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Ugo Volli
Cartoline
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Un 'Post Israel Middle East'? 21/07/2015
Un 'Post Israel Middle East'?
Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli

Cari amici,

ieri lunedì il Consiglio di sicurezza dell'Onu, di tutta fretta e senza neanche prendersi la briga di una votazione esplicita, ha approvato l'accordo fra le potenze internazionali e l'Iran. Inutile dire che nell'occasione gli iraniani, invece di ringraziare per il regalo, hanno applicato la massima permanente della diplomazia islamica “piagni e fotti”, lamentandosi dell' ”iranofobia israeliana” e perfino americana (http://www.foxnews.com/politics/2015/07/20/un-security-council-endorses-iran-nuclear-deal/). Ma l'accordo è stato approvato comunque di corsa, ignorando anche questa provocazione degli ayatollah, come tutte le minacce degli ultimi giorni contro l' ”arroganza americana (http://www.telegraph.co.uk/news/worldnews/middleeast/iran/11748176/Ayatollah-Ali-Khamenei-criticises-arrogance-of-the-United-States-following-nuclear-deal.html) e la dichiarazione che la politica aggressiva dell'Iran non cambierà (http://edition.cnn.com/2015/07/18/middleeast/iran-us-relations-khamenei/).

La ragione di questa procedura anomala, come pure del fatto che l'accordo non ha la forma canonica di un trattato internazionale, è quello di permettere a Obama di aggirare il potere costituzionale del Senato americano di approvare (o respingere) i trattati internazionali e anche la legge che egli stesso aveva firmato, che concedeva all'intero Congresso 60 giorni per esaminare l'accordo, approvarlo o rifiutarlo. Ora Camera e Senato americano potranno andare avanti nel cuore dell'estate a discutere i dettagli dell'intesa (almeno quelli pubblici), interrogando i membri dell'amministrazione e sentendo gli esperti, ma la deliberazione che ne uscirà è superflua, perché il Consiglio di Sicurezza dell'Onu ha già dato all'accordo valore legale, legando le mani anche al prossimo presidente. E' una sorta di colpo di stato di Obama, che ha irritato profondamente anche i leader democratici (http://www.timesofisrael.com/july-20-2015-liveblog/). In realtà tutte le organizzazioni internazionali, l'Onu e le sue agenzie come l'Unione Europea hanno un'organizzazione profondamente antidemocratica, modellata non secondo la tradizione delle democrazie occidentali, ma secondo quella della diplomazia Ancien Régime, cioè esprimono la volontà dei governi senza contrappeso parlamentare, favorendo con ciò la politica delle dittature. Non è vero dunque che essere europeisti o favorevoli al governo mondiale dell'Onu significa schierarsi per la democrazia contro i particolarismi: tutto il contrario, vuol dire cercare di abolire quel nesso fra politica e territorio che è condizione del funzionamento della democrazia dal tempo delle poleis. Ma questa è un'altra questione.

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Obama a Netanyahu: "Ci sono io dietro di te, Benjamin"

Quel che mi interessa qui è il problema centrale: quali sono le prospettive ora, dopo che questo pessimo accordo entra in vigore? L'amministrazione americana, il cui livore anti-israeliano è ormai evidente, ha fatto preparare fin dal 2012 uno studio ai servizi segreti in cui si ragiona su come sarà un post-Israel Middle East (http://www.foreignpolicyjournal.com/2012/08/28/us-preparing-for-a-post-israel-middle-east/; http://www.israelnationalnews.com/Articles/Article.aspx/12159#.Va3qAfntmko). Non credo di esagerare se associo questo progetto con il grande piano nazista preliminare alla Shoà di far entrare nella psiche collettiva della Germania l'idea, prima inconcepibile, di “un mondo senza ebrei”, come spiega una interessante ricerca storica pubblicata di recente (http://www.tabletmag.com/jewish-arts-and-culture/books/178618/confino-world-without-jews). Naturalmente, come capita spesso alla velleitaria e confusa amministrazione Obama, questo progetto fa i conti senza l'oste, cioè ignora la chiarissima volontà del popolo israeliano di non lasciarsi suicidare. Ma spiega il massiccio intervento degli obamiti (anche degli obamiti ebrei in America e in Europa, nel loro piccolissimo anche in Italia), per cercare di imporre alle scorse elezioni un governo di estrema sinistra più propenso al suicidio; e la rabbia successiva quando il rinnovamento della fiducia popolare a Netanyahu ha assicurato che Israele non è e non sarà disponibile al progetto.

Che succederà ora? Cercherò di analizzare con voi nelle prossime cartoline le prospettive strategiche, che sono complesse e molto ramificate. Due cose sono sicure: la prima è che non ci saranno cambiamenti drastici dall'oggi al domani. In un teatro assai più semplice, come quello europeo della fine degli anni Trenta, passarono undici mesi fra l'accordo di Monaco, quello in cui Chamberlain ritenne di aver pacificato Hitler (28 settembre 1938) e lo scoppio della II Guerra Mondiale (1 settembre 1939). E' possibile che trascorra ancora più tempo fra l' ”appeasement” obamiano dell'Iran e l'emergere delle conseguenze belliche di questa resa ed è anche possibile che esse non assumano l'aspetto di una guerra diretta. Oggi gli stati canaglia combattono piuttosto in maniera indiretta, usando il terrorismo. Una seconda cosa però è chiara: la pressione contro Israele aumenterà da subito, in termini terroristici all'interno e alle frontiere e con i mezzi diplomatici con cui Unione Europea e amministrazione Obama cercano progressivamente di emarginare Israele, demonizzarlo, delegittimarlo, prima di provare a eliminarlo. E il punto su cui torneranno ad inistere sono la Giudea e Samaria, la necessità che Israele si ritiri alle frontiere di Auschwitz, favorendo la costituzione di un altro stato terrorista ai suoi confini - magari aiutato con qualche punto percentuale delle centinaia di miliardi di euro che saranno rimborsati all'Iran dalle sanzioni e che il regime degli ayatollah è ben deciso a dedicare in buona parte al riarmo (http://foreignpolicy.com/2015/04/16/irans-300-billion-shakedown-sanctions-nuclear-deal/, http://www.americanthinker.com/articles/2015/07/obamas_deal_150_billion_to_
iran_to_destroy_israel_with_conventional_arms.html
).

Tutto ciò non significa affatto, lo ripeto, che si realizzerà il sogno antisemtita di un “Post Israel Middle East”. Ma che la battaglia, sul piano militare, politico, diplomatico, giuridico, informativo, sarà da subito più dura e pericolosa. E che, più di sempre, non sarà possibile non schierarsi: per un Medio Oriente islamizzato, non importa se per mano dello Stato Islamico (Isis) o della Repubblica Islamica (dell'Iran) o di entrambi; o per un'Israele forte e capace di difendersi.

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Ugo Volli


http://www.informazionecorretta.it/main.php?sez=90


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