Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 09/02/2014, a pag.12, con il titolo "Nobel, tv e beduini. Il professore che vuole conquistare Israele", l'articolo di Davide Frattini sulla auto-candidatura di Dan Shechtman alla presidenza dello Stato ebraico.


Davide Frattini Dan Shechtman
DAL NOSTRO INVIATO TEL AVIV — Se dovesse vincere, non ha intenzione di rinunciare al programma televisivo. Spiega i segreti della chimica alle bambine e ai bambini di sei anni, lo reputa una missione per il vincitore del Nobel e lo considererebbe parte dei suoi doveri da capo dello Stato. Progetta di trasferire il set dal soggiorno di casa sua a Haifa, sulla costa nel nord di Israele, alla residenza ufficiale nel centro di Gerusalemme.
Dan Shechtman sta ancora lavorando alla formula che gli permetta di raccogliere le firme di dieci deputati, sufficienti a diventare un candidato. «Il candidato della gente», come dice lui, il candidato di quel 40 per cento degli israeliani convinti — sondaggio dell’università di Tel Aviv per il Peace Index — che il prossimo presidente debba emergere dal mondo dell’accademia e della scienza, che debba essere scelto dai cittadini e non dal Parlamento (60 per cento delle risposte).
Come si è reso conto, la Knesset è un laboratorio più complicato di quelli dove è abituato a studiare i quasicristalli, gli atomi della politica sono difficili da far aggregare. «Sto incontrando i leader dei partiti che potrebbero sostenermi — racconta in un caffè di Tel Aviv —. Nessuno vuole ancora impegnarsi, immagino stiano aspettando di capire quali vantaggi possono ottenere dalle trattative». Il professore al politecnico di Haifa ha parlato anche con Shimon Peres, che il Nobel l’ha vinto per la Pace (assieme a Yitzhak Rabin e Yasser Arafat) e adesso non sembra smanioso di lasciare la poltrona di presidente dopo il voto prima dell’estate. «Non mi ha dato consigli».
Fino al riconoscimento internazionale di tre anni fa, Shechtman è rimasto ai margini dei circoli di potere nelle università israeliane, gli altri docenti restano increduli davanti a quel collega che ancora spende tempo e energie nelle classi polverose giù nel deserto del Negev per insegnare la chimica ai beduini. «L’istruzione è fondamentale, la risorsa più importante di un Paese. Da presidente mi concentrerei anche sull’educazione: le nostre scuole non addestrano — anche se dovrebbero — a diventare una persona migliore. Come comportarsi verso gli altri, preoccuparsi delle disuguaglianze sociali, intervenire per provare a contrastare le ingiustizie: tutto questo deve entrare nel curriculum».
Anche l’annuncio della candidatura è stato pianificato in modo non ortodosso. Shechtman, che ha compiuto da poco 73 anni, ha scelto il canale pubblico, ha rinunciato a qualche telespettatore in più per non apparire sulle emittenti commerciali affollate di pubblicità.
Gli israeliani lo vorrebbero insediato nella carica che ha un basso valore politico ma un alto valore simbolico perché temono che l’immagine del Paese all’estero stia deteriorandosi tra le minacce di boicottaggio economico e accademico. «Non c’è persona migliore di me per affrontare questi problemi. Io e gli altri scienziati rappresentiamo l’eccellenza di questa nazione. Sarei l’ambasciatore del desiderio di pace: non affronterei direttamente l’occupazione dei territori e la questione palestinese, spingerei il governo a trovare una soluzione. Ragiono da studioso: individuato il problema, è possibile trovare una soluzione».
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