Gentilissima Signora Fait, il sacerdote che ha invitato a pregare per il padre omicida non ha fatto alcunché di sadico o vergognoso né ha espresso alcuna ‘subcultura’, ma ha fatto applicazione del Vangelo. Pregare per i vivi e per i morti (tutti, senza eccezioni, salvo i Santi e Beati proclamati tali, che, per fede, sappiamo essere in Paradiso) fa parte delle opere di misericordia obbligatorie per chi si professa cattolico. E Gesù stesso ha espressamente ammonito a non condannare il prossimo per non essere condannati da Dio ed a perdonare per essere da Lui perdonati ed aver parte alla vita eterna con Lui. Ovviamente, la libertà religiosa mi è molto cara e, quindi, non mi sognerei mai di pretendere l’ossequio al Vangelo se non da chi professi che Gesù è il Signore. Però, preferirei che, se non condivide un qualunque principio cristiano, lo criticasse per quello che è, senza misconoscere e ridurre ad anonima ‘subcultura’ un principio di fede essenziale e inderogabile per i cristiani. Tra l’altro, non si può neppure accusare il parroco di mancanza di tatto: ha solo chiesto ai fedeli, in chiesa, durante la S. Messa di esequie delle due bambine, di pregare anche per il padre, di affidarlo alla misericordia divina. E lo ha fatto quando già, come lui stesso ha precisato con commozione, la famiglia della madre ferita aveva perdonato l’omicida (ciascuno, naturalmente, perdona il male fatto a lui stesso, in questo caso lo strazio della perdita di due nipotine e di vedere una figlia, sorella, nipote atrocemente privata delle sue figlie dal proprio marito e loro padre). Per inciso, la Chiesa prega anche per la madre delle bambine, che Dio solo potrà consolare (giovedì sera, alla S. Messa cui ho partecipato, in tutt’altra parte d’Italia: e non credo sia stato il solo caso). Molto cordialmente,
Annalisa Ferramosca
Gentile Annalisa,
probabilmente, anzi sicuramente, partiamo da due modi di vedere le cose in modo diverso. Io, come non religiosa e non credente, considero questa abitudine al perdono poco misericordiosa perchè vi sono alcune mostruosità che non è possibile perdonare. Non discuto ovviamente il Vangelo, il rispetto per ogni tipo di fede me lo impedisce, infatti nel mio articolo non parlo di subcultura religiosa ma subcultura del perdono. Ha mai sentito quei giornalisti che, di fronte a qualche efferata tragedia, la prima cosa che chiedono alle vittime è "Se la sente di perdonare?" Ho sentito fare questa assurda e immorale domanda persino ai sopravvissuti della Shoah. Quando un padre ammazza le sue figlie non deve e non può essere perdonato se non da Dio, non dagli uomini e trovo che l'invito a farlo e a pregare per lui sia stato ingiusto e poco etico. Là davanti al parroco c'erano due bare bianche, due bambine ammazzate da un mostro non da un padre, non da un uomo ma da un orco cattivo. Inoltre la famiglia delle bambine, visto che la loro mamma ferita e appena svegliata dal coma, era impossibilitata a parlare, non aveva nessun diritto di perdonare in sua vece. La considero mancanza di tatto e di rispetto nei confronti di quella povera donna e delle sue bambine. Visto che le due piccole vittime non possono più parlare, l'unica che, se volesse, potrebbe forse pensare al perdono è la madre, non i nonni, gli zii, i cugini, qualsiasi parente. Con quale diritto? In un certo senso io invidio chi ha tanta fede ma penso che esista un limite oltre il quale l'essere umano non debba andare senza rasentare la superbia mettendosi al posto di Dio, l'unico che, a mio parere, può perdonare i carnefici di bambini. Se il parroco sentiva la necessità di pregare per il mostro poteva farlo privatamente non davanti a quelle due piccole bare bianche.
Un cordiale shalom