresentanti non è un problema secondario. Se pure l’elettorato ha agito secondo la tradizione della diversificazione del voto, la questione dovrà essere attentamente analizzata da Trump e dai vertici del partito. Un dato, tuttavia, sembra evidente nella valutazione del tipo di approccio elettorale che si è manifestato in parti diverse del paese in relazione al tipo di candidati presentati dai due partiti. Mentre il Partito Repubblicano ha presentato un team abbastanza compatto intorno alle indicazioni del presidente e alle sue direttrici di marcia, il Partito Democratico si è avvalso di candidati di sicura presa elettorale per ragioni legate non tanto a un ipotetico mainstream politico del partito, ma alla peculiarità del singolo candidato (il latino-americano, il nativo americano, e altri). Ciò, tuttavia, potrà non assicurare ai democratici una compattezza politica in grado di sconfiggere Trump nelle prossime elezioni presidenziali. Vi è, però, una valutazione più generale che riguarda la struttura mentale della società americana oggi, il cui movimento interno, soprattutto di carattere culturale e ideologico, va contraddicendo la tradizione del “melting pot” che ha caratterizzato la storia della nazione. A cavallo del secolo, si è manifestata nella società americana, soprattutto nel mondo giovanile e in quello più acculturato, ma in grado di influenzare altre parti dell’elettorato americano, una tendenza a considerare prioritaria non tanto l’americanizzazione di coloro che sono estranei al mainstream culturale della nazione, quanto la difesa e la valorizzazione della diversità culturale: è l’ideologia multiculturalista che, a partire da un livello di accettazione individuale, tende a divenire un valore sociale e, perciò,ad acquisire un aspetto decisivo nella definizione e nell’impostazione anche del personale che farà parte del mondo politico americano nei due rami del Parlamento americano. Veicolato dalla penetrazione del “politicamente corretto” nella vita quotidiana, il multiculturalismo, eredità del sessantotto e oggi cavallo di battaglia dei liberals del Partito Democratico, influirà prospetticamente sempre più nella vita americana e avrà importanti ricadute anche nella politica di Washington. Quanto questa prospettiva avrà un risvolto negativo nei decenni futuri della nazione americana, lo si lascia alla valutazione del lettore.
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