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Che cosa vogliono i drusi? Analisi di Mordechai Kedar (Traduzione dall’ebraico di Rochel Sylvetsky, versione italiana di Yehudit Weisz)
Il destino dei drusi in Siria sta diventando un problema sempre più complesso per i responsabili della politica israeliana. Recentemente la questione è diventata un tema rovente sui media in seguito a diversi eventi, primo fra tutti l’attacco a un’ambulanza dell’IDF che stava trasportando dei feriti siriani in ospedali israeliani. Alcuni giovani drusi l’hanno attaccata, sostenendo che i feriti erano combattenti di Jabhat al-Nusra, cioè membri di un’organizzazione ribelle islamista legata all’al Qaeda siriana, che minaccia di uccidere i drusi perché eretici. Ufficialmente Israele non sostiene Jabhat al-Nusra, e il governo ha spiegato che, per ragioni umanitarie, cura qualsiasi ferito che arriva alla frontiera senza controllarne l’affiliazione. Non tutti i drusi accettano questa spiegazione e hanno fortemente criticato le cure mediche offerte ai combattenti ribelli. Israele, che in realtà starebbe aiutando l’organizzazione che più minaccia il regime siriano, sarebbe felice di liberarsi di Assad, il principale alleato dell’Iran nella regione, con l’ulteriore effetto di indebolire, e molto, Hezbollah.
Detto questo, gli attacchi a un’ambulanza che trasporta feriti sono inaccettabili, e questi incidenti hanno portato i leader dei drusi israeliani, compresi quelli sulle alture del Golan, a riunirsi questa settimana per condannare il gruppetto di teste calde che hanno attaccato i feriti, uccidendone uno. Hanno richiamato i loro fratelli a obbedire alle leggi di Israele e a non impegnarsi, in nessun caso, in azioni che contrastino la politica degli aiuti umanitari vigente nello Stato ebraico. I leader si rendono conto che i drusi israeliani non possono combattere guerre che contrastano con la politica del governo, a meno che non si vogliano confrontare direttamente con lo Stato e le sue istituzioni. I drusi sono ben consapevoli del fatto che le cure mediche prestate ai combattenti di Jabhat al-Nusra autorizzano Israele a imporre dei limiti alle attività dell’organizzazione e a pretendere che si astengano dall’attaccare i drusi in Siria. Tuttavia non è detto che sia così, perché ci sono già stati diversi incidenti, un gruppo dei ribelli aveva attaccato i drusi nell’enclave di Khader sulle pendici del Monte Hermon, e vicino a Idlib nel Nord della Siria, uccidendone decine. Il governo ascolta con attenzione i drusi israeliani e riuscirà, forse, a trovare un modo meno evidente per aiutare i feriti di Jabhat al-Nusra, tanto più che alcuni di questi ricoverati in Israele, hanno già annunciato, davanti alle telecamere, che se incontreranno un druso o uno sciita intendono ucciderlo. Ricevere cure mediche in Israele non influisce minimamente sulla posizione dei jihadisti nei confronti degli eretici. Che opinione hanno degli ebrei? Si può ben immaginare. Intanto corre voce secondo cui i drusi stanno fotografando i jihadisti nei loro letti d’ospedale in modo da poterli riconoscere quando verrà il momento di regolare i conti.
I drusi della Siria I drusi israeliani sono giustamente preoccupati per la sorte dei loro fratelli in Siria, soprattutto dopo che di fronte al silenzio del mondo, è avvenuto il genocidio degli yazidi, il massacro o la conversione forzata all’Islam dei loro uomini, la vendita delle loro figlie al mercato delle schiave. I drusi sanno che il loro destino sarà identico se lo Stato Islamico avrà via libera. Questo è il motivo per cui sostengono Assad con tutte le loro forze, rimanendogli fedeli, anche se il suo potere è sempre più debole. Israele sta cercando di trovare un rifugio sicuro a Sweida, la città nel Sud della Siria in cui vivono in prevalenza i drusi, e un passaggio protetto che li conduca in Giordania o in Israele. Queste voci preoccupano molto i leader dei drusi siriani, perché potrebbero essere accusati di infedeltà al regime. Avranno contro i soldati di Assad e i jihadisti ribelli. Questa settimana, i leader dei drusi siriani si sono incontrati a Sweida, la capitale della Montagna nel Sud della Siria, ed hanno redatto il seguente comunicato stampa: “Noi, i residenti della provincia di Sweida, capi di organizzazioni civili e sociali, intellettuali, accademici e religiosi, affermiamo che ci affidiamo unicamente alla nostra identità siriana come protezione, e che Sweida è una parte indivisibile e inseparabile della Siria, la nostra Patria. Inoltre, respingiamo ogni tentativo di presentarci come qualcosa di diverso dai veri siriani e respingiamo qualsiasi dichiarazione rilasciata dai leader dell’entità sionista secondo cui si starebbero preoccupando del futuro dei drusi di Sweida. Noi vediamo in queste dichiarazioni un tentativo di spaccare la regione. Non accettiamo né permetteremo che questo avvenga, ricordiamo che non abbiamo bisogno della protezione di nessuno. Siamo orgogliosi di far parte integrante del popolo siriano, di comportarci con onestà in questo Paese. Questa è l’unica fonte della nostra sicurezza, la nostra prima e unica scelta”. Firmato: Sweida, 23 giugno 2015. Questo manifesto, firmato dai leader drusi, cristiani e musulmani, è stato divulgato dai media. In apparenza, esprime il desiderio di continuare l’alleanza con il regime di Assad, per sopravvivere alle spade dei jihadisti, nonostante queste spade stiano minacciando le aree dove vivono e malgrado il fallimento del regime nel proteggerli. Nelle ultime settimane, numerosi campi militari nel Sud della Siria sono caduti nelle mani dei combattenti di Jabhat al-Nusra e l'esercito siriano ha spostato il proprio armamento pesante verso i Monti Qalamoun, abbandonando i drusi al loro destino. Come risultato uno dei capi drusi ha invitato i soldati drusi dell'esercito di Assad a disertare per proteggere con le armi le loro famiglie, al fine di proteggerle sia dal regime che dai jihadisti. Fino a circa due mesi fa Hezbollah, alleato di Assad, ha difeso i drusi nell’enclave di Khader, ma ora si sono ritirati dalla zona, per unirsi agli altri miliziani sui Monti Qalamoun. Il fatto che lo scorso gennaio Israele abbia eliminato uno dei comandanti di Hezbollah, Jihad Morenia, figlio di Amad Morenia, insieme ad un generale iracheno, non ha certo contribuito a spingere Hezbollah a proteggere i drusi. Sui media si discute di tutto questo, ma dietro le quinte sta avvenendo un grande dramma legato alle decisioni che prenderanno Giordania e Stati Uniti, dato che tutte le forze coinvolte sanno esattamente quello che potrebbe essere il destino dei drusi se Assad cadesse. Si può supporre che quel manifesto sia destinato a coprire una verità che è - un po' o molto - diversa dai suoi contenuti, anche perché i drusi non sono sicuri che Assad sicuramente cadrà, e forse sperano ancora che gli iraniani invaderanno la Siria al fine di salvare Assad e porre fine alla ribellione contro di lui. Bisogna anche tener conto che questo manifesto non rappresenta tutti i drusi, alcuni dei quali certamente non condividono quello che contiene. La posizione dei drusi è terribilmente complicata. Sono combattuti tra conflitti di lealtà, hanno timore di tutti i protagonisti del conflitto per il fatto di non essere musulmani, e anche perché si concentrano in tre aree facilmente isolabili da chi li volesse circondare. La disponibilità ad accettare aiuti da Israele li lascerebbe scoperti alla vendetta del regime e dei jihadisti, ma il rifiuto potrebbe lasciarli senza protezione. Non hanno una leadership unita in grado di rappresentare una posizione univoca, ed è difficile credere a pronunciamenti multimediali espressi dai vari leader. L'obiettivo principale dei drusi è quello di sopravvivere, come hanno fatto per mille anni in un ambiente musulmano ostile, ma la domanda è: come conseguire questo obiettivo e quali misure dovrebbero adottare per garantirsi la sopravvivenza? Le risposte sono in contraddizione l’una con l'altra, e possiamo solo sperare che la complessa situazione dei drusi e le spaccature tra le loro file non porteranno questo gruppo etnico importante a entrare in conflitto con gli assassini dello Stato Islamico. Mordechai Kedar è lettore di arabo e islam all' Università di Bar Ilan a Tel Aviv. Nella stessa università è direttore del Centro Sudi (in formazione) su Medio Oriente e Islam. E' studioso di ideologia, politica e movimenti islamici dei paesi arabi, Siria in particolare, e analista dei media arabi. http://www.informazionecorretta.it/main.php?sez=90 |
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