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Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 08/09/2018 a pag.18 con il titolo " Boom di occupati, Trump respira, ma Obama: sei una minaccia" la cronaca di Paolo Mastrolilli.
Da una parte abbiamo un presidente la cui politica nazionale passa da un successo all'altro , dall'altra una opposizione che ricorre (New York Times) alle lettere anonime, un ex presidente (Obama) come se fosse il suo antagonista durante una campagna elettorale. E' vero, Trump non è un figurino da rivista di moda, non ha un profilo elegante, tutte qualità che abbondavano in Obama, a scapito però dello statista, del presidente che crea posti di lavoro, difende la moneta nazionale, mantiene le promesse elettorali e combatte i dittatori, esattamente il contrario di Obama. Preferiamo Trump e continueremo a vedere negli sproloqui tipo Obama la vera minaccia alla democrazia. Non solo quella americana, ma anche europea. Ecco il pezzo:
Da una parte, l’occupazione che continua a correre e rafforza le sue speranze elettorali; dall’altra, il “Russiagate”, la caccia alla gola profonda, e ora anche il predecessore Obama che lo accusa di essere una «minaccia per la democrazia» in vista del voto di medio termine. È la sfida davanti a cui si trova il presidente Trump, da cui nei prossimi mesi dipenderà il futuro degli Usa e non solo. Vola l’occupazione Ieri la notizia positiva è venuta dall’occupazione. Nel mese di agosto l’economia americana ha creato 201.000 posti, più di quanti si aspettassero gli analisti, e i salari sono aumentati del 2,9% rispetto all’anno scorso. È il risultato principale su cui Trump punta per far dimenticare gli scandali, spingere i repubblicani alle urne a novembre, e costruire le basi per la propria conferma nel 2020. A meno che le guerre commerciali non rovinino tutto, visto che ieri ha minacciato di imporre altri dazi per 200 miliardi di dollari alla Cina. «Come si può pensare - ha detto in un comizio - di fare l’impeachment di una persona che sta lavorando così bene? Se succede è colpa vostra, perché non andate a votare». La lista dei sospetti Dall’altra parte, però, ci sono gli scandali che lo minacciano. L’inchiesta sul “Russiagate” procede, anche se Rudy Giuliani ha detto che il presidente non si farà interrogare dal procuratore Mueller. Nell’amministrazione, poi, è in corso la caccia alla talpa che ha pubblicato sul New York Times l’editoriale anonimo della «resistenza interna». La Casa Bianca avrebbe stilato una lista di 12 sospetti, e alcuni parlamentari chiedono di sottoporli alla macchina della verità. Ieri Trump ha chiesto al ministro della Giustizia Sessions di aprire un’inchiesta per scoprire l’autore: vuole dimostrare che il «deep state» sta cercando di rovesciarlo, ma anche che l’attacco viene da bassi funzionari dell’amministrazione. Ieri a questo clima già teso si è aggiunto lo scontro a distanza col predecessore Obama, che lo ha attaccato direttamente per la prima volta da quando si erano passati le consegne. «Trump - ha detto l’ex presidente nel primo comizio della campagna per le elezioni di medio termine - capitalizza il risentimento su cui i politici hanno soffiato troppo a lungo». Così però alimenta la divisione e lo scontro, mettendo a rischio lo stesso funzionamento della democrazia, che si basa invece sul compromesso: «Questi sono tempi straordinari e pericolosi. La salvezza della nostra democrazia dipende dal vostro voto» Per inviare la propria opinione alla Stampa, telefonare: 011/65681, oppure cliccare sulla e-mail sottostante direttore@lastampa.it |
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