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Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 09/10/2017, a pag. III, con il titolo "Quei lupi davvero poco solitari", il commento tratto da Israel Hayom.
Il mortale attentato terroristico non lontano da Gerusalemme corrisponde a un modello ormai familiare, nell’ondata di terrorismo scoppiata con l’autunno 2015: un singolo terrorista tipo ‘lupo solitario’, caratterizzato da una serie di problemi personali che lo spingono a uccidere israeliani come scorciatoia per entrare nel pantheon dell’‘eroismo’ palestinese”. Così il maggiore giornale israeliano analizza la strage di Har Adar, dove un palestinese col permesso di lavoro ha ucciso tre soldati e guardie di sicurezza israeliane. “Non c’è dubbio che l’Autorità palestinese non ha nulla a che fare con questo attentato e con questo terrorista, ed è persino probabile che i dirigenti dell’Autorità palestinese disapprovino il gesto comprendendone le possibili conseguenze. Ma il sostegno che l’Autorità palestinese garantisce al terrorismo in generale, con l’istigazione all’odio verso Israele dipinto come sentina di ogni male, con le mancate condanne accompagnate da immancabili giustificazioni, soprattutto con la costante glorificazione dei ‘martiri’ e i vitalizi elargiti alle famiglie di terroristi detenuti o uccisi: tutto questo non fa che spingere molti palestinesi a intraprendere la strada del terrorismo, sapendo che questo è il modo più sicuro per garantire a se stessi e alle proprie famiglie lo status, la dignità e i benefici economici riservarti agli eroi. C’è voluto del tempo perché l’establishment della difesa israeliano elaborasse una risposta a questo fenomeno. Solo una combinazione fra forti azioni difensive dei militari in Cisgiordania e della polizia a Gerusalemme, aumentate misure di sicurezza, stretta collaborazione con le forze di sicurezza palestinesi (sebbene diminuita dopo la crisi del Monte del Tempio) e sforzo tecnologico è riuscita a dare una risposta che ha significativamente ridotto il numero di attacchi terroristici. L’inchiesta accerterà tutte le circostanze: dalle motivazioni del terrorista, a come si sia procurato la pistola e se avesse complici, alla dinamica esatta della micidiale sparatoria ecc. Ma certamente l’attentato potrebbe comportare cambiamenti nelle procedure, sottolineando come il nemico più grande degli agenti di sicurezza sia la routine. Prima dell’attentato di martedì, Israele stava valutando la possibilità di aumentare il numero di permessi di lavoro rilasciati ai palestinesi. Ora questa misura verrà molto probabilmente sospesa, per non diminuire la sicurezza e perché un atto di terrorismo non deve mai risultare pagante. A lungo termine, però, Israele dovrà comunque riesaminare la questione, nella consapevolezza che eventuali difficoltà economiche in Cisgiordania legate a un aumento della disoccupazione non farebbero che spingere più palestinesi nel circolo vizioso dell’istigazione, dell’odio e del terrorismo”. Per inviare la propria opinione al Foglio, telefonare 06/589090, oppure cliccare sulla e-mail sottostante lettere@ilfoglio.it |
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